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Sylvia riadagiò piano il corpo completamente supino. «Il mio parere è che sia stata uccisa all’interno di un’abitazione, o forse in un’auto, dal colpo di pistola alla testa. Sono convinta che il suo corpo sia rimasto all’interno di una costruzione per un tempo compreso almeno tra le ventiquattro e le quarantotto ore, dopo di che è stato portato nella località in cui è stato successivamente scoperto. Non può essere rimasto nel bosco più di dieci o dodici ore.»

«E il trasporto con l’auto? E il telo di plastica?» domandò King.

«Come vuoi che l’abbia trasportata?» ribatté Sylvia. «A braccia per tutta la strada? E poi né io né la polizia abbiamo trovato qualche fibra tessile sui suoi vestiti, il tipo di traccia che ci si aspetterebbe di vedere, ammesso che la vittima sia stata adagiata sulla moquette di un’auto o sul tappetino del baule. E non ne ho trovato nemmeno sul corpo. Un telo di plastica lascia ben pochi residui, se non nessuno.»

Michelle disse: «Ho trovato il cadavere intorno alle due e trenta del pomeriggio. I ragazzini devono averlo scoperto solo pochi minuti prima».

«Contando all’indietro» osservò King «significa che il corpo sarebbe stato abbandonato nel bosco, usando il tuo calcolo di dodici ore all’aperto, non prima delle due e trenta di notte.»

Fino a quel momento Williams era rimasto defilato, ma adesso si fece avanti. «Ottimo lavoro, Sylvia» disse. «Per Wrightsburg è una fortuna e un onore annoverarti tra i suoi cittadini.»

Sylvia abbozzò un sorriso poco convinto alla lode del capo della polizia. «Un’autopsia non rivela chi ha commesso il delitto, a meno che l’assassino non si sia lasciato dietro tracce di sperma, saliva o urina analizzabili in laboratorio. La dissezione ci dice soltanto come e cosa.» Consultò i propri appunti e proseguì. «Come ho detto, non c’erano tracce di stupro, né lesioni di sorta nel retto o nella vagina, e la vittima non ha mai partorito. Ritengo che avesse tra i ventiquattro e i ventisei anni e che fisicamente fosse sana come un pesce. In vita era una ragazza in ottima forma fisica, sul metro e settanta. Aveva i seni con protesi di silicone e le labbra iniettate di collagene. Aveva anche subito un’appendicectomia. Ne sapremo di più quando tra un paio di settimane torneranno i referti degli esami tossicologici.» Sylvia indicò lo stomaco della morta, aperto da un’incisione cutanea come da una lampo. «Aveva un piercing all’ombelico, Todd, forse un anellino, ma non l’ho trovato sul corpo. Ciò potrebbe aiutarti a identificarla.»

«Grazie. Verificherò la cosa.»

«L’unico segno utile ai fini dell’identificazione che ho trovato è questo.» Sylvia prese da un carrello una lente d’ingrandimento, sollevò il lenzuolo dalla parte bassa del corpo e alzò una gamba al cadavere, posizionando la lente d’ingrandimento sopra un punto verso l’interno coscia vicinissimo all’inguine della ragazza. «È un po’ difficoltoso da distinguere data l’estesa discromia del corpo, ma è il tatuaggio di una gattina.»

Michelle osservò il tatuaggio del felino e la sua vicinanza ai genitali della giovane donna, dopo di che raddrizzò il busto. «Non voglio proprio pensare al collegamento che suggerisce.»

«Dannazione» esclamò Williams, arrossendo.

«Lo so, non è proprio adatto a una signora, eh?» disse Sylvia.

La dottoressa alzò lo sguardo mentre Kyle entrava nella saletta.

«Qui fuori c’è un altro tizio della polizia. Vuole parlare con il capo, Doc.»

«Un tizio della polizia?» Il tono di Sylvia era un po’ stridulo. «Non sarebbe meglio dire agente?»

«Giusto, questo agente vuole vedere il capo.»

«Gli puoi dire di venire direttamente qui dentro?»

Un sorriso malizioso si stampò sul volto del giovanotto. «È la prima cosa che ho fatto, Doc. L’agente ha declinato l’invito, senza dare spiegazioni. Pensandoci, però, mi è sembrato un po’ verdolino quando gliel’ho proposto.»

