Morgon cercò di trasformare in voce il suo fiato. Ma il suono con cui aveva tentato di farsi udire fu solo un ansito che gli si strozzò in gola; allora afferrò la coppa che aveva ricostruito con tanta pazienza e la sbatté sul tavolo mandandola in pezzi. Questo gli ottenne l’attenzione dei presenti, ma sebbene essi lo fissassero con stupefatta sorpresa egli non riuscì ad emettere verbo. Sedette di nuovo, angosciato, portandosi le mani alla gola.
Astrin fece un passo verso di lui. Si fermò. Guardò Rork. — Egli non può cavalcare da qui a Caerweddin; la sua ferita non è ancora ben guarita. Rork, voi certo non crederete… l’ho trovato gettato sulla spiaggia, senza nome, senza voce… Non potete credere che sia stato io a ferirlo!
— Non lo credo, infatti — disse Rork. — Ma chi è stato, allora?
— Lo stavo conducendo a Caithnard, per vedere se i Maestri lo avrebbero riconosciuto. Ma abbiamo incontrato due mercanti, e costoro hanno tentato di ucciderci entrambi. Nella lotta li ho colpiti a morte. Poco più tardi è giunto costui, quando avevo appena riportato qui il Principe di Hed senza sapere se sarebbe morto o vissuto. Potete biasimarmi se non mi sono mostrato ospitale?
Il mercante scostò il mantello e si passò una mano fra i capelli. — No, non posso biasimarvi — ammise. — Ma Signore, avreste dovuto ascoltarmi. Chi erano quei mercanti? Non c’è mai stato un mercante rinnegato negli ultimi cinquant’anni. Dovremo occuparcene. È cosa dannosa per i nostri affari.
— Non ho idea di chi fossero. Ho lasciato i loro corpi nella boscaglia, non molto addentro, come potrete constatare se andate dritti a sud verso la strada dei mercanti.
Rork fece un cenno a uno dei soldati. — Trovateli. Conducete con voi anche il mercante. — Quando gli uomini furono usciti si volse. — Meglio che prendiate le vostre cose. Ho portato due cavalli da sella e uno da carico per voi, da Umber.
— Rork! — Gli occhi bianchi di Astrin erano supplichevoli. — È proprio necessario? Vi ho detto quel che è successo; il Principe di Hed non può parlare ma può scrivere, ed egli mi è testimone dinnanzi a voi e all’arpista del Supremo. Io non ho nessuna voglia di rivedere Hereu, e non ho fatto nulla di cui debba rispondere a lui.
Rork sospirò. — L’avrò fatto io, se non vi porto con me. Metà degli Alti Nobili di Ymris riuniti a Caerweddin hanno udito di questa faccenda, e vogliono delle risposte precise. Voi avete occhi bianchi e capelli bianchi, frugate nelle antiche rovine e nei libri di magia, e nessuno vi ha visto in Caerweddin negli ultimi anni. Per quel che ne sa la gente, chi può escludere che voi siate impazzito ed abbiate fatto quello che il mercante ha detto di voi?
— Ma loro vi crederanno.
— Non necessariamente.
— Allora crederanno all’arpista del Supremo.
Rork sedette sullo sgabello e si passò le dita sugli occhi. — Astrin, per favore. Venite con noi a Caerweddin.
— A quale scopo?
Le spalle di Rork s’incurvarono. L’arpista del Supremo disse allora, con voce piatta: — Non è così semplice. Voi siete sotto accusa da parte del Supremo, e se decidete di non rispondere a Hereu Ymris dovrete rispondere dinnanzi al Supremo.
Astrin appoggiò con forza le mani sul tavolo, fra i cocci di cristallo. — Rispondere di cosa? — Fissò l’arpista con durezza. — Il Supremo deve aver saputo che il Principe di Hed era qui. Di cosa potrebbe ritenermi responsabile?
— Io non posso rispondervi per il Supremo. Posso soltanto darvi questo avvertimento, come sono stato incaricato di fare. La condanna per la disubbidienza è la morte.
Lo sguardo di Astrin si abbassò sui cocci fra le sue mani. Lentamente si sedette. Toccò Morgon su una spalla. — Il tuo nome è Morgon, dunque. — Si volse stancamente a Rork. — Dovrò imballare i miei libri; volete darmi una mano?
I soldati e il mercante fecero ritorno un’ora dopo. Il mercante, col volto contratto da una cupa perplessità, rispose in modo molto vago alle domande di Rork.
