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Eravamo giunti alla Confraternita non appena l’autunno aveva cominciato a rendere scomodi e difficoltosi i nostri spostamenti, nonché dolenti e stanchi i nostri piedi, e io avevo accolto con gioia questa opportunità di riposare. Da allora ero gradito ospite della Confraternita che ripagavo prestandomi per alcuni lavoretti. John si era unito ai confratelli dell’Uomo Futuro.

Quando questo avvenne, per me fu una grande sorpresa. Pensavo di conoscerlo meglio, ma forse non l’avevo mai capito veramente. Cominciavo a credere che col tempo ci fossimo allontanati sempre più, nonostante John mi fosse stato affidato sin da bambino. All’inizio non approvai la sua decisione. Pensavo che a lungo andare l’avrebbe reso infelice, ma il cambiamento di John dimostrò che mi sbagliavo completamente. Non trovò appagamento, ma piuttosto serenità e fiducia in se stesso. L’irruenza del carattere rimase ma si fece più recondita, meno evidente nel suo modo di parlare. La rabbia e la paura lo abbandonarono completamente e il suo perpetuo tormento esistenziale venne mitigato da una nuova determinazione.

All’inizio, di fronte a cambiamenti così radicali, temevo di averlo perso per sempre, dedito com’era alla Confraternita e alle sue idee. Ma questo non avvenne. Restavamo separati per lunghi periodi durante i quali John imparava ciò che l’umiltà e la filosofia della dottrina dell’Uomo Futuro avevano da insegnargli, ma ritornava sempre da me per qualcosa, non so cosa, che la Confraternita non poteva dargli.

I confratelli dell’Uomo Futuro avevano qualcosa da insegnare anche a me, o meglio, anch’io dovevo imparare delle cose. Non diventai mai un loro seguace, non accettai di impegnarmi per l’Uomo Futuro né tantomeno divenni un confratello consacrando la mia vita a preparargli la via. Ma ero convinto che sarebbe arrivato un Uomo Futuro e, naturalmente, apprezzavo il modo in cui la Confraternita si occupava dell’Umanità, ricercando pace e appagamento con ogni mezzo possibile.

Così, in quel giorno di mezza estate, ero ancora nei chiostri del monastero a contemplare il giardino e ad aspettare John. Ora era Fratello John, non solo mio fratello John che si faceva chiamare Lucciola.

Mi si avvicinò da dietro silenziosamente, e parlò solo quando mi fu accanto.

— È tardi — disse. — Mi dispiace.

Scossi la testa. — C’è tempo, è poco più di mezzogiorno.

— È l’ultimo giorno — disse. — L’ultimo giorno di tutto.

— Te ne vai proprio?

— Ce ne andiamo, Matthew! Devi venire con noi.

— Non mi è stato detto che posso venire — gli feci notare. — Non sono a servizio dell’Uomo Futuro né un membro della Confraternita. Questo pellegrinaggio è una cosa piuttosto importante per loro. Ha richiesto molto lavoro e molti preparativi.

Mi afferrò per un braccio. — Non c’è mai stato il minimo dubbio sul fatto che venissi anche tu, Matthew. Non sta a nessuno di noi dire se il viaggio è riservato solo a quelli che hanno accettato il vincolo o meno. Tu sei mio fratello, e anche Joaz e Xavier sono miei fratelli.

— Ma io non sono fratello di Joaz e Xavier. Non è solo il tuo pellegrinaggio, John.

— È mio come era mia la ricerca dell’uomo che viaggiava nel tempo. Sei venuto con me allora e devi venire con me adesso.

Fui invaso da un’improvvisa tristezza e da un po’ di paura. Amavo questo mondo, questo tempo, il vecchio monastero, i suoi giardini e i dintorni. Ero stato felice lì. Non volevo proprio imbarcarmi in una stravagante avventura verso un futuro ignoto.

— A cosa serve questo pellegrinaggio? — gli chiesi, e mi accorsi di quanto la mia voce esprimesse ansia. — Perché, John? Sei un uomo diverso rispetto a un anno fa, quando inseguivi i sogni del passato. Perché dobbiamo partire ancora per una nuova ricerca, per un’avventura ancora più straordinaria?

