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— Credo che sia possibile. Da ciò che ho saputo oggi da Deth sul vostro conto, penso che sia abbastanza probabile.

— Ma perché? Per quale scopo avrebbe fatto questo?

— Io non lo so. Tuttavia — continuò lei sottovoce, — supponete di esser stato un mago dalle capacità ancora incolte, attirato a Lungold dai poteri di Ohm e dalla sua promessa di una grande abilità ed esperienza. Voi mettereste il vostro nome nella sua mente; confidando nelle sue capacità, fidando del tutto nei suoi insegnamenti, fareste senza troppe domande qualunque cosa vi chiedesse, ed in cambio egli incanalerebbe le vostre energie in poteri che non avete mai sognato di avere. E poi supponete di scoprire un bel giorno che questo mago, la cui mente controlla la vostra così abilmente, sia falso nei suoi insegnamenti, falso con voi, falso con tutti, studiosi, contadini e Re che aveva servito. Cosa fareste se scopriste che egli ha progetti pericolosi e terribili scopi, per voi fin’allora inimmaginabili, e che la vera base dei suoi insegnamenti è una menzogna? Cosa fareste?

In silenzio Morgon fissò le sue mani, poggiate sul tavolo e chiuse a pugno, come se appartenessero a qualcun altro. — Ohm! — sussurrò. Ebbe una smorfia. — Vorrei che fosse possibile fuggire via, in un posto dove nessuno, uomo o mago, potesse trovarmi. E allora forse potrei cominciare a pensare.

— Io vorrei ucciderlo — disse Lyra sottovoce. Morgon allargò le mani.

— Vorresti? E con cosa? Svanirebbe come una nebbia prima che la tua lancia potesse sfiorarlo. Non si possono risolvere gli enigmi ammazzando la gente.

— Allora, se il Maestro Ohm è Ghisteslwchlohm, cosa pensi di fare nei suoi confronti? Devi pur fare qualcosa.

— Perché io? Di lui può occuparsene il Supremo… e il fatto che non se ne sia occupato è una buona prova che il Maestro Ohm non è il Fondatore di Lungold.

Deth sollevò la testa. — Ricordo che hai usato la stessa argomentazione a Caerweddin.

Morgon sospirò. Riluttante ammise: — Suppongo che tu abbia ragione, ma non riesco a crederlo. Non posso credere che Ohm, o Ghisteslwchlohm, sia un demonio, sebbene questo possa spiegare la strana e improvvisa scomparsa dei maghi, e i racconti sulla violenza di quell’avvenimento. Ma Ohm… io ho vissuto con lui per tre anni. E mi ha sempre trattato con grande gentilezza. Questo non ha senso.

La Morgol lo fissò pensosamente. — Non lo ha, no. Tutto questo mi ricorda un enigma di An, credo. L’uomo chiamato Re, di Aum.

— Chi era Re di Aum? — chiese Lyra, e la Morgol, vedendo che Morgon taceva, rispose con calma: — Un tempo Re di Aum offese il Nobile di Hel, e poi s’impauri, tanto che volle costruire una grande muraglia intorno alla sua casa per timore della vendetta. Egli ne incaricò uno straniero il quale gli promise di edificare una muraglia che nessuno avrebbe potuto distruggere o scalare, se non con la forza della magia. La muraglia fu costruita, lo straniero ebbe il suo compenso, e infine Re si sentì al sicuro. Un giorno, quando si fu convinto che il Nobile di Hel aveva rinunciato ai propositi di vendetta, decise di uscire di casa per avventurarsi fuori dalle sue proprietà. Raggiunse dunque la muraglia e ne fece il giro tre volte, ma non trovò in essa una porta che gli consentisse di uscire. E solo allora cominciò a capire che era stato lo stesso Nobile di Hel a costruire la muraglia. — Fece una pausa. — Ho dimenticato l’interpretazione.

— Mai lasciare che uno straniero costruisca un muro intorno a te — disse Lyra d’intuito. — Dunque Ghisteslwchlohm ha costruito il suo muro d’ignoranza a Caithnard come fece a Lungold, ed è per questo che Morgon non ha mai saputo chi egli fosse. È troppo complicato per me. Io preferisco problemi che si possano risolvere con un colpo di lancia.

— Cosa sapete dirmi di Eriel? — cambiò discorso Morgon. — Deth vi ha parlato di lei?

