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La testa bianca si volse. — No. Sono io. Har mi ha chiesto di badare a voi. — Un ragazzo giovane e snello si alzò in piedi davanti al camino, e venne ad accendere la torcia a fianco del letto. Era qualche anno più giovane di Morgon, solidamente costruito, e con capelli bianchi come il latte. Il suo volto era impassibile, ma Morgon captò in lui una timidezza da animale selvatico. Alla luce della torcia i suoi occhi scintillavano rossi come rubini, e sotto lo sguardo stupito di Morgon la sua voce vacillò e parve incrinarsi, quasi che per lui parlare fosse cosa insolita: — Lui ha detto… Har ha detto di darvi il mio nome. Io sono Hugin… figlio di Suth.

Morgon non riuscì a trattenere un fremito. — Suth è morto.

— No.

— Tutti i maghi sono morti!

— No. Har conosce Suth. Har mi ha… mi ha trovato tre anni fa, insieme a un branco di vesta. Lui guardò nella mia mente e vide Suth.

Morgon lo fissò, ammutolito. Poi si tirò a sedere e si alzò, sentendosi come se gli avessero preso a bastonate ogni osso e muscolo del corpo. — Dove sono i miei vestiti? Devo parlare con Har.

— Lui lo sa — disse Hugin. — Vi sta aspettando.

Quando si fu lavato e rivestito Morgon seguì il ragazzo nel salone della dimora di Har. Era pieno di gente, uomini eleganti e ricche dame della città, mercanti, cacciatori, musicisti, un gruppetto di contadini vestiti poveramente, e alcuni bevevano vino accanto al grande camino, altri giocavano a scacchi, chiacchieravano, leggevano. L’informalità di quella riunione rammentò a Morgon i pomeriggi festivi ad Akren. Har, con al fianco Aia che accarezzava un cane stretto alle sue ginocchia, sedeva sul suo pesante scranno davanti al fuoco e stava ascoltando un arpista. Nel vedere Morgon che si faceva strada fra la gente verso di lui, gli diresse un sorriso.

Morgon sedette su una panca accanto a loro. Il cane lasciò Aia per annusarlo incuriosito, e soltanto allora comprese, con un sussulto, che si trattava di un lupo. Davanti al fuoco erano accovacciati altri animali: una volpe rossa, un tasso grassoccio, una coppia di donnole bianche come la neve nei riflessi della fiamma.

Aia diede una grattatina energica agli orecchi del lupo, e notando l’espressione di lui disse: — Sono amici di Har, e vengono qui a ripararsi dal freddo. Talvolta trascorrono qui tutto l’inverno, e non di rado vengono a portare notizie di uomini o di animali di Osterland. A volte sono i nostri figli a mandarceli, quando non possono venire a farci visita di persona… quel falcone bianco che dorme lassù fra le travi, lo ha mandato nostra figlia.

— Voi riuscite a parlare con loro? — domandò Morgon. Lei scosse la testa.

— Io posso solo entrare nella mente di Har, e quando è nella sua forma umana. Ed è meglio così, altrimenti sarei già morta per le preoccupazioni, specie quando ero giovane e lui se ne andava in giro dappertutto, a mettere alla prova i suoi sudditi.

La musica dell’arpa si spense; l’arpista, un individuo magro di pelle scura, fornito di un sorrisetto severo, si alzò per andare a bere un po’ di vino. Il lupo si accostò ad Har, mentre il Re allungava una mano verso il suo boccale. Har mescé vino anche per Morgon, e mandò un servo a prendergli del cibo. Poi parlò a voce alta per farsi udire attraverso le chiacchiere altrui: — Mi avete offerto il vostro aiuto. Se foste un altro uomo non vi riterrei legato a questa promessa, ma voi siete un Principe di Hed, la meno fantasiosa delle terre. Ciò che vi chiedo potrà essere molto difficile, ma è importante per me. Voglio che troviate Suth.

— Suth? Har, come può essere vivo? Come, dopo settecento anni?

