Comunque non funzionò. Sono davvero pochi i modi sicuri per uccidere gli immortali: il sole, il fuoco… Si deve mirare al totale annullamento. E, dopotutto, è del vampiro Lestat che stiamo parlando.
Claudia pagò per quel crimine: venne giustiziata dalla malvagia congrega di bevitori di sangue che prosperava, nel cuore di Parigi, all’interno del turpe Teatro dei Vampiri. Trasformando una bambina così piccola in una bevitrice di sangue, io avevo infranto le regole e soltanto per quella ragione i mostri parigini si arrogarono il diritto di mettere fine alla sua vita. Ma anche lei aveva infranto le loro regole, tentando di distruggere il proprio creatore. Fu dunque la logica conseguenza di quest’ultimo atto se la lasciarono in balia dell’accecante luce del giorno, che la ridusse in cenere.
Trovo che sia un modo orribile di giustiziare qualcuno: chi mette in pratica la pena deve infatti ritirarsi poi con estrema rapidità nella propria bara, e quindi non è neppure in grado di assistere all’esecuzione, operata dai potenti raggi del sole, della propria spietata sentenza. Eppure quello è ciò che fecero a quella squisita e delicata creatura che io, in una misera colonia spagnola del Nuovo Mondo, avevo forgiato col mio sangue vampiresco, partendo da un esserino derelitto, sporco e cencioso… E lei era diventata amica e pupilla; il mio amore, la mia musa, la mia compagna di caccia. E, ovviamente, anche mia figlia.
Leggete Intervista col vampiro, e saprete tutto su quel fatto. Si tratta della versione di Louis del periodo trascorso insieme. Egli racconta del suo amore per la nostra bambina e della sua vendetta contro chi la uccise.
Leggete i miei libri autobiografici Scelti dalle tenebre e La Regina dei Dannati, e saprete tutto anche di me. Conoscerete la nostra storia, ammesso che ne valga la pena (e una storia non vale mai troppa pena); imparerete come cominciò la nostra esistenza migliaia di anni or sono e il modo in cui ci diffondiamo, dispensando con prudenza il sangue tenebroso ai mortali, se desideriamo condurli con noi lungo la Strada del Demonio.
Tuttavia non è necessario conoscere quelle storie per capire questa. Ne qui troverete le migliaia di personaggi che affollano La Regina dei Dannati. Neppure per un secondo la civiltà occidentale si troverà sull’orlo del baratro. E non ci saranno neppure quelle rivelazioni, di solito legate a tempi remoti, che, attraverso mezze verità, promettono risposte in realtà impossibili da dare.
No, tutto ciò l’ho già fatto.
Questa è una storia contemporanea. Fa parte delle Cronache dei Vampiri, statene certi, ma è la prima storia davvero moderna, perché accetta la raccapricciante assurdità dell’esistenza fin dal principio e ci conduce nella mente e nell’anima del suo eroe (indovinate un po’ chi è…) per descrivere le sue scoperte.
Leggetela, e io vi offrirò tutto ciò che avete bisogno di sapere su di noi, pagina dopo pagina. E accade davvero un sacco di cose! Sono un uomo d’azione, come ho detto, il James Bond dei vampiri, se volete, chiamato da svariati altri immortali Principe Furfante, Dannatissima Creatura, oltre che: «Ehi, tu, mostro!»
Gli altri immortali sono ancora in circolazione, naturalmente:
Maharet e Mekare, i più anziani di tutti noi, Khayman, della prima generazione, Eric, Santino, Pandora e altri che noi chiamiamo Figli dei Millenni. Anche Armand è qui, da qualche parte, l’amabile anziano di cinquecento anni con la faccia da ragazzo che un tempo dirigeva il Teatro dei Vampiri, e prima ancora una congrega di bevitori di sangue adoratori del Diavolo che vivevano a Parigi sotto il Cimitero degli Innocenti. Armand, mi auguro, sarà sempre nei paraggi.
E Gabrielle, per me madre mortale e figlia immortale, senza dubbio si farà vedere, una notte o l’altra, prima che trascorra un altro migliaio di anni, se sono fortunato.
