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— Getta via la balestra — ordinò una voce che proveniva dall’intricato sottobosco ai margini della strada. Mi voltai cercando di scrutare tra le fronde per individuare la persona che aveva parlato, ma non riuscii a vedere nulla. John non ubbidì all’ordine ma abbassò l’arma.

Qualcosa si mosse e la richiesta venne ripetuta.

— Perché avete colpito il mio cavallo? — gridai. — Non c’era alcuna ragione per farlo. — Silenzio.

— Non abbiamo nulla di valore — aggiunsi.

L’arciere sbucò da un folto cespuglio. Era una donna vestita con abiti logori e un pastrano che sembrava ottenuto unendo le pelli di sei animali differenti.

— Il cavallo è cibo — tagliò corto. — E se non getti via quella balestra mangeremo anche te.

— Cibo! — esclamò John incredulo. — Ma c’è selvaggina in abbondanza in questi boschi. Il cibo non manca a Hawkeyrie!

Appena la donna sollevò la balestra per prendere la mira, John smise di parlare per gettare la sua fuori dal carro.

— Non c’è nessun bisogno di andare in giro ad ammazzare i viaggiatori e i loro cavalli — aggiunse.

— Non sono una cacciatrice — rispose duramente la donna. — Ho un bambino a cui pensare. Non ho tempo di procurarmi la carne in altro modo. Se si tratta del cavallo di un viandante, peggio per lui. E comunque il mio è figlio di un viandante.

— Niente marito? — domandò John.

La donna gli diede un’occhiata severa. — Mai avuto. Un paio d’anni fa è passato di qui uno straniero. Ha sempre detto che sarebbe tornato. E l’ha anche fatto tre giorni fa. Ma non gli interessano i bambini. Ha altre cose per la testa.

— Quest’uomo ha mai parlato di viaggi nel tempo?

— Non ha mai smesso di ripeterlo — disse la donna con disgusto. — Era pazzo, e lo è ancora.

— Dov’è?

— Perché? Siete suoi amici? — Ora la freccia era puntata verso la mia pancia. Ebbi un sussulto.

— No — mi affrettai a dire.

— Ma lo stiamo cercando — aggiunse John.

— È alla capanna, sulla cima — disse come se sperasse di non vederlo mai più ridiscendere. — Ma non ci starà per molto. Un giorno o due e poi se ne andrà di nuovo. Non ha tempo per noi.

— Puntate altrove la freccia — le chiesi. — Non vi faremo alcun male.

— No, voi no. Potete scalare la montagna. — Si fermò rivolgendomi uno sguardo di sfida. Poi abbassò l’arma. — Mi spiace per il cavallo — disse — ma ho terribilmente bisogno di carne.

— Non vi aiuterebbero a Hawkeyrie?

— Non amano gli stranieri.

— Ma di certo… — cominciai a dire.

— Non ho intenzione di chiedere l’elemosina — mi interruppe lei brusca.

— Invece rubate e uccidete — replicò John aspramente.

— Non ho ucciso nessuno.

— Non ancora, e non per molto.

Era nuovamente in collera ma non ritornò a minacciarci con l’arco. Ebbi l’impressione che fosse sul punto di piangere. — Andate pure — disse quasi urlando. — Andate su per le montagne in cerca del vostro caro amico e ditegli che gli auguro di marcire.

Scesi lentamente dal carro. John smontò dall’altra parte e si avvicinò alla balestra.

— Lasciala stare — gli ordinò la donna.

— Andiamo via — dissi. — Quella non ci serve.

— E il carro? — domandò John.

— Se vuoi trainarlo, prego — dissi. — Altrimenti lasciamo pure che questa gentile signora rubi tutto ciò che vuole, al ritorno preleveremo quello che ci serve e che riusciamo a trasportare.

— Se mai saremo di ritorno — disse John a voce bassa.

Lanciammo alla donna occhiate cariche di accusa e risentimento e cominciammo la lunga marcia. Passando accanto a Darling le rivolsi un ultimo sguardo. — Vecchia amica — dissi sottovoce — ci hai portato qui, ce l’hai fatta. Mi dispiace.

La strada per la vetta era lunga e difficile. Hawkeyrie non distava molto dal picco in linea d’aria, ma la strada era tutta in salita e per giunta molto ripida. Eravamo entrambi in salute e in forze, ma ci stancammo ugualmente in poco tempo.

