— Non lo erano — si azzardò ad affermare il mercante che era venuto con loro, accigliato. E Morgon intervenne improvvisamente: — Aspettate! Ora ricordo. L’uomo coi capelli rossi… quello che ci ha rivolto la parola. Era sulla nave.
Hereu lo guardò, perplesso. — Non capisco. — Astrin si volse al mercante.
— Tu lo conoscevi.
Il mercante annuì. Nella luce del fuoco appariva pallido, a disagio. — Lo conoscevo. Ho ripensato notte e giorno alla faccia di quel cadavere che ho visto là nella boscaglia, e ho detto a me stesso che la rigidità della morte forse mi confondeva. Ma non posso ingannarmi. Lo stesso incisivo mancante, la stessa cicatrice, che si fece quando un canapo spezzato lo frustò sulla faccia… era Jarl Aker, di Osterland.
— Perché avrebbe dovuto aggredire il Principe di Hed? — chiese Hereu.
— Già, non avrebbe dovuto. E non lo ha fatto. È morto due anni fa.
Hereu sbottò: — Questo non è possibile.
— È possibile — ringhiò Astrin. Tacque, lottando coi propri umori, mentre Hereu non gli toglieva gli occhi di dosso. — I ribelli di Meroc Tor non sono i soli individui che hanno preso le armi in Ymris.
— Che intendi dire?
Astrin gettò un’occhiata alle facce curiose di quanti s’erano radunati nel salone. — Preferisco parlartene privatamente. A questo modo, se tu non… — S’interruppe di colpo. Una giovane donna s’era silenziosamente accostata a Hereu. I suoi occhi scuri, riservati, percorsero il gruppetto dei nuovi venuti, indugiarono un poco sul volto di Morgon, quindi si volsero ad Astrin.
Inarcando le sopracciglia, con voce morbida nel lieve crepitio del fuoco, disse: — Astrin, sono felice che tu sia tornato. Ora rimarrai?
Con le mani poggiate sui fianchi Astrin incollò lo sguardo sul volto di Hereu. Fra loro ci fu un breve ma teso scambio di parole inespresse. Il Re di Ymris, pur senza muoversi, parve scivolare maggiormente accanto alla donna.
— Mia cara, questi è Morgon, Principe di Hed. — Hereu si volse a lui. — Vi presento la mia sposa, Eriel.
Morgon le rivolse l’inchino che si usava fra sovrani. — Onorato di conoscervi, signora.
— Voi non rassomigliate affatto a vostro padre — commentò ella, incuriosita. Poi il suo volto s’imporporò. — Mi dispiace… non riflettevo.
— Prego, non siate imbarazzata — disse con gentilezza Morgon. I riflessi del fuoco percorrevano come lievi ali di luce e ombra il volto di lei, incorniciato dai capelli corvini. Le sue sopracciglia s’innalzarono ancora, con viva preoccupazione.
— Ma voi non state bene! Hereu…
Il Re di Ymris si riscosse. — Scusatemi. Tutti voi avete bisogno di abiti asciutti e di cibo; il viaggio a cavallo è stato duro. Astrin, rimarrai qui? La sola cosa che ti chiedo è che, se mai vorrai riparlare di quella questione che vi fu fra noi cinque anni fa, tu mi fornisca una prova definitiva e irrefutabile. Sei stato assente da Caerweddin fin troppo; ora non c’è nessuno che mi sia necessario più di te.
Astrin chinò il capo. Fra i polsini lisi della tunica le sue mani erano ancora strette a pugno. Mormorò: — Sì.
Un’ora più tardi Morgon, lavato e ripulito, coi capelli ritoccati dalle abili cesoie del barbiere di corte e lo stomaco pieno di cibo caldo, controllò la morbidezza del letto coperto da una trapunta pelosa nella camera che gli era stata assegnata e vi si distese senza spogliarsi. Gli parve poi che fossero trascorsi appena pochi momenti, quando alla porta ci fu un lieve bussare; si alzò a sedere, sbattendo le palpebre. La stanza, eccetto per i riflessi del fuoco semispento, era buia. I muri di pietra sembrarono vacillare, ondeggiare e tornare fermi a stento intorno a lui quando si alzò in piedi. Si accorse che non riusciva a individuare la porta. Considerò il problema; mormorò l’interpretazione di uno degli antichi enigmi di An:
— Guarda con il cuore ciò che i tuoi occhi non vedono, e troverai la porta che non c’è.
La porta si spalancò improvvisamente proprio davanti a lui, lasciando entrare la luce del corridoio. — Morgon!
La torcia esterna gettava strane ombre sul volto e sui capelli argentei dell’arpista. Con un torbido senso di sollievo Morgon disse: — Deth. Non riuscivo a trovare la porta. Per un momento ho creduto d’essere ancora nella terra di Peven. O nella torre che Oen di An costruì per imprigionare Madir. Stavo giusto rammentando che ho promesso a Snog Nutt di fargli riparare il tetto, prima che comincino le piogge. È un tale semplicione che non penserà di parlarne a Eliard; se ne starà seduto in casa tutto l’inverno con la pioggia che gli gocciola giù per il collo.
L’arpista gli poggiò una mano su un braccio. Era accigliato. — Sei malato?
