— No.
— Come stanno Eliard e Tristan?
— Sono preoccupatissimi, angosciati. Mi hanno chiesto se avevate lasciato Caerweddin per tornare a casa, e io ho detto col maggior tatto possibile che forse stavate seguendo una strada più lunga, perché nessuno sapeva dove foste. Non mi sarei mai aspettato di trovarvi a Hlurle, tanto a nord.
— Sono stato a Herun.
Ash Strag scosse il capo. — È inaudito. — Bevve un sorso di vino, accigliato. — Non mi piace. Gente dagli strani poteri che impersona dei mercanti… che siano maghi?
— No. Sospetto che i loro poteri siano perfino maggiori.
— E vi stanno inseguendo? Signore, io andrei dritto dal Supremo.
— Hanno cercato di ammazzarmi quattro volte — disse stancamente Morgon. — E non sono ancora andato più lontano di Herun.
— Quattro volte. Una è stata in mare…
— Due volte a Ymris, e poi ancora a Herun.
— Caerweddin! — Gli occhi dell’uomo ebbero un lampo. — Voi siete andato a Caerweddin, e la moglie del Re è sparita, e Astrin Ymris, che tornò là con voi, ha perso un occhio. Cos’è successo mentre stavate là? Dove è finita Eriel Ymris?
— Questo bisogna domandarlo a Hereu.
Il mercante emise un fischio fra i denti. — Non mi piace — ripeté sottovoce. — Ho sentito raccontare cose che non ripeterei neppure a mio fratello, ho incontrato uomini che avevano il cuore fatto con resti di animali, ma non ho mai udito niente del genere. Mai ho sentito parlare di gente che mirasse a uccidere i governatori della terra, così subdolamente, e usando poteri simili. E tutto questo per le vostre stelle?
Morgon scosse le spalle. — Tornerò a casa mia — disse, come a se stesso. Il mercante agitò i loro boccali in aria per richiamare l’attenzione del taverniere, se li fece riempire e restituì a Morgon il suo. Poi mormorò, impensierito: — Signore, è saggio tornare via mare?
— Non posso attraversare nuovamente Ymris. Sarebbe rischioso.
— Perché? Siete a mezza strada per Isig… più che a metà strada. Signore, venite con noi a Kraal… — Si accorse del lieve irrigidirsi di lui e cambiò tono. — Lo so. Lo so. Non vi rimprovero se non vi fidate. Ma io conosco me stesso, e non c’è un uomo in questo locale di cui io diffidi. Per voi sarebbe meglio rischiare e venire a nord con noi, piuttosto che prendere una… strana nave, per Hed. Se indugerete qui troppo a lungo, i vostri nemici potrebbero trovarvi.
— Devo tornare a casa mia.
— Ma Signore, a Hed vi uccideranno! — Accorgendosi di aver alzato la voce si guardò attorno, tornando cauto. — Come potete aspettarvi che i vostri contadini sappiano difendervi? Andate dal Supremo. A Hed riuscirete forse a trovare risposte ai vostri problemi?
Morgon lo fissò un attimo, poi scoppiò improvvisamente a ridere. Si coprì gli occhi con una mano. Sentendosi toccare una spalla dal mercante mormorò: — Scusate, ma è la prima volta che un mercante mi tartassa con tanti enigmi così azzeccati.
— Signore…
Lui tornò a fissarlo con calma. — Non verrò con voi. Lasciamo che sia il Supremo a rispondere a qualche enigma; io non lo farei altrettanto bene. Il reame è affar suo. Il mio è Hed.
La mano che gli stringeva la spalla lo scosse un tantino, quasi per svegliarlo. — Hed va avanti bene così com’è, Signore. — La voce del mercante suonò come un sospiro: — È il resto della gente, è il mondo fuori di Hed che voi avete sconvolto col vostro passaggio, a preoccuparmi.
