«No. Immagino che la sua unica ragione di vita sia il lavoro.»
Michelle si coprì il naso all’ennesimo cambiamento di direzione del vento. La brezza li investì direttamente con il tanfo nauseabondo del cadavere. «E che vita» commentò. «Dio, non indossa neppure una mascherina, mentre a me viene da vomitare pure da questa distanza.»
Venti minuti dopo Sylvia Diaz si alzò, parlò con gli agenti di polizia, si levò con uno schiocco i guanti di gomma da esame necroscopico e cominciò a scattare foto alla salma e alla zona circostante. Quando ebbe finito, ripose nella custodia la macchina fotografica e si avviò, con l’evidente intenzione di andarsene dalla radura, quando notò la presenza di King. Lo omaggiò di un sorriso cordiale e si diresse verso di loro.
Michelle bisbigliò: «Ti eri dimenticato di dirmi che uscite insieme?».
King la guardò un po’ stupito. «Siamo usciti insieme qualche volta un bel po’ di tempo fa. Come l’hai capito?»
«Dopo aver trascorso una ventina di minuti a distanza ravvicinata con un cadavere semidecomposto non si sfodera un sorriso come quello, a meno che non ci sia stato del tenero in precedenza.»
«Grazie dell’astuta osservazione. Ma fa’ la brava. Sylvia è una donna davvero meravigliosa.»
«Ne sono certa, ma risparmiami i particolari, Sean.»
«Sta’ sicura che finché campo non sentirai mai sfuggirmi di bocca alcun particolare.»
«Ho capito. Sei il tipico gentiluomo della Virginia.»
«No, è solo che non voglio essere criticato.»
4
Sylvia Diaz riservò a King un abbraccio da piovra che andava al di là di un normale rapporto di affettuosa amicizia, intuì Michelle, dopo di che King fece le presentazioni di rito.
Il sostituto del medico legale degnò Michelle di quella che quest’ultima percepì come un’insistente occhiata ostile.
«È da un po’ che non ti vedo, Sean» disse Sylvia, rivolgendo di nuovo l’attenzione a King.
«Ci siamo impantanati in un mucchio di indagini, ma finalmente la situazione si è calmata.»
«Dunque» interloquì Michelle «non ha ancora stabilito la causa di morte del nostro cadavere?»
Sylvia la guardò sorpresa. «Non è certo una cosa che sono autorizzata a discutere con lei.»
«Me lo stavo solo chiedendo» disse Michelle con aria innocente «visto che si dà il caso che io sia stata una delle prime persone ad arrivare sul luogo del delitto. Immagino che non lo saprà per certo fin dopo le analisi di laboratorio.»
«Sarai tu a eseguire l’autopsia in questo caso, vero?» chiese King.
Sylvia annuì. «Sì, anche se per tradizione le morti sospette prima venivano inviate a Roanoke.»
«Perché ora non più?» domandò Michelle.
«In Virginia un tempo c’erano quattro laboratori ufficiali autorizzati a svolgere le autopsie: Faixf ax, Richmond, Tidewater e Roanoke. Tuttavia, grazie alla generosità di John Poindexter, un uomo molto facoltoso che in passato era stato anche portavoce locale nell’assemblea generale dello Stato, ora disponiamo in loco di un laboratorio di patologia legale autorizzato.»
«Strana donazione, un obitorio» commentò Michelle.
«Poindexter aveva una figlia che fu assassinata qui anni fa. Come giurisdizione Wrightsburg cade al confine tra l’ufficio del medico legale di Richmond e l’ufficio distrettuale ovest di Roanoke. Perciò ci fu uno scontro di competenze in merito a quale ufficio avrebbe dovuto eseguire l’autopsia. Alla fine prevalse Roanoke, ma durante il trasferimento del cadavere il veicolo restò coinvolto in un incidente stradale, e si perse così — o fu compromessa — una prova di vitale importanza. Di conseguenza l’assassino della ragazza non fu mai arrestato e, come lei può immaginare, suo padre restò molto amareggiato. Alla sua morte, Poindexter lasciò nel suo testamento il fondo necessario per costruire un laboratorio di analisi necroscopica a regola d’arte.» Sylvia lanciò un’occhiata fugace dietro di sé alla salma. «Ma per un caso come questo anche con un obitorio attrezzato e moderno potrebbe essere assai complicato risalire alla causa della morte.»
«Non hai idea da quanto tempo sia morta?» domandò King.
