Stupito Morgon guardò l’arpista. Deth sospirò: — Sì. — Le sue dita scivolarono sulle corde in una scala di note lievi. Lyra si sfilò dalla spalla l’arpa di Morgon e la poggiò accanto a lui.
— Avrei voluto ridarvela prima. — Sedette, protendendo le mani sul fuoco. La luce calda ombreggiava il suo volto giovane, arrotondandolo; Morgon la studiò per un poco e poi borbottò: — Ti capita spesso di tendere agguati ai viandanti sul confine di Herun, per trascinarli in città?
— Io non ti sto trascinando — precisò lei, imperturbabile. — Hai scelto tu di venire. E tanto perché tu lo sappia… — Tirò un lungo respiro, con un lampo negli occhi. — Di solito, io guido i mercanti attraverso le paludi. I visitatori da altre terre sono rari e, quando arrivano, talora non sono al corrente del fatto che devono aspettarmi, e finiscono nelle sabbie mobili oppure si perdono. Inoltre io proteggo la Morgol quando viaggia oltre i confini di Herun, e m’incarico di ogni sua eventuale necessità. Sono stata addestrata all’uso del coltello, dell’arco e della lancia; e l’ultimo uomo che ha fatto lo sbaglio di sottovalutarmi è morto.
— Lo hai ucciso tu?
— Mi ha costretto a farlo. Intendeva derubare dei mercanti sotto la mia protezione, e quando l’ho avvertito di rinunciare mi ha ignorato, il che non è stato saggio. Era sul punto di tagliare la gola a uno dei mercanti, e io gli ho piantato la lancia in un fianco.
— Perché la Morgol ti lascia andare in giro sola, se ti capitano cose di questo genere?
— Faccio parte della Guardia, e ci si aspetta che io sappia badare a me stessa. E tu, perché vai in giro disarmato come un bambino nel reame del Supremo?
— Io ho l’arpa — le ricordò lui seccamente, ma ella scosse il capo.
— Non ti serve a niente, chiusa nella custodia. Puoi trovare ben altri avversari che me nelle terre di confine: predatori selvaggi che assaltano i mercanti in zone dove non c’è legge, esiliati… dovresti portare un’arma.
— Io sono un contadino, non un guerriero.
— Non c’è uomo nel reame del Supremo che oserebbe toccare Deth. Ma tu…
— Io posso cavarmela da solo. Grazie.
Lei inarcò un sopracciglio. Con voce dolce osservò: — Stavo soltanto cercando di offrirti il beneficio della mia esperienza. Senza dubbio Deth potrà prendersi cura di te se avrete dei guai.
L’arpista parlò senza smettere di suonare: — Il Principe di Hed è fin troppo esperto nell’arte della sopravvivenza… Hed è un’isola rinomata per la sua pace, un concetto spesso difficile da capire.
— Il Principe di Hed — replicò Lyra, — non è più in Hed!
Morgon le lanciò un’occhiata fredda, da oltre il fuoco. — Un animale non cambia pelle e i suoi istinti per il solo motivo che sta cambiando località.
La ragazza sbuffò a quell’affermazione. In tono blando propose: — Io potrei insegnarti a maneggiare una lancia. Non è difficile. E ti sarebbe utile. Con quel sasso hai avuto buona mira.
— Quell’arma era già la migliore che potessi usare. Se avessi avuto una lancia avrei potuto ammazzare qualcuno.
— Il suo uso è proprio questo, infatti.
Lui sospirò. — Cerca di vedere la cosa dal punto di vista di un contadino. Forse che tu falceresti il grano prima che sia maturo? O abbatteresti un albero pieno di pere ancora verdi? Nello stesso modo, perché dovresti spezzare nel pieno del suo sviluppo l’esistenza di un uomo, il lavoro della sua mente…
— I mercanti — disse Lyra, — non vengono sgozzati da un albero di pere.
— Non è questo il punto. Se tu prendi la vita di un uomo, egli non ha più niente. Puoi levargli la terra, il suo rango, i pensieri, il nome, ma se gli rubi la vita resta senza nulla. Non ha più speranza.
Lei lo ascoltava con una calma smentita dalle fiammelle che le brillavano negli occhi. — E se dovessi fare una scelta fra la tua vita e la sua, tu quale sceglieresti?
— La mia vita, naturalmente. — Poi ci ripensò e si accigliò un poco. — Almeno credo.
