— Joyce — disse alla fine, — secondo voi il Messire come avrebbe potuto cambiare un verdetto di «Completamente Colpevole»?
Joyce corrugò la fronte. — Be’… non so. La mia pistola avrebbe potuto incepparsi. O avrei potuto sparare e mancare inesplicabilmente il bersaglio.
— Non lo sapete con certezza perché non e mai accaduto. Dico bene?
— In sostanza, sì.
— Ora. Quanti verdetti di «Apparentemente Colpevole» sono stati rovesciati, quando all’Imputato veniva data un’arma con un colpo in canna?
— Pochi.
— Ma non è mai successo a nessun Giudice che voi conoscete, vero?
Joyce scosse la testa. — No, ma ci sono dei casi documentati. Pochi, come ho detto.
— Molto bene. E nei casi di «Probabilmente Colpevole»? Sono stati molti i verdetti revocati?
— Un numero apprezzabile.
— Qualcuno è capitato anche a voi, vero?
— Qualcuno.
— Molto bene. — Kallimer sollevò una mano, piegando un dito per ogni punto da esaminare. — Ora… Per primo abbiamo il caso in cui l’Imputato è disarmato. Nessun cambiamento. Poi il caso in cui l’Imputato ha un colpo a disposizione. Qualche cambiamento. E infine i casi in cui l’Imputato ha un’arma uguale a quella del Giudice che presiede la Corte. Un apprezzabile numero di verdetti ribaltati.
— Non vi sembra, Giudice Joyce, che questi dati statistici potrebbero verificarsi anche senza l’intervento della Volontà Divina?
Joyce lo fissò, ma Kallimer non gli diede la possibilità di parlare.
— Inoltre, Joyce, il popolo ha il diritto di portare armi? Voglio dire, riuscite ad immaginare un Imputato che sia in grado di maneggiare e sparare con un’arma automatica? La risposta… siete stato voi a chiedermelo… la risposta è no.
— E ancora: si è mai sentito che Il Messire abbia cambiato un verdetto di «Non Colpevole»?
Joyce si adirò. — Non più di una volta nello stesso anno!
Kallimer storse la bocca. — Lo so. Ma succede. E allora spiegatemi questo: come si concilia la Volontà Divina con il fatto curioso che i verdetti di «Completamente Colpevole» e «Non Colpevole» non vengono mai cambiati, né lo sono mai stati, anche se Il Messire sa quanto ci siamo andati vicini oggi? Sostenete forse che in questi casi, tutti i Giudici vissuti fino ad ora abbiano sempre avuto ragione? State cercando di insinuare che i comuni mortali sono infallibili, una prerogativa che è soltanto del Messire?
Il viso di Kallimer era carico di emozione, e Joyce ebbe la netta impressione che il Giudice Aggiunto stesse parlando con foga eccessiva; ma la sua voce era sempre controllata.
— Signor Joyce, se non riuscite a capire dove voglio arrivare, mi spiace. Ma state certo che qualcuno tra la folla, dopo tanti anni, l’ha finalmente capito. Qualcuno che non aveva paura del Messire. — Kallimer girò la testa di scatto e guardò dal finestrino l’Hudson che scorreva come un nastro d’argento molto più in basso, mentre il treno si dirigeva verso la sponda orientale. — Non sono sicuro che Pedersen non avesse ragione nel voler estrarre la sua arma. E signor Joyce, se quello che ho detto non vi ha scosso, credo che avrebbe dovuto scuotervi, invece.
Kallimer trasse un profondo respiro e sembrò calmarsi un poco.
— Signor Joyce — disse piano, — credo che ci sia qualcosa a cui non avete pensato. Immagino che non vi farà piacere saperlo.
«Vorrei parlare in termini a voi familiari… non dovete cedere di un millimetro, anzi dovete attenervi rigidamente ai vostri principi per apprezzare in pieno l’impatto della cosa… osservate la cosa dal vostro punto di vista; Joyce, voi non riuscite ad immaginare come Il Messire potrebbe ribaltare un verdetto ingiusto di «Completamente Colpevole». Ma il Messire è onniscente e onnipotente. Le sue vie sono complesse e inconoscibili. Giusto? E allora, come fate a sapere che quello che è successo oggi non sia stato un assaggio del modo in cui Egli agisce?
Il sangue defluì dal viso di Joyce.
