— Va bene — esclamarono insieme Susan e Lucy.
— Ah, se almeno sapessimo dove hanno portato quel povero fauno — mormorò Peter con un gesto di rammarico.
I quattro ragazzi erano ancora a pochi passi dalla caverna del signor Tumnus, chiedendosi da che parte andare, quando Lucy gridò: — Guardate là, c’è un pettirosso. È il primo uccellino che vedo nel bosco. — Così dicendo, la piccola Lucy fece un passo verso il pettirosso che si chinò sul ramo a guardarla attentamente. — Per favore, bel pettirosso, puoi dirmi dov’è la prigione del fauno Tumnus? — chiese la piccola.
L’uccellino aspettò che finisse di parlare e volò via, ma solo per fermarsi su un ramo dell’albero più in là. E di nuovo stette a guardare i quattro ragazzi come se avesse capito quello che volevano da lui. Quasi senza accorgersene, tutti e quattro gli andarono vicino e il pettirosso si spostò di un altro albero o due, sempre fermandosi a guardarli con gli occhietti lucenti (nessuno ha mai visto un pettirosso con il petto così rosso e gli occhietti così vivaci).
— Vedete? — gridò Lucy. — Credo davvero che ci stia dicendo di andargli dietro.
— Lo credo anch’io — aggiunse Susan. — E tu, Peter?
— Sembrerebbe di sì — rispose Peter. — Proviamo, via.
Il pettirosso sembrò in certo qual modo rassicurato da quei discorsi. Riprese a spostarsi con brevi voli da un albero all’altro, voltandosi di tanto in tanto per vedere se i ragazzi lo seguivano. E così arrivarono al pendio di una collinetta. Il cielo si era schiarito ed era apparso un pallido sole invernale, che tuttavia bastava a far brillare la neve e i ghiaccioli sugli alberi: il bosco intero splendeva.
Camminavano già da una mezz’oretta quando Edmund si rivolse a Peter, dicendo: — Se la smetti di fare il sostenuto con me e di darti tutte quelle arie, avrei da dirti qualcosa che dovresti prendere in considerazione.
— Cosa? — domandò Peter.
— Ssst. Parliamo sottovoce — replicò subito Edmund. — E lasciamo andare avanti le ragazze.
— Cosa devi dirmi? — chiese ancora Peter, bisbigliando.
— Ti rendi conto di quello che stiamo facendo? Seguiamo una guida sconosciuta. Quel pettirosso, voglio dire. Non sappiamo se stia dalla parte del fauno o della regina. E se ci attirasse in una trappola?
— Che brutto sospetto — osservò Peter. — I pettirossi sono uccellini buoni. Almeno così ho sempre sentito dire in tutte le favole. Sono certo che non può stare dalla parte dei cattivi.
— Già — esclamò Edmund. — Ammettiamo che il pettirosso vada, diciamo così, dalla parte "giusta": ci troveremo dal fauno o dalla regina? Sì, sì, dicono che la regina sia una strega, ma noi cosa ne sappiamo? Il malvagio potrebbe essere il fauno.
— Impossibile. Ha salvato Lucy.
— Lo ha detto lui — ribatté Edmund, trionfante. — Noi non sappiamo nulla. E ti dirò di più: ora non sappiamo neanche tornare a casa.
— Santo cielo — borbottò Peter. — È vero.
— E niente pranzo, oggi — concluse Edmund.
7
Un giorno fra i castori
Mentre i due ragazzi chiacchieravano sottovoce, Susan e Lucy erano andate un po’ avanti. Improvvisamente, si fermarono con un lungo oooh! di meraviglia e disappunto. Poi Lucy disse: — È volato via. Non c’è più.
Ed era così, infatti: il pettirosso era scomparso.
— E adesso? Cosa facciamo? — chiese Edmund, gettando a Peter un’occhiatina speciale come per dirgli: te l’avevo detto, io.
— Ssst. Guardate là — bisbigliò Susan.
— Cosa c’è? — domandò Peter.
— Qualcosa si muove tra gli alberi, laggiù a sinistra.
Tutti guardarono da quella parte, aguzzando gli occhi, ma non riuscirono a vedere nulla.
— Eccolo di nuovo — disse infine Susan.
— Stavolta l’ho visto anch’io — aggiunse Peter. — È ancora là, dietro quel grosso albero.