Le due navi salparono con la marea il mattino successivo. Morgon le osservò allontanarsi veleggiando in un’incantevole alone di luce color lavanda che filtrava dalle nuvole, sempre mutevoli. Aveva sistemato in una stalla il cavallo, e aveva preso alloggio al piano superiore della taverna in attesa delle navi di Rustin Kor; dalla finestra, già rigata di pioggia, aveva una vista completa del molo semideserto e del mare che andava agitandosi, mentre i due vascelli ondeggiavano con la grazia di uccelli marini sospinti dalla brezza. Restò a guardarli finché la luce scemò di nuovo e le loro vele divennero ali scure e lontane. Poi tornò a stendersi sul letto, infastidito da qualcosa che si agitava in fondo alla sua mente, qualcosa che non riuscì a identificare sebbene vegliasse strato dopo strato i suoi pensieri per arrivare a stringerlo. Il volto di Raederle balenò improvvisamente dentro di lui, e fu sorpreso dal senso di tranquilla gioia che gli dava il ricordo della fanciulla.
Una volta, anni addietro, aveva fatto una gara di corsa con lei fino in cima alla collina della Scuola, e ancora gli sembrava di rivedere lo svolazzare della lunga gonna verde che ella teneva un po’ sollevata fra le mani per non inciampare nell’orlo. L’aveva lasciata vincere. E alla sommità dell’altura Raederle, felice, ansimante, lo aveva preso in giro per la sua galanteria. Subito dopo era sopraggiunto Rood, con una manciata di spille ingioiellate che le erano cadute dai capelli; gliele aveva tirate in grembo, scintillanti come uno strano sciame d’insetti verdi, ambra, purpurei e scarlatti. Troppo stanca per afferrarle ella le aveva lasciate rotolare attorno, ridendo, i capelli rossi che ondeggiavano al vento come una criniera di fiamma. E Morgon s’era incantato a guardarla dimenticando le risa, dimenticando perfino di muoversi, finché non s’era trovato dinnanzi gli occhi neri di Rood, canzonatorii, una volta tanto quasi gentili. I suoi ricordi scivolarono sull’espressione tesa di Rood l’ultima volta che s’erano visti, e risentì la sua voce dura, venata di pietà: Se offrirai la tranquillità di Hed a Raederle, sarà un’impostura. Una promessa che non potrai mantenere.
Si alzò a sedere sul letto, finalmente conscio di ciò che lo tormentava. Rood lo aveva saputo fin dall’inizio. Lui non poteva andare ad Anuin a ricevere gli onori, meritati vincendo una gara di enigmi in una torre di Aum, quando tutto intorno a lui stavano prendendo la forma altri enigmi, mortali e coercitivi, per una sfida che egli rifiutava di raccogliere. Poteva voltare le spalle agli altri regni, poteva chiudere dietro di sé le porte di Hed e della sua pace, ma non avrebbe potuto mai volgere lo sguardo a lei senza aver risolto il mistero e l’incertezza legati al suo secondo nome, perché sarebbe stato suo dovere offrirle se stesso interamente, e non di meno.
Scese dal letto, andò a sedersi sul davanzale della finestra e restò lì a lungo, fissando il mondo esterno velarsi di pioggia e di oscurità davanti a lui. Intorno al suo nome gli enigmi si stavano intrecciando in un’impossibile ragnatela; se n’era strappato fuori a forza, ma se avesse appena allungato una mano a sfiorarla ne sarebbe stato nuovamente irretito. Per il momento aveva una scelta: tornare a Hed, vivere serenamente con Raederle, evitare di far domande, attendere il giorno in cui la tempesta che minacciava il continente avrebbe scatenato la sua piena furia anche su Hed… e quel giorno, lo sentiva, sarebbe venuto fin troppo presto. Oppure avrebbe potuto applicare la sua volontà a una gara di enigmi che non aveva speranza di vincere, e il cui premio, in caso di vittoria, era un nome che poteva tagliare d’un colpo ogni legame fra lui e Hed.
Quando si rese conto che la stanza era immersa nel buio si riscosse. Andò a cercare una candela e la accese. Alla luce della fiammella la vista del suo volto, riflesso nel vetro della finestra, lo stupì. La fiamma stessa era una piccola stella fra le sue mani.
Gettò la candela al suolo, schiacciò la fiammella sotto un piede e si gettò disteso sul letto. A notte tarda, quando la pioggia smise di crepitare sul tetto e la voce del vento si abbassò ad un mormorio, cadde in un sonno inquieto. Si svegliò all’alba, scese al piano di sotto e acquistò cibo e una borraccia di vino dal gestore della taverna. Poi sellò il cavallo, lasciò Hlurle senza voltarsi indietro e si diresse a settentrione verso Yrye, per chiedere un enigma al Re di Osterland.