Quella sera tardi Emily lo guardò sorpresa quando gli aprì la porta.
— Sam! Ma non hai mai… — tacque. — Entra, Sam. Mi hai colto di sorpresa.
Joyce le diede un bacio sulla guancia ed entrò nervosamente nell’appartamento. Sapeva di averla sorpresa. Non andava mai a trovarla la sera dopo un processo; doveva averlo notato, visto che erano insieme da quindici anni. Mentre andava da lei aveva considerato il problema, ed aveva deciso che l’unica cosa da fare era di comportarsi come se non fosse successo nulla. Pensò che una donna, in quanto tale, avrebbe scrollato le spalle e non ci avrebbe pensato più dopo i primi istanti. Probabilmente, dopo un po’, avrebbe anche cominciato a dubitare della propria memoria.
— Sam, che cosa ti è successo al braccio?
Joyce si voltò e vide che era ancora in piedi accanto alla porta, con i bigodini nei capelli ed una vestaglia addosso.
— Il Processo — tagliò corto. Attraversò la stanza, prese una pera da un cesto e la addentò. — Ho fame — disse con finta energia.
Lei sembrò ricomporsi. — Certo, Sam. Preparerò qualcosa. Ci metterò un attimo. Scusami. — Andò in cucina, lasciandolo solo nella semioscurità che circondava l’unica lampada accesa vicino alla porta. Con pazienza, fece scattare tutti gli interruttori delle altre lampade nella stanza e continuò a mangiucchiare la pera, facendola rimbalzare sul palmo della mano tra un morso e l’altro.
Udì Emily che metteva una pentola sul fuoco. Si mosse di scatto ed entrò in cucina, fermandosi poco oltre la soglia e lasciando cadere la pera nello scivolo dei rifiuti.
— Finita — disse per giustificare la propria presenza. Si guardò intorno. — Posso fare qualcosa?
Emily lo guardò con espressione incredula e divertita. — Sam, che cosa ti ha preso?
Joyce si fece scuro involto. — Che cosa c’è che non va se vengo a trovare la mia ragazza?
Con quelle parole la sua espressione tornò serena. Guardò Emily, che era di nuovo china sui fornelli. Quindici anni che le avevano sfumato i capelli, avevano aggiunto qualche ruga sulla fronte ed intorno alla bocca. Ed avevano aggiunto un bel po’ di peso sui fianchi e sulla vita. Ma da lei emanava una sensazione di conforto e di serenità. Lui poteva infilare la chiave nella serratura a qualunque ora della notte e lei avrebbe udito il rumore e gli sarebbe corsa incontro.
La strinse a sé e sentì un dolore al braccio, ma in quel momento non importava. La abbracciò e le prese la nuca fra le mani. Il calore e la sicurezza che lei sapeva emanare fecero sì che Joyce la stringesse con fin troppa forza. Si trovò a desiderare all’improvviso di non dover mai più tornare al suo ascetico appartamento.
Emily fece un piccolo sorriso e lo baciò su di una guancia. — Sam, che cosa è successo? Ho sentito l’esito dei processi alla radio oggi pomeriggio e per quello di Nyack si sono limitati a dire che si era concluso felicemente con un verdetto di «Completamente Colpevole». C’è stato qualche guaio di cui non hanno voluto parlare?
Il malumore tornò e lui lasciò ricadere le braccia.
— Che genere di guaio? — chiese brusco.
Emily spalancò gli occhi e lo guardò di nuovo con sorpresa. — Non intendevo niente di particolare, Sam. Solo i soliti guai… sai, come un colpo fortunato da parte dell’Imputato… — lanciò uno sguardo al suo braccio ferito. — Ma questo non può capitare con un imputato disarmato.
Joyce fece un sospiro rabbioso. — Pensavo che questo fosse chiaro fra di noi — disse con una voce che suonò troppo irritata persino alle sue stesse orecchie. — Fin dall’inizio. Avevo detto chiaramente che ognuno di noi ha il suo campo d’azione. Se non te ne parlo, puoi intuire che è mio desiderio che tu non lo sappia.
Emily fece un passo indietro e riprese ad occuparsi dei fornelli. — Va bene, Sam — disse a voce bassa. — Mi dispiace. — Sollevò il coperchio della pentola. — La cena sarà pronta fra un attimo. Ci sarà da fare qui quando tutte le pentole cominceranno a bollire.