Maud saltava sul divano e incoraggiava non so chi (e scommetto che non lo sapeva neppure lei). La Ragazzina era pallida, e io notai che quelle sciabole lavoravano in modo sempre più pericoloso. Quella di Erich guizzò, guizzò una seconda volta, guizzò una terza: quando si ritrasse dalla guancia eseguì un affondo selvaggio. Erich balzò indietro… e l’istante successivo entrambi galleggiavano a mezz’aria, dimenando gambe e braccia come se avessero i crampi.
Compresi subito che Sid aveva tolto la gravità alle zone della Porta e dei Depositi. Noi, invece, fermi nelle zone Ristoratore e Ambulatorio, continuavamo a tenere i piedi saldamente per terra: nel Locale, infatti, la gravità opera a zone indipendenti, allo scopo di venire incontro alle esigenze dei nostri amici Extraterrestri: quei matti, a volte, vengono quassù a recuperare in gruppi molto eterogenei oltre che chiassosi.
Dalla sua posizione centrale, Sid gridò, in tono abbastanza gentile, ma deciso: — D’accordo, giovanotti, vi siete divertiti abbastanza. Ora rimettete quelle lame nel fodero.
Per un attimo i due ussari neri continuarono a galleggiare nell’aria e a divincolarsi. Poi Erich fece una risata sforzata e obbedì con grazia all’ordine: il mio bel comandante è abituato a muoversi in assenza di gravità. Quindi anche il biondino, subito dopo, cessò di dimenarsi; rimase un attimo immobile, osservò Erich dal basso, a pancia all’aria, e riuscì bene o male a rimettere la sciabola nel fodero, anche se il gesto gli fece compiere una mezza capriola, per la reazione. Quando le due lame furono ritornate nel fodero, Sid riaccese la gravità nella loro zona: abbastanza lentamente, per non farli urtare contro il pavimento.
Erich rise, questa volta in modo più sollevato, e venne verso di noi. Nel tragitto si fermò accanto al Ragazzo, gli strinse la spalla e lo fissò negli occhi.
— Così, sei riuscito a procurarti una bella cicatrice — disse.
L’altro non cercò di sottrarsi alla stretta, ma non sollevò lo sguardo. Erich proseguì fino a noi. Sid stava accorrendo presso il Ragazzo, e, mentre passò accanto a Erich, gli disse in tono faceto, ammonendolo col dito: — Briccone! — L’istante successivo stavo abbracciando Erich nel modo “Sei tornato a casa, finalmente!” e lui mi baciava fino a togliermi il respiro e mi diceva: — Liebchen! Doppchen! — che a me piace molto, perché amo davvero Erich e sono una brava amante e anch’io sono un Doppelgänger esattamente come lui.
Ci eravamo appena staccati l’uno dall’altra per tirare il fiato (e com’erano belli i suoi occhi azzurri su quel viso preoccupato) quando si udì un tonfo sordo alle nostre spalle. Terminata la tensione, Doc era scivolato dal suo sgabellone, al banco del bar, e il cappello a cilindro gli era calato fino agli occhi. Ci voltammo verso di lui, con l’intenzione di prenderlo in giro, ma Maud lanciò un urlo e indicò il Romano. Ci accorgemmo allora che Marcus, continuando a camminare, era giunto all’altezza del Vuoto: ora, anche se stava ancora muovendo le gambe regolarmente, non riusciva più ad avanzare nemmeno di un passo (com’era prevedibile) e la sua uniforme nera cominciava a confondersi nel grigiore indistinto del Vuoto, che è un grigiore totalmente mentale.
Maud e Beau corsero immediatamente a ripescarlo, la qual cosa, a volte, può risultare piuttosto complicata. Il piccolo giocatore professionista aveva ripreso la sua disinvolta efficienza. Sid, da distanza, dirigeva i loro progressi.
— Che cos’ha? — chiesi a Erich.