— Non credo, no. Grim Oakland è convinto che dovrei assumere un altro guardiano dei porci, ma Snug si sentirebbe inutile fino a morirne se gli togliessi i suoi maiali. Farei meglio a tornare a casa e ad aggiustare quel tetto. — Ebbe un sussulto quando un’ombra si stagliò sulla soglia.
Astrin, quasi irriconoscibile nella corta e aderente tunica che indossava e coi capelli tagliati più corti, si rivolse bruscamente a Deth. — Devo parlarvi. A tutti e due. Per favore. — Andò a prendere una delle torce del corridoio; le ombre si dileguarono dalla stanza o si acquattarono negli angoli fra i mobili.
Astrin chiuse la porta dietro di sé e fissò Morgon. — Tu dovresti andartene da questa casa.
Morgon sedette sulla cassapanca degli abiti. — Lo so. Lo stavo giusto dicendo a Deth. — D’un tratto si accorse di tremare, incontrollabilmente, e si accostò al fuoco che Deth stava ravvivando.
Andando su e giù per la camera come Xel, Astrin domandò a Deth: — Hereu vi ha detto perché noi litigammo cinque anni fa?
— No. Astrin…
— Per favore. Ascoltatemi. So bene che voi non potete far niente, non potete aiutarmi, però almeno potete starmi a sentire. Io abbandonai Caerweddin il giorno in cui Hereu sposò Eriel.
Un’immagine del volto riservato di lei, su cui le fiamme gettavano ombre cangianti, balenò alla mente di Morgon. — Anche tu eri innamorato di lei?
— Eriel Meremont è morta cinque anni fa a Pian Bocca di Re.
Morgon chiuse gli occhi. L’arpista, inginocchiato davanti al caminetto con le mani piene di legna, era così immobile che i riflessi di luce sulla sua lunga collana non tremolavano neppure. La sua voce suonò pacata come sempre: — Ne avete le prove?
— Naturalmente no. Se avessi una sola prova, credete che la donna che si fa chiamare Eriel Meremont sarebbe ancora sposata a Hereu?
— E allora chi è la moglie di Hereu?
— Non lo so. — Astrin si gettò a sedere accanto al fuoco. — Il giorno prima delle nozze io feci una passeggiata a cavallo con Eriel fino a Pian Bocca di Re. Era stanca per i preparativi, voleva qualche ora di tranquillità, e mi chiese di andare con lei. Eravamo sempre stati molto vicini; ci eravamo conosciuti da bambini, ma fra noi non c’era niente di più che una profonda amicizia. Cavalcammo fino alla città in rovina che c’è sulla pianura, e là ci separammo. Lei andò a sedersi su uno dei tanti muretti diroccati presso la riva, e restò a guardare il mare, ed io mi avviai a piedi entro la città, domandandomi come sempre quali misteriose forze avessero scaraventato attorno quelle pietre come foglie sull’erba. A un certo punto, mentre passeggiavo, tutto divenne all’improvviso stranamente silenzioso: il mare, il vento. Guardai in alto. C’era un uccello bianco che volava su di me, stagliato contro il cielo azzurro. Era assai bello, e ricordo d’aver pensato che tanto silenzio doveva essere simile a quello che c’è nell’occhio dell’uragano. Poi sentii un’onda infrangersi in distanza, e il vento tornò a soffiare. Udii uno strano grido; pensai che lo avesse emesso l’uccello. E poco dopo vidi Eriel arrivare a cavallo e oltrepassarmi, senza voltarsi a gettarmi un’occhiata e senza dirmi una parola. Le gridai di aspettare ma lei non girò neanche la testa. Andai a riprendere il mio cavallo, e quando passai accanto alla grossa pietra su cui lei si era seduta vidi un uccello bianco che giaceva morto sopra di essa. Era ancora caldo, ancora sanguinante. Lo presi in mano, e d’un tratto un senso di lutto e di terrore s’impadronì di me al ricordo del silenzio, e di quel grido di uccello, e del fatto che Eriel se n’era andata senza guardarmi. Seppellii il volatile là. Fra le antiche pietre in riva al mare. Quella sera dissi a Hereu ciò che avevo visto. Finimmo per metterci a gridare l’uno contro l’altro, e io giurai che finché egli fosse rimasto sposato con quella donna non sarei mai più tornato a Caerweddin. Credo che Rork Umber sia il solo uomo a cui Hereu abbia detto la vera ragione per cui me ne andai. Non ne ha mai parlato a Eriel, ma lei deve sapere. Io cominciai a capire chi lei fosse in realtà soltanto quando vidi l’esercito che si riuniva, le navi che venivano costruite, le armi che di notte venivano scaricate là da Isig e da Anuin… Io ho visto, in piena notte, ciò che Meroc Tor non ha visto: una parte dell’esercito che lui stesso ha radunato, non è umana. E quella donna è una di questo popolo, potente e senza nome. — Fece una pausa. I suoi occhi si spostarono da Deth a Morgon. — Ho stabilito di restare a Caerweddin per una sola ragione: cercare qualcosa che provi cos’è lei in realtà. Io non so cosa tu sia, Morgon. Gli uomini che sono venuti nella mia casupola ti hanno dato questo nome, ma non ho mai sentito di un Principe di Hed che abbia vinto una gara di enigmi con in palio la morte, e che riesca a suonare un’antica arpa costruita soltanto per lui chissà quando, da qualcuno che ha inciso un segno del destino fra gli intarsi di quello strumento.