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Ma il Mantenitore era scomparso, e il Vuoto non si era ancora chiuso su di noi, almeno per il momento. Io, comunque, ero talmente esausta che la cosa non avrebbe fatto molta differenza.

Una cosa almeno era certa: o il Mantenitore era stato messo in posizione Introversione prima di involarsi, oppure la sua scomparsa produceva automaticamente l’Introversione, come preferite, poiché, senza ombra di dubbio, eravamo Introvertiti: severa presa di coscienza della realtà (e sapevo, senza dover provare a bere, che l’alcol non sarebbe riuscito a mitigarla), il fatto che non alitasse il minimo Vento del Cambio a rendere meno soffocante l’atmosfera; il grigio del Vuoto era diventato totalmente interiore, si era così compenetrato nel mio cervello, che capii cosa intendono dire i nostri scienziati quando spiegano che il Locale è una specie di mescolanza o di intreccio del materiale con il mentale: una Monade Gigante, la definì uno di loro.

Comunque, dissi a me stessa: Greta, se questa è l’Introversione, a me non garba affatto. Non è affatto piacevole essere tagliati fuori dal cosmo, vagare alla deriva, e conoscere questa situazione. Una lancia di salvataggio sperduta in mezzo al Pacifico, o un’astronave nel vuoto tra le galassie sono uno scherzo, al confronto.

Mi domandai perché mai i Ragni mettessero in tutti i Mantenitori l’interruttore dell’Introversione, visto che non veniva mai usato nel corso dell’addestramento e che dovevamo azionarlo soltanto in casi di emergenza estrema, quando le uniche alternative erano l’Introversione o la resa ai Serpenti, e per la prima volta ne compresi la ragione, abbastanza evidente.

L’Introversione era come l’apertura dei portelli per far inabissare deliberatamente la nave: il suo scopo principale era quello di impedire che il nemico si impadronisse di segreti militari e di materiale bellico. Metteva il Locale in una situazione dalla quale neppure l’Alto Comando dei Ragni avrebbe potuto salvarlo: il Locale si limitava ad affondare sempre più giù (o su? Fuori?) nel Vuoto.

Se le cose stavano così, le nostre possibilità di tornare indietro erano pressappoco uguali alla possibilità che io tornassi bambina a giocare a pallone in riva al mare, nel Piccolo Tempo.

Mi avvicinai maggiormente a Sid e mi appoggiai alla sua spalla, strofinando la guancia sul velluto grigio e bisunto del suo farsetto ricamato in oro. Lui abbassò lo sguardo su di me, e io gli feci: — Siamo molto lontani da King’s Lynn, eh, Sid?

— Idol mio, l’hai proprio favellata giusta — rispose lui. (E quando parla così, mescolando locuzioni di secoli diversi, quel vecchio caro furfante lo fa sempre apposta.)

— Sid — continuai io — perché questo ricamo dorato? Sarebbe molto più morbido, senza.

— Cospetto, un uomo deve pur farsi rimarcare in qualche modo, e in fede mia, credo che un po’ di metallo faccia elegante.

— Ma le ragazze si graffiano. — Fiutai l’aria, poi dissi: — No, aspetta a metterlo in lavatrice. Finché saremo perduti nella foresta, preferisco averlo vicino.

— Cospetto del diavolo, perché dovrei metterlo in lavatrice? — mi chiese con aria sorpresa, e credo che non fingesse. L’ultima cosa a cui badano i viaggiatori nel tempo è se il loro odore dia o non dia fastidio agli altri. Il suo volto si rabbuiò: mi diede l’impressione di volersi far consolare anche lui. — Idol mio, questa tua foresta ha ben più alberi di quella di Sherwood.

— L’hai detto — risposi, e mi domandai la ragione delle sue tenerezze. Non mi pareva che le mie grazie potessero far molta presa: dovevo avere un aspetto orribile, in quel momento. Ma Sid mi era sempre rimasto accanto, per tutta la durata della caccia al Mantenitore, e non si può mai dire. Poi ricordai che era stato l’unico, oltre a me, a non prendere posizione quando Bruce ci aveva chiesto se eravamo con lui o contro di lui: questo, probabilmente, aveva turbato la sua vanità maschile. Io, invece, non mi sentivo affatto turbata… anzi, ringraziavo ancora in cuor mio il Mantenitore per avermi permesso di uscire dall’impiccio, anche se poi ci aveva messo tutti in un impiccio assai più grave. Mi pareva che fosse trascorsa un’eternità, da allora.

