«Sì», ammisi. «È il nostro uomo.»
«A quel punto è successa una cosa stranissima. Quando gli hanno aperto la portiera della macchina, lui si è improvvisamente zittito, s’è voltato e ha guardato dritto verso di me, come se per tutto quel tempo fosse stato consapevole della mia presenza. Però ha mascherato il gesto con molta astuzia, lasciando vagare lo sguardo sulla folla in movimento. Infine mi ha lanciato un’ultima occhiata, e mi ha sorriso. Soltanto dopo che la macchina è partita, ho capito che cos’era successo. Lui era volutamente entrato nel mio vecchio corpo, lasciandomi questo di ventisei anni.» Bevve ancora. «Forse in quel momento uno scambio sarebbe stato impossibile… non so. Ma il punto è che voleva quel corpo. E io sono rimasto là, fuori della dogana, ed ero… tornato giovane!» Guardò il bicchiere, senza vederlo, poi mi fissò. «Era come essere Faust, Lestat. Avevo comprato la giovinezza. La stranezza era che… non avevo venduto l’anima!»
Attesi; David sedeva in silenzio, scuotendo la testa. Alla fine mormorò: «Puoi perdonarmi per essermene andato? Non avevo modo di tornare alla nave. E stavano portando James in prigione, o almeno così credevo».
«Certo che ti perdono, David. Sapevamo quello che poteva succedere. Potevi venire arrestato, come invece è capitato a lui! Ma adesso non conta più. Che cos’hai fatto dopo? Dove sei andato?»
«Sono andato a Bridgetown. In realtà non è stata una decisione ponderata. Un giovane tassista nero mi ha rivolto la parola, pensando, a ragione, che fossi uno dei passeggeri in crociera, e mi ha offerto un giro dell’isola a un buon prezzo. Aveva vissuto in Inghilterra per anni e aveva una bella voce. Non credo di avergli neppure risposto. Ho annuito e sono montato sul sedile posteriore della piccola auto. Per ore mi ha scarrozzato per l’isola. Deve avermi creduto uno spostato. Ricordo che attraversammo bellissimi campi di canna da zucchero. Disse che quella stradina tra i campi era stata fatta per carri e cavalli. E pensai che forse quei campi avevano conservato lo stesso aspetto di duecento anni fa. Lestat potrebbe dirmelo. Lestat lo saprebbe. E allora tornavo a guardarmi le mani, a muovere i piedi, a stendere le braccia, e percepivo la salute e il vigore del mio nuovo corpo! E non finivo di stupirmi, indifferente alla voce del tassista e ai paesaggi che sfilavano fuori del finestrino. Alla fine arrivammo a un giardino botanico. L’autista parcheggiò la piccola macchina e mi consigliò vivamente di entrare. Perché no? pensai. Comprai il biglietto d’ingresso col denaro che tu avevi così generosamente lasciato nelle tasche per il Ladro di Corpi, e cominciai la visita, ritrovandomi ben presto in uno dei luoghi più meravigliosi che avessi mai visto. Lestat, era come vivere un sogno straordinario! Devo portarti in quel giardino, devi vederlo, tu che ami tanto le isole. E, in effetti, tutto ciò cui riuscivo a pensare… eri tu! C’è qualcosa che devo spiegarti. Mai, fin da quando sei venuto da me la prima volta, mai ti ho guardato negli occhi, o ho udito la tua voce, o anche solo pensato a te, senza soffrire. È il dolore che accompagna la mortalità, la consapevolezza della propria età e dei propri limiti, e di ciò che non si potrà più avere. Capisci che cosa intendo?»
«Sì. E mentre ti aggiravi per il giardino botanico, hai pensato a me senza soffrire.»
«Sì», mormorò. «Senza soffrire.»