Quanto a Marius, mio maestro e mentore, l’unico che ha custodito i segreti storici della nostra genia, è ancora con noi e sempre lo sarà. Prima dell’inizio di questa storia, lui era solito venire da me di tanto in tanto, rivolgendomi rimproveri ed esortazioni. Non riuscivo proprio a porre fine a quegli omicidi sconsiderati che finivano sempre sulle pagine dei giornali mortali? Non riuscivo a smettere di stuzzicare il mio amico mortale David Talbot, tentandolo col Dono Tenebroso del nostro sangue? Non sapevo forse che noi non saremmo mai diventati migliori?
Regole, regole, regole. Si finisce sempre col parlare di regole. E io amo infrangere le regole nello stesso modo in cui ai mortali piace mandare in frantumi i bicchieri di cristallo contro i mattoni del caminetto dopo un brindisi.
Ma ora basta parlare degli altri: questo è il mio libro, lo è per intero, dall’inizio alla fine.
Lasciatemi raccontare dei sogni che erano venuti a tormentarmi nei miei vagabondaggi.
Con Claudia era quasi ossessionante. Al sopraggiungere di ogni alba, ancora prima che i miei occhi si chiudessero, la vedevo accanto a me e ne udivo la voce, un sussurro basso e insistente. E qualche volta scivolavo a ritroso nei secoli fino al piccolo ospedale con le sue file di lettini, là dove l’orfana stava morendo.
Ecco l’anziano medico addolorato, pingue e tremolante, che solleva il corpo della piccola. E quel pianto. Chi sta piangendo? Non Claudia: quando il medico me l’aveva affidata, credendomi il suo padre mortale, lei dormiva. E com’è adorabile nei miei sogni. Lo era anche allora? Senza dubbio.
«Rapirmi da mani mortali come i due orribili mostri di una fiaba da incubo, voi, indolenti e ciechi genitori!»
Di David Talbot ho sognato una volta sola.
In quel sogno lui è giovane e sta camminando in una foresta di mangrovie. Non è l’uomo di settantaquattro anni divenuto poi mio amico, il paziente studioso mortale che rifiuta regolarmente la mia offerta del Sangue Tenebroso e che, con coraggio, posa la sua mano calda e fragile sulla mia carne gelida per dimostrare l’affetto e la fiducia che ci legano.
No, quello è il giovane David Talbot di molti anni prima: il suo cuore non gli batte così veloce nel petto. Eppure è in pericolo.
Tigre, tigre che bruci luminosa…
È la sua voce che sussurra queste parole o è la mia?
E lei esce dalla luce cangiante, con le strisce nere e arancio che sono come la luce e l’ombra, difficili da scorgere. Vedo la sua enorme testa… e com’è morbido il muso bianco, coi lunghi baffi delicati. E guardate invece gli occhi gialli — appena una fessura —, colmi di brutale, orribile crudeltà. David, le zanne! Non riesci a vedere le zanne?
Ma lui, curioso come un bambino, guarda la grande lingua rosa che gli lambisce la gola e la sottile catena d’oro che porta al collo. Vuole mangiare la catena? Buon Dio, David! Le zanne!
Perché mi viene meno la voce? Mi trovo forse anch’io nella foresta di mangrovie? Il mio corpo trema non appena cerco di muovermi, mentre sordi gemiti sfuggono dalle mie labbra serrate e ogni lamento mette a dura prova ogni fibra del mio essere. Attento, David!
Vedo allora che lui ha posato a terra un ginocchio, col lungo e rilucente fucile appoggiato sulla spalla, pronto a sparare. Il gigantesco felino, seppure ancora un po’ discosto, si lancia contro di lui. Si avventa, finché il primo colpo non lo raggiunge, e continua, mentre il fucile tuona una seconda volta. E i suoi occhi sono gialli e colmi di ferocia mentre le zampe s’incrociano, contraendosi sulla terra morbida in un ultimo rantolo.
Mi sveglio.
Che significa questo sogno? Che il mio amico mortale è in pericolo? O che il suo orologio biologico si è fermato? Per un uomo di settantaquattro anni la morte può giungere in qualsiasi momento.