La strada di terra battuta divenne prima una pista, poi si ridusse gradatamente a un sentiero che, invece di salire, cominciò a girare intorno alla montagna senza avvicinarsi alla vetta della rupe.

Esausti per il sole, al punto che anche John non ce la faceva più ad andare avanti, finalmente ci fermammo per riposare. Ci sedemmo uno accanto all’altro, seri e silenziosi, e contemplammo il panorama che si estendeva per diversi chilometri: a nord e a est c’erano i brulli Picchi dell’Ira, delle Tempeste e dei Dolori, mentre a sud la veduta consisteva in un oceano di brughiere verdi e ondulate, di fiumi e foreste. Non si vedevano strade, ma occasionali volute di fumo confermavano la presenza di villaggi annidati nelle valli.

La punta di un bastone da passeggio si conficcò nel soffice terreno tra di noi. — È un mondo bellissimo — disse l’uomo che viaggiava nel tempo — ma il sole fa dolere gli occhi se si guarda troppo a lungo.

Sollevammo lo sguardo verso di lui ma nessuno dei due riuscì a trovare qualcosa da dire. La prima impressione fu di sorpresa nel constatare che l’uomo aveva un aspetto assolutamente comune. Le caratteristiche fisiche rientravano tutte nella media: altezza, corporatura, carnagione, colore dei capelli… persino gli occhi erano di un marrone scuro e inespressivo. L’uomo fissava John. — Tu sei la Lucciola — disse. — Colui che emana luce.

— Allora mi conoscete? — rispose John.

— La gente si ricorda di te.

— Anche voi.

— Ma non per la stessa ragione. — L’uomo che viaggiava nel tempo sorrise paternamente.

— Perché non ci avete aspettati se sapevate che vi stavamo seguendo? — domandò John.

Mi alzai e mi avvicinai al ciglio della china all’estremità del sentiero. Quello era il loro momento e mi sentivo un intruso.

— Perché dovevo scomodarmi? Avevo una missione, proprio come voi. Speravo che avreste abbandonato le ricerche. Sono stato sul punto di lasciarvi dei messaggi a Hawkeyrie e in un paio di altri posti, ma immaginavo che sareste venuti comunque. Così me ne sono andato per la mia strada e ho lasciato che mi raggiungeste con comodo. — E aggiunse: — Sai che non posso farlo.

— Non potete fare cosa?

Riuscivo a percepire la paura nella voce di John. Avevamo fatto tanta strada solo per sentirci dare proprio la risposta che da sempre temevo di dover ascoltare.

— Portarti indietro nel tempo, o insegnarti come farlo. Un viaggio indietro nel tempo è impossibile. Vedi, in realtà non sono io a viaggiare: è il Tempo stesso. E il Tempo va per la sua strada, nessuno può riportarlo indietro per un secondo tentativo.

— State dicendo che tutte le vostre belle storie non erano nient’altro che un mucchio di bugie? — “Povero ragazzo” pensai “doveva avere il cuore spezzato.” Ma John continuò, senza rabbia, senza rimorso… rivolgendogli solo domande e poi ancora domande, sempre alla ricerca di qualcosa.

— No, non erano bugie — disse l’altro. — Ci sono stato in quei posti meravigliosi dove tu vorresti andare. È da là che provengo, ma li ho lasciati e non ho nessun rimpianto. Sono venuto via, e ora non c’è una strada per ritornare. Non sta a me dirti cosa sia o non sia giusto per te, ma forse è meglio così: non ti sarebbe piaciuto. A nessuno può piacere. Troppi disagi. Non puoi avere la guerra e la pace contemporaneamente.

— Non voglio la pace. Voglio la vita.

— Non desideri veramente quello che dici di volere.

— So quello che non voglio — disse John mentre ormai tutta la sua amarezza stava traboccando e cominciava a riversarsi all’esterno. — Non voglio “questo” mondo. Non voglio questo tempo. Questo mondo è morto. Non conosco il perché, ma penso che abbia a che fare con il tempo. Il Tempo non sembra più accadere. Tutto scorre senza che vi sia un domani, senza nemmeno un oggi, solo un milione di ieri e una generale sensazione di appagamento. Non c’è più futuro, non c’è più nulla a cui la gente possa aspirare.