— Sì — rispose la Morgol. — Ma questo, credo, è un problema del tutto diverso. Se Ohm avesse voluto uccidervi, avrebbe potuto farlo facilmente quando studiavate con lui. Egli non ha reagito alle stelle che avete in fronte nello stesso modo di… di quel popolo senza nome.

— Quella donna — disse Morgon, — ha un nome.

— Voi lo conoscete?

— No. Non ho mai sentito parlare di nessuno come lei. E il suo nome segreto mi spaventa, più di un uomo di cui io conosca il nome.

— Forse Ohm ha nascosto anche il nome di lei — disse Lyra. Si agitò, a disagio. — Morgon, dovresti lasciare che io ti insegni a difenderti. Diteglielo anche voi, Deth.

— Non tocca a me mettermi a discutere col principe di Hed — disse blandamente l’arpista.

— Questo pomeriggio avete addirittura litigato con lui.

— Non ho litigato affatto. Gli ho semplicemente fatto notare l’illogicità di un suo ragionamento.

— Ah! Ebbene, perché mai il Supremo non fa qualcosa? È compito suo. Sulle coste del suo reame c’è della strana gente, che ha tentato di uccidere il Principe di Hed… potremmo combatterli. Ymris ha un esercito; gli abitanti di An sono armati; da Kraal ad Anuin il Supremo potrebbe radunare un esercito. Non capisco perché non lo faccia.

— Osterland sa difendersi — disse Morgon. — E così Ymris, Anuin, e perfino Caithnard, ma quella gente potrebbe passare su Hed come un’onda di marea, spazzandola via in un giorno. Ci dev’essere un modo migliore per affrontarli.

— Arma la tua isola!

Morgon riabbassò di scatto il boccale sul tavolo. — Hed?

— Perché no? Credo che dovresti almeno metterli in allarme.

— E come? I pescatori di Tol vanno fuori ogni giorno, e la sola cosa che abbiano mai trovato nel mare è il pesce. Non sono neanche sicuro che i contadini di Hed credano che esista qualcosa al mondo, all’infuori di Hed e del Supremo. Di tutti e sei i regni, Hed è l’unico in cui i maghi non abbiano mai prestato servizio… là non c’era niente da fare per loro. Una volta il mago Talies visitò l’isola e disse che era inabitabile: era senza una storia, senza una sua poesia, e del tutto priva d’interesse. La pace di Hed è passata, come il governo della terra, da sovrano a sovrano; è legata alla terra dell’isola, ed è compito del supremo, non mio, rompere questa situazione di pace.

— Ma… — lo interruppe testardamente Lyra.

— Se mai io tornassi armato a Hed, e dicessi alla gente di armarsi, mi seguirebbero come se io fossi uno straniero… e questo sarei: uno straniero nella mia stessa terra. Come una peste, l’arma farebbe avvizzire ogni pianta viva di Hed. E se lo facessi senza il permesso del Supremo, egli potrebbe togliermi il governo della terra.

Le sopracciglia scure di Lyra s’aggrottarono. — Io non capisco — disse ancora. — Gli abitanti di Ymris hanno sempre combattuto, anche fra di loro. An, Aum e Hel hanno avuto terribili guerre in passato. I vecchi nobili di Herun si sono battuti l’uno contro l’altro. Hed è tanto diversa? Perché al Supremo dovrebbe importare se vi armate o meno?

— L’isola si è evoluta a questo modo. Ha stabilito le proprie leggi nell’Anno dell’Insediamento, e le leggi legano anche il Principe di Hed. Là non c’è nulla per cui qualcuno dovrebbe combattere: non ci sono ricchezze, non ci sono vaste estensioni di territorio, né miniere, né luoghi di potere occulto o di mistero. Ci sono soltanto buona terra da arare e buon clima, in un’isola così piccola che neppure i Re di An, negli anni delle loro guerre di conquista, ne furono tentati. Gli uomini vollero governanti che mantenessero la pace, il cui istinto di pace fosse profondo come un seme nella terra fertile. Io ce l’ho nel sangue. Per cambiare questa parte di me, dovrei cambiare il mio nome…

Gli occhi scuri di Lyra lo studiarono in silenzio, mentre beveva. Deponendo il boccale egli sentì la mano lieve di lei toccargli una spalla. — Ebbene, dal momento che non vuoi proteggere la tua persona, verrò con te e sarò la tua guardia del corpo. — dichiarò. — Non c’è nessuna nella Guardia della Morgol che saprebbe farlo meglio di me… nessuno in tutta Herun. — Si volse a guardare El. — Ho il tuo permesso?