Rimasi in attesa. Se ne stava seduto in silenzio, a bere lo scotch, poi allontanò il bicchiere. Il corpo, alto e muscoloso, era controllato nei movimenti dal suo nobile spirito. E ancora una volta parlò con tono misurato: «Dobbiamo andare su quella collina a strapiombo sul mare. Ricordi il suono delle palme da cocco mosse dal vento a Grenada, quella specie di scricchiolio? Non hai mai sentito una musica come quella che sentirai in quel giardino a Barbados e, oh, quei fiori, quei fiori selvaggi. È il tuo Giardino Selvaggio, eppure così domestico e sicuro! Ho visto la gigantesca palma del viaggiatore con le sue fronde che uscendo dal fusto sembravano intrecciarsi! E la mostruosa e cerea Heliconia caribaea, e i gigli Alpinia vinata, oh, devi vederli. Perfino alla luce della luna dev’essere tutto bellissimo per i tuoi occhi. Credo che sarei rimasto là per sempre. Fu l’arrivo di un pullman pieno di turisti che mi riscosse dai miei sogni. E sai che venivano dalla nostra nave? Erano della Queen Elizabeth 2!» Scoppiò in una risata allegra e il suo volto divenne irresistibilmente affascinante. «Oh, a quel punto sono uscito da lì, e alla svelta. Fuori ho trovato ad aspettarmi il mio tassista e mi sono fatto portare fino alla costa occidentale dell’isola, lasciandomi alle spalle gli alberghi eleganti, affollati di inglesi in vacanza: lusso, campi da golf e solitudine. E poi ho visto questo albergo così insolito, un edificio in riva al mare, esattamente quello che ho sempre sognato ogni volta che meditavo di fuggire da Londra all’altro capo del mondo, in qualche posticino caldo. Chiesi al tassista di portarmi in fondo al viale d’accesso per poter dare un’occhiata. Era un edificio irregolare, intonacato di rosa, con un’incantevole sala da pranzo dal tetto di paglia e aperta sulla spiaggia. Dopo breve riflessione, decisi che mi sarei fermato temporaneamente là. Pagai l’autista e scelsi una graziosa cameretta che si affacciava sulla spiaggia. Mi ci accompagnarono e mi ritrovai in un piccolo edificio indipendente, con le porte aperte su una veranda da cui si accedeva direttamente alla spiaggia. Nulla si frapponeva tra me e i Caraibi azzurri eccetto le palme da cocco e alcuni grandi cespugli d’ibiscus, ricoperti da una celestiale fioritura rossa. Lestat, cominciai a chiedermi se non fossi già morto e quello fosse l’ultimo miraggio prima che cali il sipario!»
Annuii.
«Mi lasciai cadere sul letto e sai che accadde? Mi addormentai. Giacqui nel nuovo corpo, in un sonno profondissimo.»
«Non c’è niente di strano», dissi con un lieve sorriso.
«Be’, è strano per me. Davvero. Ma come ti sarebbe piaciuta quella cameretta! Pareva una conchiglia rivolta verso gli alisei. Quando mi svegliai, a metà pomeriggio, la prima cosa che vidi fu il mare. Poi capii che mi trovavo in questo corpo e fu un vero shock! Mi resi conto di avere temuto per tutto il tempo che James mi trovasse e mi sbalzasse fuori del mio nuovo stato per lasciarmi a vagare, invisibile, incapace di trovare una dimora fisica. Ero certo che sarebbe accaduto qualcosa di simile. Pensai addirittura che avrei potuto sbalzarmi fuori da solo. E invece ero ancora lì ed erano passate già le tre, secondo il tuo brutto orologio. Telefonai subito a Londra. Mi dissero che David Talbot aveva chiamato poco prima e solo con molta pazienza riuscii a ricostruire ciò che era accaduto fino a quel momento: i nostri avvocati erano andati alla sede della Cunard sistemando ogni cosa per lui, che era partito per gli Stati Uniti; difatti la Casa Madre credeva che io stessi chiamando in quel momento dal Park Central Hotel di Miami Beach, per avvisare di essere arrivato sano e salvo e di aver ricevuto i fondi di emergenza da loro inviatimi.» «Avremmo dovuto prevedere questa sua mossa.» «Oh, sì, e che somma gli avevano inviato! E di corsa oltretutto, perché David Talbot è ancora Generale Superiore. Be’, ascoltai tutto con pazienza, come dicevo, quindi chiesi di parlare col mio fidato assistente, e gli raccontai in breve che cosa stava in realtà succedendo. Un uomo stava impersonando me, un uomo col mio aspetto e che poteva imitare con grande abilità la mia voce. Quel mostro era Raglan James. Se e quando avesse chiamato di nuovo, non dovevano far capire di averlo smascherato, ma anzi fingere di obbedire a ogni sua richiesta. Non credo che in tutto il mondo esista un’altra organizzazione in cui una storia simile, anche se raccontata dal Generale Superiore, verrebbe accettata come vera. Certo, dovetti faticare parecchio per convincerli, ma in realtà fu molto più semplice di quello che si potrebbe pensare. Tante piccole cose erano note soltanto a me e al mio assistente, così stabilire la mia identità non fu un vero problema. E non gli riferii di trovarmi nel corpo di un uomo di ventisei anni, gli dissi solo di avere bisogno subito di un passaporto nuovo. Non avevo intenzione di tentare di lasciare Barbados col nome Sheridan Blackwood stampato sotto la mia foto. Diedi all’assistente l’incarico di chiamare il buon vecchio Jake a Città del Messico, che mi fornisse il nome di qualcuno a Bridgetown in grado di procurarmi il passaporto quello stesso pomeriggio. E avevo anche bisogno di denaro. Stavo per riattaccare quando il mio assistente m’informò che l’impostore aveva lasciato un messaggio per Lestat de Lioncourt, chiedendogli d’incontrarsi al Park Central a Miami il più presto possibile. L’impostore era certo che Lestat avrebbe telefonato per ricevere quel messaggio e glielo si doveva riferire a qualsiasi costo.»