— Li avete riconosciuti, almeno?
— Uno di loro, sì. O così credo. Ma…
— Conoscete il suo nome? Potreste testimoniare sulla sua onestà?
— Ebbene, sì. Suppongo. Ma… — Scosse la testa, con sguardo stranito. Non era ancora smontato da cavallo, quasi che non volesse restare più a lungo del necessario in quel desolato e selvaggio angolo di Ymris. Rork gli volse le spalle, mosso da un’identica impazienza.
— Andiamo. Dobbiamo essere a Umber prima del buio. E… — Alzò gli occhi al cielo, mentre le prime gocce di pioggia gli cadevano sul volto. — Non sarà una cavalcata riposante, da qui a Caerweddin.
Xel, troppo selvatico per poter vivere a Caerweddin, restò accovacciato sulla soglia mentre essi si allontanavano, fissandoli curiosamente. Il gruppo cavalcò in direzione est attraverso la piana, mentre le nuvole si scurivano sulle macerie dell’antica città ed il vento, come un invisibile esercito che passasse sulla terra, schiacciava le erbe al suolo. Miracolosamente il cielo trattenne la pioggia fino al pomeriggio, quando essi attraversarono il fiume che chiudeva a settentrione la Piana del Vento. Da lì presero la strada che tagliava le aspre colline ed i boschi di sempreverdi fino alla dimora di Rork, in Umber.
Trascorsero la notte lì, nella grande magione costruita con le pietre rosse e marroni delle colline, nel cui vasto salone sembravano essersi riuniti improvvisamente tutti i nobili minori di Umber. Morgon, che conosceva soltanto il silenzio della casupola di Astrin, si sentiva a disagio fra uomini le cui voci risuonavano come le onde del mare parlando della guerra, e fra donne che lo trattavano con sorprendente e sofisticata cortesia, parlandogli di terre che egli non conosceva affatto. Solo il volto un po’ fosco di Astrin, l’unico che gli era familiare fra quella strana gente, servì a rassicurarlo; e l’arpista del Supremo, suonando al termine della cena, fece echeggiare fra le pareti di pietra rossa una scala di note che gli ricordò la quieta voce della brezza marina. Quella notte, da solo in una camera più larga dell’intera casupola di Astrin, giacque a lungo incapace di addormentarsi, ascoltando il vento che soffiava monotono, brancolando ciecamente intorno al suo nome.
Lasciarono Umber all’alba, addentrandosi a cavallo in una nebbia mattutina che avvolgeva di umide spire i rami neri e spogli dei frutteti. La nebbia lasciò il posto a una fredda pioggia che ticchettò sui loro cappucci per tutta la lunga strada da Umber a Caerweddin. Morgon, che stava aggobbito sulla sella, sentì l’umidità addensarglisi sulle ossa come una muffa. La sopportò seccato, vagamente conscio del turbamento di Astrin, mentre qualcosa sembrava volergli trascinare fra i pensieri frammenti incomprensibili di ricordi, lottando con la tenebra della sua ignoranza. Ad un tratto, scosso da un violento colpo di tosse, sentì la ferita ancora semiaperta dilaniargli il fianco come un ferro rovente, e con uno strattone alle redini rallentò l’animale. L’arpista del Supremo allungò una mano a stringergli una spalla. Fissando il suo volto austero e calmo Morgon trattenne bruscamente il respiro, ma quel momentaneo e strano ritorno di memoria si estinse e svanì. Astrin, che cavalcava dietro di loro con faccia rigida e scostante, disse: — Siamo quasi arrivati.
L’antica dimora dei Re di Ymris sorgeva sul mare, alla foce del fiume Thul, che da uno dei sette laghi di Lungold scorreva a oriente attraverso Ymris. Le navi dei mercanti erano ancorate a decine nelle acque profonde del bacino; una flotta di vascelli dalle vele dorate e scarlatte di Ymris sostava alla foce del fiume, come uno stormo di uccelli multicolori. Mentre cavalcavano sul ponte, un messaggero che stava uscendo nel vederli fece dietro front, e rientrò in gran fretta nel portone di una cerchia di mura massicce e irregolari. Al di là di essa, sopra un’altura, c’era il palazzo che Galil Ymris aveva edificato, la cui orgogliosa facciata e le ali e le torri si ornavano di bellissimi mosaici policromi, fatti con le brillanti pietre dei Signori della Terra.