Per la maggior parte dell’anno trascorso al monastero avevo lavorato nei laboratori dove Leon ricavava droghe e farmaci da ogni sorta di sostanze vegetali.
Fra Leon era un uomo forte e riflessivo, con una predisposizione al lavoro quasi insana. Di rado entravo nelle sue stanze senza trovarlo impegnato a badare a una delle centinaia di colture del laboratorio, o a far funzionare qualche apparecchio per l’estrazione di sostanze vegetali. Aveva mani insolitamente grandi, e nel vederle lavorare rimanevo sempre stupito dal fatto che non erano per nulla maldestre. Sebbene passasse ore e ore a maneggiare vetri fragili e preziosi, non lo vidi mai romperne uno.
Leon mi spiegò i procedimenti usati per produrre quelle strane sostanze chimiche.
— Moltissime piante producono in piccole quantità insoliti composti chimici che, per quanto ne so, non sono di alcuna utilità alla pianta. Veleni come il curaro, stimolanti come la digitale, allucinogeni come l’acido lisergico e alcaloidi come l’atropina. Per molti anni i medici hanno ricercato questi composti, selezionando piante produttrici di sostanze specifiche, e noi abbiamo continuato il loro lavoro. Abbiamo ereditato gran parte delle loro conoscenze e molte delle specie selezionate. In pratica, tutto il lavoro più importante, i test e la classificazione, è stato effettuato molto prima di noi. Abbiamo raffinato un poco la tecnica e scoperto un paio di sostanze ancora sconosciute qualche secolo fa, ma il nostro lavoro è stato rivolto principalmente all’impiego delle droghe, al loro utilizzo in relazione alla nostra filosofia e alla loro somministrazione. Possiamo uccidere e guarire, creare sogni ed emozioni, curare le malattie e alleviare il dolore, favorire il sonno ed eliminare la sofferenza. Possiamo alterare la percezione al punto da far muovere il tempo stesso intorno a noi.
“I nostri scopi sono semplici: preservare la razza umana, ma solo affinché possa generare l’Uomo Futuro. Ci preoccupiamo della qualità di vita dell’uomo, ma solo come questione secondaria. Ciò che conta è la Vita Futura. Siamo stati accusati di portare senilità nella razza umana, ma noi siamo convinti che si tratti più di maturità che di vecchiaia. Crediamo che l’epoca della lotta e dell’ambizione sia stata solo un’infanzia. Forse è piacevole ricordare storie e leggende di quell’epoca, ma ormai si è conclusa. Abbiamo accantonato le cose puerili. Guardiamo davanti, non all’esterno.
“Altri dicono che abbiamo modi crudeli, che vendere sogni in cambio di realtà è come commerciare con una moneta falsa, è ingannare gli uomini negando loro la vera felicità che potrebbero raggiungere se avessero l’opportunità di inseguirla. Forse è così, ma non posso pensare che sia crudele portare la pace. Non è crudele. Penso piuttosto che sarebbe stato un grave sbaglio se i nostri antenati avessero lasciato spegnere la razza dell’Uomo nella disperazione più cupa, permettendole di distruggersi a poco a poco per seguire quel suo frenetico desiderio di eccellere al di là delle proprie capacità. All’Uomo Futuro non si può negare la possibilità di vivere solo perché l’Uomo non può essere il signore dell’universo, sei d’accordo?”
Lo ero fino a un certo punto. Non mi sarei mai impegnato in favore di una convinzione così radicata che escludeva altre opinioni e modi di pensare più semplici, ma avevo sempre considerato Leon molto più convincente del loquace Alvaro con i suoi discorsi filosofici.
Leon si mostrò dispiaciuto quando gli dissi che partivo, ma per nulla sorpreso. La proposta del pellegrinaggio era nell’aria da molto tempo e penso che tutti avessero immaginato che alla fine sarei andato con mio fratello.
— Ti faccio i miei migliori auguri — disse Leon.
— Grazie — risposi, senza molto calore. Eravamo di fronte a una delle amate teche di vetro di Leon in cui cresceva la più preziosa delle cose a lui care. Aveva un aspetto piuttosto brutto, per nulla adeguato al grande ruolo che il suo distillato doveva svolgere. Era un fungo composto da un vasto reticolo di ife che punteggiava un grumo di humus, foglie morte, terriccio scuro e sostanza viscida, posto su un grande disco. I corpi fruttiferi, dai quali veniva estratta la droga del tempo, erano funghi con gambi corti e cappelle compatte e panciute. Le cappelle erano di colore grigio-marrone e la pelle esterna si staccava continuamente diventando rosso scura quando i tessuti morti si seccavano.