— Ma che cos’è? — domandò Lucy, cercando di non sembrare nervosa.
— Qualsiasi cosa o chiunque sia, si prende gioco di noi. Oppure non vuol farsi vedere…
— Torniamo a casa — propose Susan.
Allora si resero conto di quello che Edmund aveva fatto notare a Peter pochi momenti prima: avevano perso la strada per tornare al guardaroba.
— Ma cos’era? A cosa somigliava? — chiese Lucy, tornando a guardare tra gli alberi.
— Mah. Sembrava un animale, almeno così mi è parso — rispose Susan. E poi: — Guarda, presto. Eccolo di nuovo.
Stavolta riuscirono a vedere un musetto peloso, con due ciuffi di setole per baffi, che spuntava dietro un grosso albero. E stavolta la bestiola non si ritirò subito, ma restò un po’ a guardare i ragazzi, tenendo una zampa sulla bocca. Pareva uno che si metta il dito sulle labbra per raccomandare di stare zitti. I quattro ragazzi rimasero immobili, trattenendo il fiato, e la bestiola sparì.
Un attimo dopo, eccola di nuovo. Lo strano personaggio si guardò intorno, come per assicurarsi che non ci fossero spie in giro, bisbigliò — Ssst — e fece un cenno con la zampa: che si avvicinassero, dunque, e lo seguissero nel folto del bosco.
— Ho capito — disse Peter, mentre la creatura spariva nuovamente. — È un castoro. Ho visto la coda, l’ho riconosciuto.
— Vuole che andiamo con lui — mormorò Susan. — E ci raccomanda di non far rumore.
— Ho capito anche questo — ribatté Peter. — Ma il problema è un altro. Dobbiamo fidarci oppure no? Tu, Lucy, che ne dici?
— A me è sembrato un castoro molto carino e gentile.
— Già — commentò subito Edmund. — Ma come facciamo a esser sicuri che sia un castoro per bene?
— Perché non rischiare? — chiese Susan. — Voglio dire, qualsiasi cosa sarà meglio di star qui senza far niente e con la fame in corpo.
Proprio in quel momento il castoro mise fuori di nuovo il muso baffuto e ripeté i cenni di invito.
— Su, andiamo — disse Peter. — Ma cerchiamo di restare uniti, a scanso di brutte sorprese. Se viene fuori che il castoro è un nemico, sapremo difenderci. Caspita, siamo in quattro contro uno.
Così, i ragazzi si avvicinarono al grosso albero dietro il quale era scomparsa la loro guida e naturalmente la trovarono là che li aspettava. Tuttavia, quando li vide si tirò indietro, sussurrando con una strana vocetta gutturale: — Andate più avanti. Più in là, a destra. Non è bene restare dove ci possono vedere, non siamo al sicuro qui.
Solo quando li ebbe guidati in un posticino buio dove quattro grandi abeti crescevano così vicini l’uno all’altro che i rami formavano una cupola, e la terra bruna, coperta di aghi di pino, era ben visibile tra i piedi perché la neve non passava, il signor Castoro incominciò a parlare.
— Siete figlie di Eva e figli di Adamo, voi?
— Be’, in un certo senso — esclamò Peter.
— Ssst! — lo zittì immediatamente il signor Castoro. — Non a voce così alta, prego. Non siamo al sicuro neanche qui.
— Ma di chi ha paura? — chiese Peter. — Siamo soli.
— Ci sono gli alberi — bisbigliò il signor Castoro. — Ascoltano tutto quello che diciamo. Per lo più gli alberi sono dalla nostra parte, ma ce ne sono di quelli che parteggiano per "lei" e potrebbero tradirci. Sapete a chi alludo, vero?
— Già che parliamo di parteggiare per l’uno o per l’altro — intervenne brusco Edmund — chi ci assicura che tu sia nostro amico?
— Non vogliamo essere sgarbati, signor Castoro — aggiunse in fretta Peter. — Ma insomma, noi siamo stranieri qui. Lei capisce…
— Giusto, giusto — annuì il castoro facendo grandi cenni con la testa. — Giustissimo. Ecco il mio contrassegno. — E così dicendo levò in alto qualcosa di bianco che pareva, ed era, un pezzo di stoffa quadrata.