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— E dove… — Tacque. Nella sua mente balenò nitida l’immagine di quell’arma, e fu costretto a riconoscere il tocco di un maestro nella forma pura della lama. Non c’era nulla di casuale, di meramente decorativo, nella sicurezza con cui le tre stelle splendevano sull’elsa. Erano gravide di significato. Il suo sguardo s’incupì come se conoscesse già la risposta. — Dove fu forgiata?

— Qui. Sul Monte Isig.

Poco dopo Morgon si mise l’arpa a tracolla e scese insieme a Deth, per parlare con Danan. Seduto presso il camino del grande salone silenzioso, con accanto a sé i suoi figli e i suoi nipoti, il Re della montagna accolse il loro ingresso con un sorriso.

— Venite a sedervi qui, Deth. Oggi, quando vi ho mandato a chiamare, non sapevo se foste ancora a Kyrth o se aveste deciso di sfidare il Passo. Non si può dire che vi piaccia mettervi in mostra. Morgon, vi presento mia figlia Vert. Questo è mio figlio Ash, e i piccoli… — S’interruppe, facendo sedere sulle ginocchia una bambinetta che gli era venuta accanto. — Sono i loro figli. Non vedono l’ora di ascoltare la vostra arpa.

Morgon sedette, un po’ imbarazzato. Ash era alto ed elegante, con gli stessi occhi del padre; snella, delicata, la sorella aveva lunghi capelli del colore della corteccia di pino; i loro bambini erano una dozzina, di tutte le età. E ognuno di loro lo fissava con grande curiosità.

La donna, Vert, si volse a lui con tono di finta disperazione. — Mi dovete proprio scusare, ma Bere ha voluto venire, e dopo di lui anche tutti gli altri. E dove vanno i miei ragazzi va anche Ash, e così… spero che non vogliate farci caso. — Poggiò una mano su una spalla di un ragazzo dagli occhi grigi simili ai suoi, con nerissimi capelli ribelli. — Questo qui è Bere.

Un’altra testa nera apparve d’un tratto accanto alle ginocchia di Morgon: una bambinetta alta un soldo di cacio e appena in età di camminare da sola. Lo fissò con grandi occhi seri, ma subito inciampò goffamente e gli si aggrappò ai pantaloni. Mentre la mano di lui si affrettava a sorreggerla, rispose con calore al suo sorriso.

Ash disse: — Questa piccoletta è di Vert, si chiama Suny. Mia moglie è a Caithnard; e il marito di Vert, che fa il mercante, è in viaggio di affari ad Anuin, cosicché dei nostri bambini ne facciamo un sol mucchio. Non so come faremo a separarli senza confonderli, dopo.

Morgon s’era quasi incantato a carezzare la testa della piccola, che gli stava ostinatamente aggrappata alle ginocchia. Sollevò lo sguardo, perplesso. — Siete venuti tutti quanti per sentirmi suonare?

Ash annuì. — Ve ne prego. Se a voi non spiace. Quell’arpa e la storia della sua costruzione sono una leggenda, qui a Isig. Quando ho sentito che eravate qui e che l’avevate con voi, quasi non volevo crederci. Mi sarebbe piaciuto portare tutti gli artigiani di Kyrth a vederla, ma mio padre è riuscito a impedirmelo.

Morgon sciolse i lacci della custodia dell’arpa, e le piccole dita di Suny li afferrarono con curiosità; Bere le sussurrò: — Suny… — Poi, vedendo che la bambina non lo ascoltava venne accanto a Morgon e la prese in braccio. Conscio dell’intensa aspettativa dipinta sui loro volti, Morgon mormorò con lieve imbarazzo: — Sono due mesi e più che non la suono.

Nessuno aprì bocca. Mentre estraeva l’arpa dalla custodia le tre stelle avevano raccolto la luce del fuoco emettendo un magico bagliore; le lune d’avorio sembravano parlare un loro linguaggio silenzioso, nei liquidi riflessi degli intarsi d’argento. Sfiorò una corda; la nota echeggiò pura e dolce nel silenzio, esitante come una domanda. Sentì qualcuno trattenere il respiro con un piccolo ansito.

Una mano di Ash si mosse quasi involontariamente verso le stelle; la riabbassò. — Chi ha fatto questo intarsio?

— Zel di Hicon, a Herun… non ricordo il suo nome completo — rispose Danan. — Era un allievo di Sol. Ma il disegno era stato eseguito da Yrth.