Mi tirò per il polso affinché lo guardassi negli occhi. — Non sono un uomo diverso — insistette. — La gente non cambia veramente nell’intimo, solo in superficie.

Nei suoi occhi riuscivo a vedere il John dei vecchi tempi, come se i riflessi del sole nelle sue pupille fossero lucciole lontane.

— Chi altro c’è? — chiesi.

— Solo Joaz e Xavier.

— Non Leon? E nemmeno il vecchio Alvaro?

— È un lungo viaggio. Potremmo aver bisogno di molto elisir. Quattro persone sono sufficienti. Inoltre Leon, Alvaro e tutti gli altri appartengono a questo luogo. La nostra ricerca ci porterà mollo lontano dalle responsabilità del presente. Io devo andare; e così Joaz e Xavier. E così anche tu, ma non altri. In un certo senso, scappiamo… andiamo a vedere i risultati del nostro lavoro invece di svolgere il lavoro. — Rise brevemente. — La Confraternita non può privarsi di troppa gente. Solo di quelli che devono andare. La maggior parte di noi appartiene a questo luogo.

“Io appartengo a questo luogo” dissi tra me. “Forse non sono di alcuna utilità. Forse la Confraternita è ben lieta di mandare me e non un prezioso membro dell’organizzazione. Ma ‘questo’ mondo è mio, vi appartengo.”

— Qual è lo scopo? — domandai ad alta voce. — Non riusciremo mai a far arrivare qui un messaggio dal futuro, a far sapere a Leon, ad Alvaro e a tutti gli altri che il lavoro ha dato i suoi frutti, che il progetto ha avuto successo, che il loro dovere è compiuto. Cosa ci si guadagna se nessuno tranne noi lo saprà mai?

John mi lasciò il braccio e parve vagamente esasperato. — Non hai mai capito, Matthew — disse con una certa asprezza. — Forse non capirai mai. È come le antiche leggende sulla ricerca del Santo Graal. Alcuni hanno semplicemente sentito parlare dell’Uomo Futuro, altri lavorano per esso, altri ancora si preparano alla sua venuta, ma solo a pochi è dato di vederlo e toccarlo.

“Il fatto che uno solo di noi veda è sufficiente per tutti, non lo capisci? Non riesci a capire che quando Joaz, Xavier, tu e io assumeremo la droga e viaggeremo nei secoli, porteremo con noi le speranze e la benedizione di centinaia di uomini… di altre migliaia del passato e del futuro. Se uno di noi riuscirà a vedere, se uno di noi riuscirà a comprendere la rivelazione e il trionfo dell’Uomo Futuro, questo sarà sufficiente.”

— Ma come faranno gli altri a capire cosa proviamo? Come potranno essere sicuri che ce l’abbiamo fatta? Per quello che ne sanno, potremmo aver intrapreso un viaggio verso il nulla, verso l’oblio definitivo.

— Oh, Matthew! — sospirò John. — Lo sanno. Ora lo sanno, lo sanno veramente, perché hanno fede.

— Non credo alla fede.

— Solo perché tu non ne hai, devi negarla anche agli altri? — rispose. Per un attimo rimasi di stucco. Un anno fa John non avrebbe mai detto una cosa simile.

Avrebbe abbracciato una verità o l’avrebbe negata. Ero io a predicare sempre di lasciare credere agli altri quello che desideravano. “Ero cambiato io in peggio”, mi domandai, “mentre lui diventava più saggio?”

— Ci sono state troppe chiacchiere — dissi. — Troppe chiacchiere e nessun fatto. Sto invecchiando, John. Non ho mai avuto sogni come i tuoi. Penso sia meglio che tu vada senza di me.

Lo dissi con riluttanza, ma dovevo dirlo in caso mi avesse voluto con sé solo perché ero suo fratello, lo dissi per dargli l’opportunità di dimenticarsi di me e di seguire il suo sogno, se era ciò che voleva veramente.

— Andremo insieme — affermò lui con ardore. — Dobbiamo farlo. Andremo alla fine del tempo. Tu e io vedremo l’Uomo Futuro. Lo so!

Ci fu un breve silenzio.

— Lo so! — ripeté in un sussurro.

13. L’ultimo giorno