— Ma la Terra è loro. È il loro pianeta. Non pensi che sarebbe il caso di domandar loro che cosa ne pensano, prima di agire?
— Lisandro, tu parli senza pensare. A che cosa serve domandare il permesso di vivere lì finché non sappiamo se possiamo effettivamente viverci? No, Lisandro! Non spetta certo a te mettere in dubbio le decisioni dei Grandi Anziani in questo momento! Piuttosto, faresti meglio a spiegarmi il motivo per il quale hai attaccato quattro tuoi compagni di coorte e hai prelevato senza autorizzazione il velivolo sul quale ti trovi adesso!
— Oh? — ribatté Sandy tono interessato. — E come fai a sapere tutto questo, ChinTekki-tho?
— Come credi che lo sappia? — rispose aspro il Tutore Primario. — È da un’ora che continuano a ripetercelo! Non appena i tuoi compagni di coorte si sono ripresi dal tuo immondo attacco a sorpresa, hanno preteso che gli umani trasmettessero per loro. Mi trovo tutt’ora in contatto con loro, e ho parlato anche con alcuni umani. Anche loro vogliono che tu faccia ritorno immediatamente!
Sandy sbatté le palpebre. Non si era aspettato una reazione tanto rapida. — E perché non si sono messi in contatto con me direttamente?
— Perché non hai alcun tipo di ricevitore in grado di captare trasmissioni terrestri, sciocco Lisandro! — ruggì ChinTekki-tho. — Non mi vuoi credere? Aspetta allora, così potrai constatarlo con i tuoi stessi occhi.
Il Tutore Primario si spostò al di fuori del campo visivo della telecamera per snocciolare un rapido ordine in hakh’hli. Un attimo dopo, lo schermo di Sandy si divise orizzontalmente in due immagini separate. Nella parte di sopra vi era il volto furioso di ChinTekki-tho, mentre la parte di sotto era popolata da diverse figure, apparentemente altrettanto furiose. Boyle era accompagnato da altri due esseri umani, e al loro fianco vi erano Demetrio e Tania. Sembravano un po’ cambiati rispetto all’ultima volta che Sandy li aveva visti. Hamilton Boyle per esempio sembrava avere i capelli più corti, e il suo volto era parzialmente ricoperto da una vistosa fasciatura. Anche Demetrio era parzialmente fasciato, e la sua espressione era infuriata e risentita. — Hai messo in pericolo le nostre vite, Lisandro! — gridò accusandolo. — Se questo terrestre non fosse riuscito a togliermi da dietro i propulsori al momento giusto, avrei perso la mia vita inutilmente e prima del tempo!
— Mi dispiace di avervi bruciacchiati — disse Sandy con tono cortese — ma vedo con piacere che siete tutti sopravvissuti.
— Non certo grazie a te, Lisandro — intervenne Hamilton Boyle. — Torna immediatamente indietro!
— Mi dispiace — ribatté Lisandro — ma non ho carburante a sufficienza. E nemmeno il desiderio di tornare, se è per questo.
— Allora avvicinati semplicemente e pacificamente alla nostra nave, Lisandro — intervenne nuovamente ChinTekki-tho con tono di supplica. — Ti accetteremo senza recarti alcun danno!
— Col cavolo! — gridò Boyle. — Volete solo prendere in ostaggio il tenente Darp!
— Gli hakh’hli non prendono “ostaggi”! — ruggì ChinTekki-tho. — Siete voi piuttosto che tenete prigionieri quattro dei nostri! Noi non siamo creature guerrafondaie e violente come voi terrestri!
— Non siamo né guerrafondai né violenti! — replicò Boyle. Fece per continuare, ma a quel punto Sandy intervenne nella discussione.
— Boyle — disse. — Avete per caso riferito a ChinTekki-tho ciò che voi docili e pacifici umani avete fatto a Polly?
Boyle rimase impietrito per un attimo. Infine rivolse uno sguardo agli hakh’hli che erano al suo fianco. — Polly sta benissimo — disse.
— No — lo corresse Sandy. — Non sta affatto bene. Non hai idea del male che le avete fatto, Boyle.