Dapprima eravamo giunti alla conclusione che le due ragazze Fantasma fossero fuggite col Mantenitore: non sapevamo dove fossero fuggite, o il motivo che le aveva indotte a fuggire, ma pareva la soluzione più plausibile. Maud aveva cominciato a protestare che non si era mai fidata dei Fantasmi e che aveva sempre saputo che un giorno o l’altro avrebbero cominciato ad agire di propria iniziativa; Kaby, poi, si era messa fermamente in testa che Frine, essendo greca, doveva avere organizzato tutta la faccenda della sparizione per condurci alla rovina.

Ma successivamente, quando avevamo eseguito il primo controllo dei Depositi, avevo notato che le custodie delle ragazze Fantasma sembravano troppo sottili. L’ectoplasma non occupa molto spazio, quando è ripiegato, ma io avevo provato ugualmente ad aprire una custodia, poi un’altra, e infine avevo chiamato aiuto.

Tutte le custodie, dalla prima all’ultima, erano vuote. Avevamo perso più di mille ragazze Fantasma, la completa riserva di Sid.

Be’, ciò dimostrava, se non altro, una cosa che nessuno di noi aveva mai saputo: che c’è un legame spettrale — una sorta di collegamento, sul tipo dei Venti del Cambio — tra un Fantasma e la sua linea di vita; quando questo cordone ombelicale (così lo battezzammo subito) viene tagliato, la parte staccata dalla linea di vita muore.

Interessante, ma assai preoccupante: mi chiedevo se anche noi Demoni ci saremmo dissolti, poiché anche noi, al pari dei Fantasmi, siamo dei Doppelgänger, e l’Introversione aveva reciso anche i nostri cordoni. Noi, certo, siamo più solidi di loro, ma questo, probabilmente, significava soltanto che ci avremmo messo più tempo per dissolverci. Il ragionamento non faceva una grinza.

Ricordo che avevo alzato lo sguardo su Lili e Maud… sì, ci eravamo incaricate noi ragazze di controllare le custodie; è una nostra incombenza tenere in ordine la riserva, e del resto, se se ne occupa qualcuno di sesso maschile, comincia subito a fare battute pesanti sulle “donne liofilizzate, preparazione istantanea” come se non avessimo già sentito mille volte questa frase, grazie.

Dicevo, avevo alzato lo sguardo su di loro e avevo salutato come per l’ultima volta: — È stato un piacere conoscervi, ragazze Fantasma mie — e Lili aveva detto: — Ventitré, tutte vuote — e Maud: — Qui non c’è più niente — poi ci eravamo date la mano.

Ormai eravamo quasi certe che Frine e la Contessa fossero svanite insieme con le altre ragazze Fantasma, ma la precedente idea continuava a tormentarmi, cosicché chiesi: — Sid, c’è forse una minima possibilità che, mentre eravamo occupati a guardare Bruce, le due ragazze Fantasma abbiano messo in azione il Mantenitore, abbiano formato una Porta e se la siano svignata con l’apparecchio?

— Mi hai letto nel pensiero, dolcezza, ma tutto sembrerebbe negarlo. Prima di tutto, si sa che i Fantasmi non possono ordire intrighi né metterli in atto. Secondo, il tempo a disposizione non era sufficiente per formare una Porta. Terzo… e questa è la cosa più importante… il Locale crolla su se stesso se manca il Mantenitore. Quarto, sarebbe stato follia sperare che nessuno di noi… quanti siamo? dieci, undici… si guardasse in giro e notasse le loro manipolazioni per tutto il periodo necessario…

— Io mi ero guardata in giro, Sid. Stavano bevendo e si erano portate sul divano di comando senza che nessuno glielo ordinasse. Anzi, mi pare di ricordare il momento esatto. Sì, quando Bruce ci parlava degli Zombie.

— Sì, dolcezza. E come stavo per dire, incoronando con il quinto motivo la mia argomentazione, prima che tu mi interrompessi, sarei stato pronto a giurare che nessuno potesse toccare il Mantenitore… tanto meno metterlo in azione o rubarlo… senza che io me ne accorgessi. Eppure…