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Via via che procedevano, la traccia della Strega Bianca si faceva più forte, finché imboccarono una lunga valle sinuosa. Il nemico doveva essere vicino. Si sentiva infatti un rumore strano, che alla piccola Lucy diede semplicemente i brividi: grida feroci, urla e stridore di metallo contro altro metallo.

Quando uscirono dalla stretta valle, la piccola Lucy, che stava in groppa ad Aslan, vide Peter ed Edmund combattere contro l’orribile folla della notte precedente. Alla luce del sole le creature sembravano più orrende, deformi e diaboliche — oltre che più numerose — dei seguaci di Aslan impegnati al fianco dei due ragazzi.

Il campo di battaglia era fittamente punteggiato di statue: evidentemente la strega usava la bacchetta ogni volta che si trovava in pericolo. Ma in quel momento non poteva farlo perché Peter la teneva impegnata in un accanito corpo a corpo, lui con la spada, lei con il coltello di pietra. Combattevano con gesti precisi e veloci, manovrando le armi così in fretta che Lucy non capiva esattamente cosa stesse accadendo. Le pareva che fossero in gioco almeno tre spade e tre coltelli: una coppia d’armi sembrava ferma al centro della scena, le altre due guizzavano a destra e a sinistra così in fretta che gli occhi non riuscivano a seguirle. Dovunque volgesse lo sguardo, atterrita, Lucy vedeva cose terribili.

— Giù a terra, bambine — ordinò Aslan.

Susan e Lucy balzarono sull’erba.

Con un ruggito che scosse il paese di Narnia da un capo all’altro (dal lampione a ovest alla riva del mare a est), Aslan piombò sulla Strega Bianca. Per una frazione di secondo Lucy vide la regina fissare il leone con una faccia bianca di terrore e meraviglia: adesso i due avversari erano rotolati a terra, ma la strega era sotto le zampe di Aslan.

Nel frattempo, lo strano esercito degli alleati piombava sulle linee nemiche. I nani combattevano con le asce da taglialegna, i cani con i denti, i centauri con le spade e gli zoccoli, gli unicorni con il lungo corno acuminato. Il gigante Fracassone, infine, si batteva con la clava (oltre a calpestare tutti quelli che gli capitavano tra i piedi). L’armata guidata da Peter, che già dava segni di stanchezza, si rianimò subito, e acclamando i nuovi venuti riprese a combattere con più ardore di prima. I nemici cominciarono a indietreggiare e ben presto la boscaglia riecheggiò per lo strepito di un nuovo assalto.

17

La caccia al cervo bianco

La battaglia ebbe termine in breve tempo; durante la prima carica di Aslan e compagni era stata uccisa la maggior parte dei nemici. I sopravvissuti, vedendo che la Strega Bianca era morta, si arresero o si diedero alla fuga.

Lucy, quando tutto fu finito, si avvicinò ad Aslan e a Peter che stavano in mezzo al campo di battaglia e si congratulavano a vicenda. Peter le sembrò molto cambiato: il suo viso, pallido e grave, aveva un’espressione più matura.

— È tutto merito di Edmund — diceva Peter al leone. — Se non ci fosse stato lui, saremmo già sconfitti. La Strega Bianca stava trasformando tutti in statue e agitava la bacchetta a destra e a sinistra; quando Edmund è riuscito a farsi strada tra due orchi, quella malvagia stava per ridurre in pietra i tuoi leopardi. Ma Edmund non si è lasciato impaurire e ha avuto l’accortezza di non assalirla direttamente: ha calato un gran fendente sulla bacchetta magica, mandandola in pezzi. Non ha commesso l’errore degli altri, e infatti, quando la strega si è ritrovata senza bacchetta magica, noi abbiamo cominciato a ottenere qualche successo. Purtroppo eravamo già molto stanchi e decimati nel numero. Edmund è gravemente ferito, andiamo da lui.

Lo trovarono nelle retrovie, affidato alle cure della signora Castoro. Era letteralmente coperto di sangue e in stato di incoscienza, con il viso di un brutto colore verdognolo. Le labbra socchiuse, respirava a fatica.

— Presto, Lucy, il cordiale — gridò Aslan.