— E Sol intagliò queste stelle. Posso vederle? — pregò Ash. Morgon gli passò l’arpa. Le parole dell’uomo avevano fatto risvegliare qualcosa in un angoletto della sua mente, ma non fu capace di definire quella fuggevole sensazione. Bere si sporse sulla spalla di Ash, a bocca aperta, mentre l’uomo esaminava lo strumento; Suny riuscì finalmente ad allungare una mano sulle corde, e il ragazzo indietreggiò tenendola in braccio con più fermezza.

Vert protestò: — Ash, smettila di contare tutte le sfaccettature delle pietre preziose. Vogliamo sentirla suonare.

Riluttante Ash restituì l’arpa a Morgon, che la imbracciò senza molto entusiasmo. Il tono di Vert si fece dolce, come se gli avesse letto nel pensiero: — Suonateci qualcosa che voi amate. Suonate una canzone di Hed.

Morgon si sistemò l’arpa sulle ginocchia. Per qualche istante le sue dita restarono inerti a contatto delle corde, quindi corsero su di esse negli accordi iniziali di una delle ballate che conosceva meglio. Il tono ricco e caldo delle note che lui solo poteva suonare riuscì a rilassarlo; perfino quella semplice ballata d’amore, mille volte cantata dalle fanciulle di Hed, sembrava aureolarsi di un’antica dignità. Mentre suonava gli giunse alle nari il profumo del legno di quercia che bruciava nel camino davanti a lui, e per un attimo esso divenne ai suoi occhi il caminetto della sua casa ad Akren. La canzone gli dava un tal senso di pace che fu certo, d’istinto, della tranquillità che regnava anche in Hed quella notte: la quiete delle campagne addormentate sotto la neve, le case silenti, e il placido sonno degli animali nelle loro calde stalle. Quella sensazione gli distese i lineamenti, scacciando dal suo volto la tensione e la stanchezza. Poi due pensieri si riunirono sulla superficie della sua mente, come pezzi di un incastro che andassero a posto con ineluttabile semplicità, e si fermò. Le sue dita s’irrigidirono immobili sulle corde dell’arpa.

Uno dei presenti ebbe un mormorio di protesta. Poi attraverso l’ombra che lo aveva rinchiuso d’improvviso come in un bozzolo udì la voce di Deth: — Che ti succede?

— Sol. Non fu ucciso dai mercanti perché la paura gli impedì di nascondersi a loro nella Cava dei Perduti. Fu assassinato… nello stesso modo in cui vennero assassinati i miei genitori, e anche il Morgol Dhairrhuwyth… dai cambiaforma! Sol entrò nella caverna e poi ne uscì di nuovo, per morire sulla soglia a causa di ciò che aveva visto. E ciò che i suoi occhi videro là dentro fu la spada stellata di Yrth.

Gli altri lo fissarono immobili, perfino i bambini, con occhi resi inespressivi dallo stupore. Vert rabbrividì come se una corrente gelida l’avesse sfiorata, a Ash, già dimentico della gioia che gli aveva dato l’ascolto dell’arpa, esclamò: — Quale spada?

Morgon si volse a Danan. Il Re aveva aperto la bocca ma taceva, con lo sguardo offuscato da lontane memorie. — Quella spada… ora ricordo. Yrth la forgiò in segreto; disse di averla seppellita. Io non la vidi mai, né la videro altri. Questo accadde moltissimo tempo fa, prima della nascita di Sol, quando avevamo appena aperto le miniere più alte. Non ripensai più a quell’arma. Ma voi come potete sapere dov’è? O che aspetto abbia? O che Sol fu ucciso a causa sua?

Le dita di Morgon strinsero con forza il legno dello strumento; i suoi occhi si abbassarono sulle corde come se loro linee dritte ordinassero i suoi pensieri. — So che esiste una spada che ha sull’elsa tre stelle, identiche alle stelle di quest’arpa; so anche che i cambiaforma l’hanno vista. I miei genitori vennero fatti annegare nella traversata da Caithnard a Hed mentre mi portavano questo strumento. Il Morgol Dhairrhuwyth fu ucciso quando viaggiò attraverso Passo Isig per trovare la risposta a un enigma riguardante tre stelle. Il mago Suth è morto a Osterland una settimana fa perché sapeva troppo su quelle stelle e cercava di parlarne con me… — Ash sollevò le mani per interromperlo.

— Suth è stato ucciso? Suth?

— Sì.

— Ma come? Chi l’ha ucciso? Io ero convinto che fosse morto.