Tuttavia è poco probabile che mi incontriate nel cosmo, perché (tolto il Prater e Basin Street) l’Italia del Quattrocento e la Roma di Augusto — prima che la rovinassero — sono i miei luoghi di villeggiatura preferiti (villeggiatura?), e perché inoltre, come ho già detto, cerco di non allontanarmi dal Locale. È davvero il più bel Locale di tutto il Mondo del Cambio. (Crisi! Anche quando lo penso, gli metto le iniziali maiuscole!)
Comunque, quando la cosa è cominciata, stavo facendo girare i pollici, seduta sul divano vicino al piano, e pensavo che ormai era troppo tardi per darmi lo smalto alle unghie, e che tanto, anche se fosse venuto qualcuno, era probabile che non se ne accorgesse.
Nel Locale c’era la solita atmosfera tesa che precede un arrivo, e il Vuoto intorno a noi, grigiastro e vellutato, si contraeva formando macchie indistinte di luce, simili a quelle che potete scorgere quando chiudete gli occhi al buio.
Sid stava regolando i comandi dei Mantenitori per sintonizzarsi sul gruppo di persone da raccogliere, e la spalla destra del suo farsetto grigio, ricamato in filo d’oro, era bagnata nei punti dove aveva sfregato, con qualche movimento del collo, la guancia madida di sudore.
Beauregard era chino sull’altra spalla di Sid e si sporgeva il più possibile in avanti; appoggiava sul vellutone rosa del divano di controllo un ginocchio fasciato nei suoi soliti calzoni bianchi aderenti, e non perdeva un singolo movimento delle dita del vecchio Sid sulle manopole. Oltre a essere il nostro pianista, Beau è anche pilota in seconda. Sul suo volto compariva l’espressione gelida e distaccata che doveva avere avuto quanto ogni moneta d’oro che possedeva (e molte altre che non possedeva affatto) erano puntate sulla prossima carta, nella bisca di uno di quei battelli fluviali del Mississippi che ricordano le torte nuziali.
Doc, che era un po’ alticcio, come sempre, era invece seduto al bar. Si era spinto indietro il cappello a cilindro e si era avvolto intorno alla gola lo scialle di lana: nei suoi grandi occhi si specchiavano tutti gli orrori che una vita trascorsa in una Russia zarista occupata dai nazisti può sommare a quello di essere un Demone alcolizzato nel Mondo del Cambio.
Maud, che è la Ragazza Anziana, e Lili che, naturalmente, è la Ragazzina, cercavano di scoprire qual era la perla più grossa delle loro due collane, assolutamente identiche.
Potreste dire che tutti noi Intrattenitori eravamo un po’ nervosi; ma il fatto di essere Demoni non vuol dire automaticamente che si sia coraggiosi.
Poi la spia luminosa rossa del Mantenitore Maggiore si spense, e nel Vuoto, davanti a Sid e Beau, la Porta cominciò a oscurarsi. Sentii i Venti del Cambio soffiare con forza, e il mio cuore si arrestò per un istante; subito dopo, tre Soldati uscirono dal cosmo e misero piede nel Locale. Il primo passo di ciascuno di loro echeggiò con forza sul pavimento quando cambiarono tempo e peso.
Erano vestiti da ufficiali degli ussari, come ci avevano già avvisato, e — grazie all’Abbondio! — vidi che il primo dei tre era proprio Erich, il mio caro comandante, orgoglio dei von Hohenwald e Terrore dei Serpenti. Dietro di lui c’era un uomo dai lineamenti duri, che pareva un antico romano o qualcosa di simile, e accanto a Erich — tanto che al suo primo passo lo urtò con una spallata — c’era un giovane mai visto prima: biondo, con la faccia di un semidio greco che abbia appena terminato un giro turistico dell’Inferno cristiano.
Indossavano uniformi esattamente identiche, nere (colbacco, mantello bordato di pelliccia, stivali e tutto il resto), con emblemi d’argento a forma di teschio appuntati sul colbacco. L’unica differenza tra loro era che Erich portava al polso un Comunicatore, mentre il Ragazzo (cioè il biondino) stringeva nella sinistra, ancora infilata in un guanto nero, l’altro guanto, e aveva la mano destra nuda, come del resto le avevano nude Erich e il Romano.
