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«È stato disorientante», mormorai. «Non mi sarei mai sognato che Gretchen mi avrebbe respinto. Sai cosa pensavo? Suona così stupido, adesso. Credevo che mi avrebbe trovato irresistibile! Pensavo che non poteva essere altrimenti, che quando mi avesse guardato negli occhi (quelli di adesso, non gli occhi da mortale!), avrebbe visto la vera anima di colui che aveva amato!

Non avrei mai immaginato che ci sarebbe stata invece soltanto repulsione, una repulsione assoluta, morale e fisica. Non pensavo che, nel preciso momento in cui avesse capito chi ero, lei si sarebbe ritratta, voltandomi le spalle. Come ho potuto essere così stupido, come ho fatto a intestardirmi nelle mie illusioni? Per vanità? O sono pazzo? Tu non mi hai mai trovato repellente, non è vero, David? O m’illudo anche su quello?»

«Tu sei splendido», sussurrò, in un tono reso ancora più dolce dall’emozione. «Ma sei innaturale ed è questo che lei ha visto.» Appariva sinceramente dispiaciuto. Mai mi era sembrato così sollecito, durante le conversazioni che avevamo avuto. Sembrava quasi provare lo stesso dolore che provavo io, in modo acuto e totale. «Non era la compagna adatta per te, non capisci?» mormorò.

«Sì, lo so. Lo so.» Appoggiai la fronte sulla mano. Avrei tanto desiderato di trovarmi nelle mie stanze tranquille, ma non insistetti. Ancora una volta lui si stava dimostrando mio amico, come nessun altro essere al mondo lo era mai stato davvero, e io avrei fatto come desiderava. «Sai che sei l’unico», dissi improvvisamente, e la mia stessa voce suonò stridula e stanca. «L’unico davanti al quale posso rivelare il mio fallimento senza temere che mi volti le spalle.»

«Come mai?»

«Oh, tutti gli altri ce l’hanno con me per il mio carattere, la mia impetuosità, la mia ostinazione! E quell’odio nei miei confronti li diverte. Tuttavia, se mi mostro debole, mi escludono.» Pensai al rifiuto di Louis: lo avrei rivisto ben presto, e quella certezza mi riempì di soddisfazione malvagia. Ah, sarebbe stato proprio sorpreso. Poi fui colto da un certo timore. Come avrei fatto a perdonarlo? Come avrei fatto a controllare il mio temperamento?

«Noi vogliamo che i nostri eroi siano superficiali», rispose, molto lentamente e quasi con tristezza. «Vogliamo che siano fragili. Sono loro che ci devono ricordare il vero significato della forza.»

«È così?» chiesi. Mi voltai e incrociai le braccia sul tavolo, di fronte a lui, fissando l’elegante bicchiere in cui c’era il vino color giallo pallido. «Sono davvero forte?»

«Oh, sì, sei sempre stato forte. Ed è per questo che t’invidiano e ti disprezzano e se la prendono tanto con te. Ma non c’è bisogno che ti dica tutto ciò. Dimentica quella donna. Con lei, tutto sarebbe stato sbagliato, terribilmente sbagliato.»

«E tu, David? Con te non sarebbe sbagliato.» Alzai lo sguardo e, con sorpresa, vidi che i suoi occhi erano lucidi, davvero arrossati, e scorsi di nuovo quell’irrigidimento della bocca. «Cosa c’è, David?» chiesi.

«No, non sarebbe sbagliato», disse. «Non penso proprio che sarebbe sbagliato.»

«Vuoi dire…?»

«Portami con te, Lestat», sussurrò. Poi quel dignitoso gentiluomo inglese si ritrasse, sconvolto, con un moto di disapprovazione per le proprie emozioni, e appuntò lo sguardo sulla folla in movimento e sul mare lontano.

«Sei convinto, David? Ne sei certo?» In realtà non volevo chiederlo. Non volevo dire neppure un’altra parola. E perché poi? Perché aveva preso quella decisione? Cosa gli avevo fatto, coinvolgendolo in quella folle avventura? Non sarei più stato il vampiro Lestat, se non fosse stato per lui. Ma quale prezzo doveva aver pagato…

Pensai a lui sulla spiaggia a Grenada e a come aveva respinto il semplice atto di fare l’amore con me. In quel momento soffriva, come allora. E d’un tratto la sua decisione non mi sembrò più così misteriosa. L’avevo spinto io a prenderla, durante quella piccola avventura che avevamo vissuto insieme per sconfiggere il Ladro di Corpi.