Lui alzò le spalle. — I postumi dello Shock da Cambio — rispose. — E inoltre, tra noi, era il più vicino ai paralizzatori. Il cavallo per poco non lo ha disarcionato. Mein Gott! Avresti dovuto vedere, Liebchen, la città di San Pietroburgo, la Nevsky Prospekt. i canali che volavano via ai nostri due lati, come lunghe e sottili passatoie di cielo turchino, e lo squadrone di cavalleggeri in azzurro e oro che ci ha tagliato la strada mentre fuggivamo, e le belle dame impellicciate, con boa di struzzo, e quel monaco fermo davanti a un grosso tripode, col capo celato nel cappuccio… Mi venivano i sudori freddi al vedere tutti quegli Zombie che mi passavano davanti e mi fissavano nel loro modo non sveglio, malsano, e al pensare che alcuni di loro, per esempio il fotografo, erano probabilmente dei Serpenti.
Nella Guerra del Cambio, la nostra fazione è quella dei Ragni, e la fazione avversaria è quella dei Serpenti, anche se noi tutti — i Serpenti al pari dei Ragni — siamo dei “Doppi”, dei Doppelgänger. e anche dei Demoni, poiché siamo presi dalle nostre linee di vita nel cosmo. (La linea di vita di una persona è la sua totalità, dalla nascita alla morte.) Siamo Doppelgänger poiché possiamo operare sia nel cosmo, sia al di fuori di esso, e siamo Demoni poiché, quando così operiamo, siamo ragionevolmente vivi, mentre invece non lo sono i Fantasmi. Ogni Intrattenitore e ogni Soldato sono insieme Doppelgänger e Demoni, indipendentemente dalla fazione in cui militano (ma i Locali dei Serpenti, a quanto mi viene riferito, sono una grande schifezza).
Gli Zombie, infine, sono le persone morte, la cui linea di vita giace nel cosiddetto passato.
— Che cosa eravate andati a fare, a San Pietroburgo, prima dell’imboscata? — domandai a Erich. — Cioè, se non si tratta di un segreto.
— E perché dovrebbe esserlo? Stavamo cercando di riprendere ai Serpenti il piccolo Einstein, nel 1883. Sì, Liebchen, i Serpenti sono riusciti a rapirlo, pochi sonni fa, e in tal modo hanno messo a repentaglio l’intera vittoria dell’Occidente sulla Russia…
— …la quale vittoria — lo interruppi — consegnò al tuo caro amico Hitler tutto il mondo, per cinquant’anni, su un piatto d’argento, e mi condusse a essere amata fino alla morte dalle vostre valorose truppe, nel corso della Liberazione di Chicago…
— …la quale vittoria — corresse lui — porta come ultima conseguenza la vittoria finale dei Ragni e dell’Occidente sui Serpenti e sul Comunismo, Liebchen, non dimenticarlo. Comunque, il nostro controrapimento non ebbe successo. I Serpenti avevano messo delle guardie (cosa piuttosto strana), e noi non ne eravamo stati avvertiti. Tutta l’azione finì in un enorme pasticcio. Non c’è da stupirsi che Bruce abbia perduto la testa… non che la cosa possa scusarlo.
— Bruce sarebbe il Ragazzo? — chiesi. Sid, impegnato a dirigere il recupero del Romano, non si era ancora recato da lui; il Ragazzo era fermo, con gli occhi bassi, nello stesso punto dove Erich l’aveva lasciato, simile a una nera colonna di vergogna e di ira.
— Ja. Un tenentino della prima guerra mondiale. Inglese.
— Che fosse inglese lo sapevo già — dissi. — Ed è davvero effeminato come dicevi?
— Weibischer? — Sorrise. — Dovevo pur dirgli qualcosa, quando mi ha dato del vigliacco. Diverrà un ottimo Soldato… ha soltanto bisogno di venire un po’ dirozzato.
— Voialtri uomini siete sempre molto originali, quando vi insultate… — Poi, abbassando la voce: — Ma non dovevi arrivare al punto di dargli del serpente, Erich mio.
— Schlange? — Il suo sorriso acquistò una piega amara. — E chi può esserne certo… per tutti? Come San Pietroburgo ha saputo dimostrarmi, le spie dei Serpenti sono più furbe delle nostre. — I suoi occhi azzurri avevano perso completamente l’espressione dolce. — E tu, Liebchen, dimmi, non sei davvero altro che un buon Ragno leale?
— Erich!
— D’accordo, sono andato troppo oltre… prima con Bruce, e adesso con te. Ma tutti abbiamo il morale a pezzi, ormai, a forza di correre su un ciglio che ci frana sotto i piedi.