— Ce l’avete fatta, ragazzi, cuori coraggiosi — li salutò Sid con voce reboante; Beau rivolse loro un sorriso nervoso, mormorando qualche parola, e Maud cominciò a pigolare: “Chiudete la Porta!”. La Ragazzina le fece subito eco, e anch’io mi unii a loro, perché i Venti del Cambio soffiano come pazzi quando la Porta è aperta, né la si può mai chiudere così ermeticamente da bloccare tutti i loro spifferi.
— Chiudete la Porta, prima che ci soffi qualche ruga sul viso — gridò Maud con la sua voce stridula, tanto per rompere il ghiaccio. Aveva imitato dalla Ragazzina un vestito da sera attillato, lungo fino al ginocchio, e sembrava un’adolescente acerba.
Ma i tre Soldati non prestavano attenzione a noi. Il Romano — ricordai che si chiamava Marcus — stava avanzando in modo stordito e rigido, come se avesse una lesione agli occhi, mentre Erich e il Ragazzo stavano discutendo vivacemente tra loro a proposito di un bambino, di Einstein, del Palazzo d’Estate e di quel porco guanto e del fatto che i Serpenti avevano teso loro una trappola a San Pietroburgo. Erich aveva sulle labbra lo stesso sorriso sadico che ha quando vuole ferirmi.
Il Ragazzo era furibondo. — Perché ci hai portato via così presto, accidenti? Per poco non abbiamo demolito la Nevsky Prospekt, galoppando a quel modo.
— Non hai sentito il sapore dei loro paralizzatori, Dummkopf, quando hanno fatto scattare la trappola… troppo presto, Con sei Dank? — ribatté Erich.
— Certo — fece il Ragazzo. — Talmente deboli che non avrebbero fatto male a una mosca. Perché non ci hai fatto vedere un po’ di movimento?
— Ma sta’ zitto. Sono io il vostro capo. Avrete tutto il “movimento” che volete, in futuro.
— Non ci credo. Sei uno sporco nazista vigliacco.
— Weibischer Engländer!
— Sudicio barbaro!
— Schlange!
Il biondino, evidentemente, doveva conoscere quel tanto di tedesco che bastava per capire l’ultimo insulto. Buttò all’indietro il mantello bordato d’ermellino per liberare la spada, e si scostò da Erich, che però fece in tempo a spingerlo contro Beau. (Al primo avviso di litigio, Beau si era rizzato dal divano, rapido e silenzioso come un… no, non voglio usare quella parola… ed era scivolato fino a loro.)
— Signori, state dimenticando le buone maniere — disse Beau in tono severo, mentre rischiava di perdere l’equilibrio e si doveva tenere al braccio del Ragazzo.
— Qui siamo nel Locale di Intrattenimento e Recupero di Sidney Lessingham. Ci sono delle signore…
Con una smorfia sprezzante, il Ragazzo lo spinse via e cercò di afferrare la sciabola con la mano destra, quella non guantata. Beau barcollò camminando all’indietro, fino all’altezza del divano; vi inciampò, perse l’equilibrio, cadde verso i Mantenitori. Sid li tolse di mezzo come se si fosse trattato di due radio portatili — nel Locale ogni cosa è mobile — e poi tornò ad appoggiarli sul tavolino prima ancora che Beau avesse toccato terra. Nel frattempo anche Erich aveva sguainato la sciabola, aveva parato il primo selvaggio fendente de! Ragazzo e aveva risposto con un affondo. Sentii il rumore di una lama che scivolava sull’altra e lo scalpiccio degli stivali di Erich, sul pavimento duro come il diamante.
Beau compì un giro su se stesso: quando si rialzò da terra, vidi che aveva estratto dai pizzi della camicia una derringer, che, come io sapevo, nascondeva un’arma di tutt’altra natura: un paralizzatore o addirittura una Atropo. Oltre a mettermi un grande spavento per la vita di Erich e di tutti gli altri, quella vista mi fece scattare in piedi; noi Intrattenitori avevamo i nervi a pezzi come e forse più dei Soldati, a partire, probabilmente, da quando i Ragni avevano cancellato tutte le licenze nel cosmo, venti sonni prima.
Ma Sid aveva già lanciato uno sguardo autoritario all’indirizzo di Beau, esclamando: — Figlio di un cane, lasciali a me — e aveva afferrato il Mantenitore Minore. Notai allora che la spia rossa di quello Maggiore era di nuovo accesa (cosa quanto mai rassicurante) e dedicai un’attimo di ringraziamento all’Abbondio perché la Porta era di nuovo chiusa.