Lei sbuffò rumorosamente. — Questo è assurdo!
Morgon sorrise suo malgrado. — Suppongo di sì. Ma se mai io ammazzassi qualcuno, con che coraggio potrei poi dirlo a Eliard? O a Grim Oakland?
— Chi è Eliard? Chi è Grim Oakland?
— Grim è il mio sovrintendente. Eliard è mio fratello, il mio Erede.
— Oh, hai un fratello? Anche a me piacerebbe averne uno. Ma ho soltanto dei cugini, e la Guardia, che è come una famiglia di sorelle. Hai sorelle tu?
— Sì, una. Tristan.
— Che tipo è?
— Oh, è un tantino più giovane di te, bruna come te. Ti assomiglia un poco, salvo che non è altrettanto brava nell’irritarmi.
Con sua sorpresa, lei rise. — E io ci sono riuscita, vero? — Si alzò in piedi con un unico movimento flessuoso. — Penso che la Morgol non si mostrerà molto compiaciuta di come ho agito con te. Ma tu non potevi pretendere una riverenza, dopo avermi presa a sassate.
— E come potrà venirne a conoscenza, la Morgol?
— Lei sa. — La ragazza rivolse loro un cenno col capo. — Grazie per la vostra musica, Deth. Buona notte. All’alba dovremo essere a cavallo.
Uscì dall’alone di luce rosata, svanendo nella notte così silenziosamente che i due uomini non riuscirono a udire neppure il suo scalpiccio. Morgon srotolò il suo giaciglio. La nebbia delle marcite era salita fino all’accampamento, e con quell’umidità il freddo tagliava come una lama di coltello. Mise un altro ramo sul fuoco e vi si distese il più vicino possibile. Ripensando poi alla loro breve conversazione non seppe trattenere un sogghigno un po’ amaro.
— Se questa mattina le fosse arrivata una lancia in corpo, invece di una sassata, difficilmente si sarebbe congratulata di vedermi girare armato. E vuol anche farmi lezione!
Il mattino successivo poté farsi un’idea di Herun, una terra non molto vasta cinta da catene di montagne, colma come una coppa delle foschie perlacee dell’alba. La nebbia mattutina si addensò a livello del suolo mentre avanzavano sui terreni pianeggianti, dai quali emergevano enormi spunzoni di roccia simili a bizzarre facce deformi. Depressioni erbose, alberi che oscillavano al minimo soffio di vento, e tratti fangosi che risucchiavano gli zoccoli dei cavalli arrivavano e sparivano alle loro spalle, nei banchi di nebbia. Di tanto in tanto Lyra si fermava, in attesa che dalla foschia sbucasse un punto di riferimento con cui controllare la loro posizione.
Morgon, abituato a territori tanto noti che per orizzontarvisi bastava un niente, cavalcò senza la minima preoccupazione finché Lyra, fermandosi per attenderlo un momento, gli disse: — Queste sono le Grandi Paludi di Herun. La città di Corona è dall’altra parte. La sola via attraverso queste sabbie mobili è un dono della Morgol, che pochi conoscono. Perciò, se tu dovessi entrare o uscire da Herun in fretta, passa per le montagne settentrionali e non da questa parte. Molta gente incauta è scomparsa qui senza lasciar traccia.
Morgon osservò con interesse assai maggiore il terreno su cui il cavallo procedeva. — Grazie per avermelo detto.
Ogni tanto i banchi di nebbia si spostavano del tutto, rivelando un cielo azzurro e senza una nuvola, sotto cui la verde pianura umida prendeva improvvisamente vita. Case coloniche e piccoli villaggi sorgevano sulle rare alture del territorio, spesso affastellati ai piedi di picchi granitici isolati come immensi denti sporgenti dal suolo. Quando l’aria si schiarì fu visibile in distanza una strada che biancheggiava in numerose curve sul terreno ondulato. Poi sotto le montagne indistinte che chiudevano l’orizzonte apparve una chiazza violacea. Da un’altura furono in grado di vederla meglio: era una città i cui edifici apparivano geometricamente allineati in numerosi cerchi concentrici, tutti costruiti in pietra rossa, come altrettante sentinelle disposte intorno a un grande palazzo centrale, nero e di forma ovale. Mentre si avvicinavano poterono poi scorgere il fiume, che sgorgava da sorgenti poste nelle montagne settentrionali e scintillava azzurro sulla piana, tagliando in due il grande centro abitato.