«Vieni», gli dissi. «Adesso è ora di andare. Andiamo via da tutto e da tutti. Andiamo dove si può stare soli.» Stavo tremando. Quante volte avevo sognato quel momento. Eppure era arrivato così in fretta e c’erano tante domande che avrei dovuto fargli…

Fui colto da un’improvvisa, terribile timidezza. Non riuscivo a guardarlo. Pensai all’intimità che avremmo ben presto vissuto e rifuggii il suo sguardo. Mio Dio, mi stavo comportando come avevo fatto a New Orleans, quand’ero in quel grosso corpo mortale e lo avevo investito col mio straripante desiderio.

Il mio cuore batteva di trepidazione. David, David tra le mie braccia. Il sangue di David che passava dentro di me. E il mio che entrava in David. Poi saremmo andati insieme sulla riva del mare, come tenebrosi fratelli immortali. Quasi non riuscivo a pensare.

Mi alzai senza guardarlo, camminai attraverso la veranda e scesi le scale. Sapevo che mi stava seguendo. Ero come Orfeo. Una sola occhiata alle mie spalle e lui mi sarebbe stato tolto. Forse le luci abbaglianti di una macchina di passaggio si sarebbero riflesse sui miei capelli e sui miei occhi, paralizzandolo improvvisamente per la paura.

Feci strada lungo il marciapiede, oltre la pigra parata di mortali nel loro sgargiante abbigliamento da spiaggia, oltre i tavolini all’aperto dei caffè. Entrai direttamente nel Park Central, attraversai di nuovo la hall con tutto il suo esuberante sfarzo e salii le scale fino al mio appartamento.

Lo sentii chiudere la porta dietro di me.

Mi fermai davanti alle finestre, guardando ancora una volta quel luccicante ciclo serotino. Cuore mio, calmati! Non fare le cose in fretta. È importante che ogni passo sia compiuto con attenzione.

Guardai le nuvole che si allontanavano rapidamente. Le stelle sembravano mere scintille di chiarore che lottavano nel pallore della sera.

C’erano molte cose che dovevo dirgli, molte cose che dovevo spiegare. Lui sarebbe rimasto per sempre com’era in quel momento: c’era qualche piccolo dettaglio fisico che desiderava cambiare? Radersi meglio la barba, regolare il taglio dei capelli…

«Nulla di tutto questo ha importanza», disse, con il suo dolce, raffinato accento inglese. «Cosa c’è che non va?» Si mostrava così gentile, come se fossi io quello che aveva bisogno di essere rassicurato. «Non era ciò che volevi?»

«Oh, sì, sì, davvero. Ma ne devi essere sicuro», risposi, e soltanto allora mi voltai.

Era là nell’ombra, così composto nel suo ordinato completo di lino bianco e con la cravatta di seta chiara annodata con cura al collo. La luce della strada si rifletteva nei suoi occhi e luccicò per un istante sul piccolo fermacravatta d’oro.

«Non so spiegarlo», mormorai. «E successo così in fretta, così all’improvviso… Ero certo che non sarebbe accaduto. Sono preoccupato per te. Preoccupato che tu stia commettendo un terribile errore.»

«Lo voglio», disse. Ma com’era tesa la sua voce, com’era cupa. Sembrava del tutto priva di quel brillante tono lirico che la caratterizzava. «Lo voglio più di quanto tu pensi. Fallo ora, ti prego. Non prolungare la mia agonia. Vieni da me. Cosa posso fare per invitarti? Per rassicurarti? Oh, ho avuto più tempo di quanto immagini per meditare su tale decisione. Da lungo tempo conosco i tuoi segreti. Da lungo tempo so tutto di te.»

Com’era strano il suo volto, com’erano duri i suoi occhi, e come appariva rigida la sua bocca.

«David, c’è qualcosa di sbagliato», mormorai. «Lo so che c’è. Ascoltami. Dobbiamo parlarne. Forse è la conversazione più importante che abbiamo mai fatto. Che cosa ti ha fatto cambiare idea? Che cos’è stato? Il tempo che abbiamo passato insieme sull’isola? Spiegamelo. Devo capire.»