— È strano — disse Leon aprendo la teca, dopo aver indossato dei guanti, per staccare cinque o sei funghi. — Crescono molto in fretta ma otteniamo pochissimo elisir da tutta quella materia prima. Ci sono voluti anni per distillare la quantità di siero di cui disponiamo oggi, nonostante la velocità impressionante con cui i funghi si riproducono. Si nutrono di qualunque cosa purché sia in decomposizione.
— La droga è pericolosa? — domandai.
Leon separò accuratamente le cappelle dai gambi e cominciò a spappolarle in un recipiente di legno, facendo girare abilmente un pestello più simile a un bastone.
— Non si sa con certezza — rispose. — Lo sai, è stato difficile fare delle prove. Tutto quello che è stato scritto in proposito rischia di essere una semplice congettura. Se la si somministra a un uomo, questo sparisce, spiazzato nel tempo per settimane o per anni. Compilare un tabulato con i dati dell’esperimento è piuttosto complesso. Non sono nemmeno mai riusciti a trovare la giusta proporzione nel dosaggio. Varia molto da persona a persona.
“Ma non penso che tu debba preoccuparti. Quelli che sono tornati sembravano in salute. Ne abbiamo avuto qualcuno di passaggio in questi giorni, come il tuo amico che viaggiava nel tempo. Molti di loro proseguono, ed è probabile che passino oltre sorvolando questo tempo.”
— Sorvolano questo tempo… Vuoi dire che non si soffermano in quest’epoca?
— Probabilmente non la notano nemmeno. È tutta una questione di percezione, ricordatelo. L’occhio non vede e il corpo non si preoccupa. Be’, suppongo che debbano trovarsi qui, in qualche modo. Ma non riuscirei a individuarne neanche uno, a meno che non si fermasse a parlarmi.
— E quando si fermano, cosa succede?
— Compaiono e scompaiono. Da quello che so dalle esperienze di altra gente, non c’è schema, nel tempo che trascorrono. Appaiono perfettamente normali e non accusano disturbi alla percezione temporale. La droga sembra condizionare l’universo molto più di loro. Ma naturalmente questa è una deformazione della realtà. È solo il nostro punto di vista.
— Fino a che punto riusciremo ad arrivare, secondo te? — gli domandai.
— Fino alla fine, spero. Come ho detto non sappiamo molto sul dosaggio, ma ormai nelle beute dovrebbe esserci abbastanza droga per attraversare un miliardo di anni o più se è necessario. Ma non sono poi molti. La Terra è assai più vecchia. Dovendo esprimere un parere, però, penso che vi porterà dove vorrete, o dovrete, andare.
— Non so quanto sia lontano — confessai.
— Lo saprai presto.
— Mi chiedo come sarà — dissi. — Questa è una cosa che non ho mai domandato all’uomo che viaggiava nel tempo. Non ho mai pensato che un giorno avrei fatto la stessa cosa. Immagino che si passi semplicemente da un tempo all’altro come se si guardassero cose diverse, senza però soffermarsi a studiare con uguale attenzione tutto ciò che capita tra l’una e l’altra. Vediamo già così poco di quello che abbiamo davanti agli occhi!
Leon fece un ampio sorriso e continuò a spappolare la massa grigia nel mortaio, con movimenti del polso decisi e regolari. — Sarà proprio così — confermò.
Avendo fondato la mia analogia sui suoi ragionamenti, non mi sorprese il fatto che si trovasse d’accordo con me.
— È come attraversare la storia, la storia futura — continuò Leon. — È come dirigersi verso qualcosa di nuovo, fermarsi a osservare e passare davanti a ogni cosa senza il bisogno, né la capacità, di esaminare tutto. Dovrete sbrigarvi, non potrete fermarvi a contemplare le cose. Avete solo il tempo di una vita per arrivare fino alla fine del tempo. Ma immagino che tuo fratello non vi farà riposare. Non è il tipo da lasciare passare il tempo senza sfruttarlo.