«Andrò fuori io» disse Williams, e si affrettò a uscire con Kyle alle calcagna.

Cinque minuti dopo tornò tallonato da un poliziotto in uniforme dall’aria nervosa, che presentò agli altri come l’agente Dan Clancy. Williams sembrava angustiato. «Forse abbiamo identificato la ragazza grazie all’identikit che è stato diffuso» annunciò con la voce lievemente tremolante, mentre tutti lo fissavano. «Pare che per un breve periodo abbia lavorato all’Aphrodisiac.»

«L’Aphrodisiac?!» esclamò King.

Williams annuì. «Come spogliarellista. Il suo nome d’arte era Tawny Blaze. Ben poco fantasioso, lo so. Il suo vero nome era Rhonda Tyler.» Williams consultò il foglio che aveva in mano. «La Tyler ha lavorato per un po’ nel locale, ma poi se n’è andata alla scadenza del contratto.»

«La persona che l’ha individuata dall’identikit vorrà venire qui a tentare un riconoscimento di conferma?» chiese Sylvia. «Nonostante lo stato del cadavere, sono sicura che è possibile. Ma se…»

Williams tagliò corto, interrompendola bruscamente. «Non sarà necessario, Sylvia.»

«Perché no?» domandò la dottoressa.

«Ci è stato detto che ha un segno particolare.» Williams sembrava imbarazzato.

Michelle impiegò un attimo a farsi folgorare dalla conferma. «Un tatuaggio di una gattina vicino alla sua…?»

Williams restò a bocca aperta nonostante stesse annuendo.

«Chi è la persona che ha fornito l’informazione?» domandò King.

«La direttrice dell’Aphrodisiac. Lulu Oxley»

Ora fu King che rimase a bocca aperta. «Lulu Oxley! La Lulu Oxley di Junior Deaver?»

«Quante Lulu Oxley conosci, Sean?» chiese Williams.

«La conosco anch’io» disse Sylvia. «Sì, be’, un tempo avevamo lo stesso ginecologo.»

Williams disse: «E non è tutto. Abbiamo avuto una segnalazione dalla “Wrightsburg Gazette”. Hanno ricevuto una lettera».

«Che genere di lettera?» domandò Michelle nervosamente.

«Una lettera in codice» rispose un pallidissimo Todd Williams. «Con il marchio degli orologi Zodiac sulla busta.»

11

King accompagnò Williams in macchina alla stazione di polizia per prendere visione della lettera anonima, mentre Michelle restò all’obitorio con Sylvia e l’agente Clancy a occuparsi degli esiti delle autopsie già eseguite su Canney e Pembroke.

Strada facendo King telefonò a Bill Jenkins, una sua vecchia conoscenza di San Francisco. Quando espresse il motivo della sua telefonata, l’amico rimase comprensibilmente sorpreso.

«Per che cosa ti serve?» domandò Jenkins.

King scambiò un’occhiata d’intesa con Williams e rispose: «Per un corso di criminologia che sto tenendo all’università».

«Ah, d’accordo» disse Jenkins. «Dopo tutto il parapiglia che tu e la tua socia avete provocato l’anno scorso, pensavo che foste rimasti di nuovo invischiati in qualcosa di simile.»

«No. Wrightsburg è tornata a essere una tranquilla e sonnolenta cittadina del Sud.»

«Se mai tu dovessi decidere di tornare ai bei tempi e riunirti al gruppo, fammelo sapere.»

«Quanto tempo ti ci vorrà per farmi avere il materiale?»

«Sei fortunato. Proprio questa settimana abbiamo in programma un ripasso speciale sui serial killer classici. Mi basta mezz’ora. Tu dammi solo un numero di fax e una carta di credito.» Jenkins ridacchiò alla propria battuta.

King prese da Williams un biglietto da visita con il numero di fax della stazione di polizia locale e lo dettò al suo amico.

«Come fai ad averlo così in fretta?» domandò poi.

«Il tempismo della tua telefonata è eccezionale. Abbiamo fatto una pulizia generale degli uffici, da tempo necessaria, e la settimana scorsa ci è capitato fra le mani proprio quel fascicolo. Contiene copie degli appunti dell’insegnante. In effetti le stavo giusto riguardando l’altra sera, tanto per guadagnare tempo. È quello che ti invierò, con la chiave di lettura che aveva elaborato per decifrare le lettere in codice.»