Nell’altra metà dello schermo, ChinTekki-tho assunse un’espressione scandalizzata. — Se voi terrestri avete osato fare del male a un hakh’hli…
— Silenzio, per favore — lo interruppe Sandy con decisione. — Non si può assolutamente dire che Ippolita stia bene al momento, ma si riprenderà certamente. Ma adesso statevene un po’ zitti che vi dico ciò che dovete fare. Innanzitutto… oh, diavolo! — Il vociare irato proveniente dallo schermo era talmente confuso e forte che Sandy spense l’audio.
— Ecco — disse con calma nell’improvviso silenzio. — Ora voi mi potete sentire, ma io non vi sento più, quindi tanto vale che chiudiate quelle vostre boccacce. Dunque, ho riflettuto un po’. Innanzitutto, voi hakh’hli non potete avere alcuna parte del pianeta Terra, perché i terrestri non vi vogliono. D’altra parte, voi umani non potete mandare via gli hakh’hli dal vostro sistema solare, perché gli hakh’hli non possono permettersi di andarsene. Di conseguenza, la risposta logica al problema è una sola. Dovete trovare un compromesso.
Si appoggiò allo schienale, annuendo con espressione seria mentre osservava le facce sullo schermo. Almeno adesso erano in silenzio, anche se le espressioni dei volti degli umani e il continuo rigirarsi i pollici di ChinTekki-tho indicavano chiaramente che la loro ira non si era ancora placata.
— Che tipo di compromesso, Lisandro? — domandò timidamente Marguery Darp alle sue spalle.
— Per come la vedo io — continuò Sandy — c’è un solo modo. Date agli hakh’hli un altro pianeta. Marte.
— Si girò verso Marguery e le rivolse uno sguardo compiaciuto. — Hai visto com’è facile? — concluse.
Marguery si alzò in piedi e gli si avvicinò, guardandolo dall’alto in basso. Sandy le restituì lo sguardo, imperturbabile.
— Dici sul serio? — gli domandò. Sandy annuì con convinzione. — Ma nessuno può vivere su Marte! — obiettò.
— Sì che si può — ribatté Sandy, parlando sia per lei sia per gli altri che ascoltavano via radio. — È solo una questione di energia. Se gli hakh’hli sono in grado di inviare energia sotto forma di microonde sulla Terra, possono benissimo fare la stessa cosa anche su Marte. Potrebbero parcheggiare la grande nave nell’orbita marziana e dare inizio poi a una nuova colonizzazione.
— Ma… E se non volessero farlo?
— La fiducia deve pur iniziare da qualche parte, Marguery — rispose Sandy in tono serio. — E poi potremmo sempre organizzare uno scambio di osservatori. Di ostaggi, se preferisci. Mettiamo un centinaio di umani sulla nave hakh’hli, o su Marte quando avrà inizio la colonizzazione, mentre un centinaio di hakh’hli rimarranno sulla Terra. Questi potranno avere il ruolo di ciò che voi chiamate “ambasciatori”, e si potranno rendere conto immediatamente se una delle due parti sta imbrogliando o meno. Sì — disse infine con un cenno di assenso del capo. — Ci ho riflettuto attentamente, e sono sicuro che funzionerebbe. Certo, ci vorrà un po’ di tempo. Una cinquantina d’anni, magari, prima che ripuliamo completamente la Terra e stabiliamo una colonia su Marte. Ma così almeno le cose miglioreranno, capisci? Ogni anno la situazione sarà sempre migliore, invece che sempre peggiore. — Si protese verso Marguery con un sorriso, rifilandole un rapido bacio sulle labbra. Poi tornò a rivolgersi verso la console.
— E ora — disse con un sospiro mentre girava nuovamente il cursore del volume — sentiamo che cosa ne pensano i nostri amici.
ChinTekki-tho fu il primo a parlare. — John William Washington! — sbottò. — Chi sei tu per dare ordini ai Grandi Anziani? Sai benissimo che non cederanno mai alla forza! Tu ci stai chiedendo di ingoiare la nostra stessa saliva!
— Lisandro, non spetta certo a te prendere una decisione simile! — intervenne con rabbia Hamilton Boyle, — Scordatelo! Gli hakh’hli hanno già dato prova di non essere degni della nostra fiducia!
— Sono i terrestri che hanno mentito spudoratamente! — ribatté ChinTekki-tho.