— Morgon, io ho conosciuto Suth. — La voce del Re era cortese, ma vi si era infiltrata una nota dura. — Siamo stati ragazzi insieme, un’eternità di tempo fa. Eravamo avidi di conoscenza, e non importava come la raggiungevamo, né quel che facevamo a noi stessi, l’un l’altro. Ancor prima che Caithnard esistesse facevamo gare di enigmi, gare che potevano durare anni mentre cercavamo le risposte. Lui perse un occhio in quegli anni turbolenti; e fu lui a segnare le mie mani con le corna di vesta quando mi insegnò come cambiar forma. Allorché scomparve con tutta la scuola dei maghi, pensai che fosse morto. Ma tre anni fa, quando un giovane vesta si trasformò in un ragazzo davanti ai miei occhi, e quando guardai nei suoi pensieri e nella sua memoria, vidi l’uomo che lui conosceva come suo padre. E quel volto era impresso da secoli nella mia mente: Suth. Ed è vivo. Fuggì e si tenne nascosto per settecento anni. Nascosto. Una volta, allorché gli chiesi come aveva perso l’occhio, lui rise e disse soltanto che non c’era nulla che non potesse essere esplorato. Tuttavia egli vide qualcosa che lo fece fuggire, e se ne andò, svanì come una palla di neve in una tormenta. Non ebbe torto a nascondersi. Lui mi conosce. Sono stato alle sue calcagna come un lupo per tre anni, e lo ritroverò.

Le congetture si formavano e si frantumavano nella mente di Morgon, lasciandolo irritato e confuso. — La Morgol di Herun ha suggerito che Ghisteslwchlohm, il Fondatore di Lungold, sia vivo anch’egli. Ma è soltanto un’ipotesi, mancano le prove. Da cosa sta fuggendo Suth?

— Cos’è che vi conduce al Monte Erlenstar?

Morgon rimise il boccale sul tavolo. Con una mano si tirò indietro i capelli, mostrando le tre stelle che rosseggiavano sul pallore della sua fronte. — Queste.

Le mani di Har ebbero un brevissimo tremito che fece scintillare i suoi anelli. Aia ascoltava immobile, con occhi pensosi. — Così — disse il Re, — le mosse di questa grande gara di poteri coinvolgono Hed. Quando ve ne siete reso conto?

Lui rifletté un attimo. — A Ymris. Trovai là un’arpa con tre stelle, che richiamavano quelle sulla mia fronte, e che nessun altro poteva suonare. Conobbi la donna sposata a Hereu Ymris, ed ella tentò di uccidermi per queste stelle che io porto, e disse d’essere più antica del più antico degli enigmi…

— Com’eravate arrivato a Ymris?

— Stavo portando ad Anuin la corona di Aum.

— Ymris — puntualizzò Har, — è nella direzione opposta.

— Har, voi dovete aver saputo cos’è successo. Perfino se tutti i mercanti del reame fossero finiti in fondo al mare insieme alla corona di Aum, voi lo avreste probabilmente saputo, in qualche modo.

— So cos’è accaduto — confermò Har, imperturbabile. — Ma non conoscevo voi. Siate paziente con un vecchio come me, e cominciate dal principio.

Morgon lo prese alla lettera. Quando il resoconto dei suoi viaggi giunse al termine, gli ospiti se n’erano andati. Nel salone restavano soltanto il Re, Aia, l’arpista che ascoltava sfiorando le corde del suo strumento, e Hugin, che era venuto a sedersi ai piedi di Har e gli aveva poggiato la testa sulle ginocchia. Le torce ardevano debolmente; gli animali dormivano accovacciati davanti al camino. La sua voce aveva finito col farsi rauca. Har osservava le braci e restò in quella posizione, silenzioso e immobile per interminabili minuti.

— Suth… — cominciò Morgon. Il volto di Hugin si volse di scatto nell’udire il nome. Lui scosse le spalle stancamente. — Perché Suth dovrebbe sapere qualcosa? La Morgol pensa che ogni informazione sull’esistenza delle stelle sia stata strappata via dalla mente dei maghi.

Har lo guardò pensosamente. Come se non avesse sentito quelle parole, disse: — Voi odiate l’idea di uccidere. Ci sono altri modi per difendersi. Io posso insegnarvi a guardare nella mente di un uomo, a vedere dietro le illusioni, a chiudere la porta dei vostri pensieri contro la curiosità altrui. Siete vulnerabile come un animale privo della sua pelliccia invernale. Potrei insegnarvi a farvi beffa dell’inverno stesso…