Allora, per la prima volta, Lucy si ricordò della preziosa bottiglietta regalatale da Babbo Natale. Le mani le tremavano talmente che in un primo momento non riuscì a togliere il tappo; quando infine ci riuscì, si chinò su Edmund, gli versò qualche goccia di cordiale tra le labbra e stette a guardare l’espressione del fratello.

— Ci sono altri feriti, Lucy — l’ammoni Aslan.

— Sì, lo so — rispose Lucy brusca. — Aspetta un po’…

— Figlia di Eva! — esclamò Aslan con voce grave. — Dovranno morire altre creature, a causa di Edmund?

— Oh, scusami, Aslan — mormorò Lucy.

E si affrettò a seguire il leone che andava in soccorso degli altri sofferenti.

Per una buona mezz’ora furono tutti e due occupatissimi: lei a curare i feriti, lui a ridare la vita alle statue di pietra. Quando Lucy fu libera di tornare da Edmund, lo trovò in piedi: non solo era guarito dalle ferite, ma sembrava più che mai in buona salute. Inoltre aveva un’aria dolce e serena, da persona buona. Da quanto tempo non lo vedeva così! Eccolo tornato il bravo Edmund di una volta, che ti guardava dritto negli occhi… e Aslan decise di farlo cavaliere seduta stante.

— Edmund sa quello che Aslan ha fatto per lui? — chiese a bassa voce Lucy, rivolgendosi a Susan. — Sa qual era l’accordo con la strega?

— No, certo — mormorò Susan di rimando.

— Eppure, sono convinta che bisognerebbe dirglielo — insistette Lucy.

Poi qualcuno venne a interrompere il discorso e la cosa restò in sospeso. Quella notte si accamparono dove già si trovavano. Verso le otto Aslan procurò cibo per tutti (non so dirvi come abbia fatto, ma certo è che si trovarono seduti nell’erba con una bella cenetta: non mancava neppure il tè caldo…). Il giorno dopo si misero in marcia verso est, diretti al mare, e quello successivo arrivarono alla foce del Grande Fiume. Sugli scogli si ergeva il castello di Cair Paravel; a destra e a sinistra una grande distesa di sabbia fine, disseminata di piccole rocce, pozze di acqua salsa e lunghe strisce di alghe, e poi, fino all’orizzonte estremo, chilometri e chilometri di onde verdeazzurre che si frangevano sulla spiaggia.

Quella sera, dopo il tè, i ragazzi scesero sulla spiaggia a piedi nudi, per la gioia di sentire la sabbia fine tra le dita mentre correvano scalzi. Ma il giorno successivo fu dedicato a cerimonie solenni. Nella grande sala di Cair Paravel, un ambiente immenso con il soffitto d’avorio, la parete ovest tappezzata di piume di pavone e quella est aperta sul mare, Aslan li incoronò e li fece sedere sui quattro troni a loro destinati. Squillarono le trombe; gli amici acclamarono a lungo e a gran voce, gridando: — Evviva re Peter! Evviva la regina Susan! Evviva re Edmund! Evviva la regina Lucy!

— Quando si è re e regine a Narnia, si è re e regine per sempre — disse Aslan al momento dell’incoronazione. — Siatene degni, figli di Adamo. Siatene degne, figlie di Eva.

I nuovi sovrani, seduti sul trono e con lo scettro in mano, decretarono grandi ricompense e onori per i loro amici: dal fauno Tumnus ai coniugi Castoro, dal gigante Fracassone ai due leopardi, dai coraggiosi centauri ai nani buoni e al giovane leone. Quella sera a Cair Paravel ci fu festa grande: dopo il banchetto vennero le danze e i fuochi artificiali; il vino scorreva a fiumi e la musica non aveva sosta. Nel mezzo della baldoria, Aslan se ne andò tranquillamente. Quando i nuovi sovrani si accorsero della sua mancanza non si meravigliarono, perché il signor Castoro li aveva già avvertiti da tempo: — Va e viene all’improvviso. Un giorno c’è e il giorno dopo non c’è più. Arriva e parte quando meno te l’aspetti. È vero che deve badare anche ad altri paesi, ma il fatto è che non gli piace sentirsi legato a un posto e non bisogna fargli pressione perché resti o perché torni. Vuole sentirsi libero. Non è un leone addomesticato, lui.