«Dipende molto dai fattori individuali e ambientali, e dal grado di decomposizione. Con un corpo morto da così tanto tempo l’autopsia può darci solo un’idea della forbice temporale, ma ci si ferma lì.»
«Ho visto che alcune dita della mano sono state strappate a morsi» disse King.
«Animali selvatici, è chiaro.» Sylvia soggiunse pensierosa: «Ma ciononostante sul posto avrebbero dovuto esserci più segni di intrusione. Ora stanno tentando un riconoscimento del cadavere».
King domandò: «Cosa concludi dalla mano posizionata in quel modo?».
«Mi sa tanto che questo particolare è di competenza degli investigatori ufficiali, non mio. A loro dico solo com’è morta la vittima, limitandomi a raccogliere dall’autopsia ogni prova che possa risultare utile all’indagine. Quando cominciai questo lavoro, i primi tempi giocai a fare lo Sherlock Holmes della situazione, e fui rapidamente rimessa al mio posto.»
«Non c’è nulla di male a usare le proprie conoscenze specialistiche per aiutare a risolvere un delitto» commentò Michelle.
«Crede davvero, eh?» Sylvia si interruppe brevemente e aggiunse: «Posso solo dirle che l’avambraccio è stato piegato a forza e sostenuto dal bastone sottostante, e che questo è stato fatto di proposito. Oltre a ciò, sono a corto di idee». La donna si rivolse a King. «È stato bello rivederti, anche se in queste circostanze macabre.» Poi tese la mano a Michelle, che gliela strinse.
Mentre la donna si allontanava, Michelle commentò: «Pensavo che avessi detto che uscivate insieme».
«Infatti è così. Ormai è finita da più di un anno.»
«Non sono sicura che lei abbia recepito il messaggio.»
«Apprezzo molto il tuo intuito. Forse adesso penserai di leggermi anche la mano. Pronta? Si va? O vuoi finire la corsa?»
«Grazie, ma per oggi ho già avuto abbastanza stimoli.»
Mentre passavano vicino al cadavere King si fermò e con espressione improvvisamente tesa fissò la mano ancora puntata verso il cielo.
«Cosa c’è?» chiese Michelle, scrutandolo attentamente.
«L’orologio» le fece notare il suo socio.
Michelle osservò l’orologio da polso, notando solo in quell’istante che indicava l’una precisa e sembrava fermo. «Che cos’ha di strano?»
«È un orologio Zodiac.»
«Uno Zodiac?»
«Qualcosa mi dice che vedremo ancora all’opera questo assassino» disse King.
5
La zona isolata su un promontorio scosceso sovrastante uno dei rami principali del Cardinal Lake, che si estendeva per una cinquantina di chilometri, era da tempo una delle località preferite dagli adolescenti di Wrightsburg, un posto ideale per gli appuntamenti romantici e per dedicarsi ad attività sicuramente disapprovate dai genitori. Poiché quella notte minacciava pioggia e un forte vento sferzava i rami degli alberi, sulla sommità del promontorio era posteggiata una sola auto. Ciononostante, i due occupanti stavano mettendo in scena uno spettacolo animato.
La ragazza era già nuda; indumenti e biancheria erano piegati con ordine sul sedile posteriore, vicino alle sue scarpe. Il ragazzo stava cercando freneticamente di levarsi la camicia dalla testa senza sbottonarla, mentre lei si stava dando da fare ad abbassargli i pantaloni. Spogliarsi in uno spazio così limitato era davvero un’impresa. La camicia finalmente fu tolta più o meno nello stesso istante in cui la ragazza ansimante gli calò i pantaloni e le mutande. La pazienza, almeno in quelle circostanze, chiaramente non era una delle sue virtù.
Dopo essersi infilato un profilattico, il ragazzo scivolò verso il centro del sedile anteriore e la ragazza gli salì sopra a cavalcioni, faccia a faccia. Ora i finestrini dell’auto erano quasi completamente appannati. Il ragazzo fissò lo sguardo fuori del parabrezza, sopra la spalla della ragazza, ansimando come lei sempre più in fretta mentre chiudeva gli occhi. Era la sua prima volta, sebbene la sua compagna apparisse di gran lunga più esperta. Da almeno due anni sognava quel momento, con livelli ormonali in costante aumento fin quasi alla pura agonia. Sorrise quando lei gemette forte e fu scossa da un brivido prolungato sopra di lui.