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Morgon ebbe un gesto vago. I suoi occhi cercarono quelli di Deth. — Questa è una domanda che dovrò fare al Supremo. Credo che Yrth decise di nascondere la spada nella Caverna dei Perduti perché sapeva che nessuno avrebbe mai osato metter piede in quel posto. E sono convinto che Sol non venne assassinato dai mercanti, bensì dai cambiaforma o… o da chiunque fosse quello che ha ucciso Suth, perché anch’egli sapeva troppo su quelle stelle. Io non conosco la vostra montagna, Danan, ma potete scommettere che un uomo inseguito da degli assassini non fuggirebbe mai da quella parte.

Il silenzio che seguì fu incrinato soltanto dal crepitio del focolare, e dal sospiro di uno dei bambini che s’era addormentato sul tappeto. A parlare, inaspettatamente, fu Vert:

— Questa è una cosa che ha sempre stupito anche me — disse sottovoce. — Perché Sol fuggì in quel vicolo cieco, quando conosceva la montagna tanto bene che avrebbe potuto dileguarsi come nebbia lungo sentieri ignoti a qualsiasi straniero? Tu ricordi, Ash, che da bambini noi…

— Il modo di scoprirlo c’è! — ringhiò Ash, scattando in piedi. Ma l’immediato — No! — di Danan precedette quello di Morgon.

Il Re della montagna stabilì, secco: — Lo proibisco! Non intendo perdere un altro Erede. — Ash lo fronteggiò un istante, rigido, con le labbra serrate, poi la sua decisione si dissolse in una smorfia e tornò a sedersi. Danan emise uno stanco borbottio: — D’altra parte, cosa potrebbe venircene di buono?

— La spada, sempre che sia là, appartiene a Morgon. Lui vorrà…

— Io non la voglio affatto — dichiarò Morgon.

— Ma è tua — insisté Ash. — Se Yrth l’ha fatta per te…

— Non ricordo che mi sia mai stato domandato se volevo una spada. O un destino. Tutto ciò che desidero è di arrivare a Monte Erlenstar senza essere ammazzato… e questa è una ragione in più per non scendere in quella caverna. Inoltre, poiché si da il caso che io sia il Principe di Hed, non voglio presentarmi armato davanti al Supremo.

Ash aprì la bocca, e poi la richiuse. Danan mormorò: — Suth… — Uno dei bambini cominciò a piangere, in tono triste e capriccioso. Vert si volse a cercarlo con gli occhi.

— Sotto la tua sedia, è Kess — la informò Ash. Esaminò le facce stanche e annoiate degli altri. — Faremmo meglio a metterli a letto. — Si chinò ad afferrare uno dei pargoletti, che seduto sul tappeto si sfregava gli occhi insonnolito, e se lo mise in spalla come un sacco.

Mentre il figlio si voltava, Danan lo ammonì: — Ash!

I loro sguardi s’incrociarono ancora. Ash disse, con calma. — Hai la mia promessa. Ma credo che sia ormai tempo di aprire quella caverna. Non avrei mai detto che ci fosse una trappola mortale nel cuore di Isig — aggiunse rivolto a Morgon, mentre Vert lo affiancava trascinando via quanti più bambini poteva. — Comunque, grazie per aver suonato.

Morgon li seguì con lo sguardo intanto che si allontanavano coi più piccoli in braccio. Il gruppo svanì oltre la debole luce delle torce. Abbassò gli occhi sull’arpa, tornando ad avvertire un sapore amaro in bocca, quindi con gesti meccanici ripose lo strumento nella custodia. Deth e Danan avevano cominciato a chiacchierare sottovoce fra loro. Allorché lui si volse di nuovo il Re della montagna disse: — Morgon, Sol… non importa chi l’abbia ucciso, è nella tomba da trecento anni. C’è qualcosa che io possa fare per aiutarvi? Se volete quella spada, ho un esercito di minatori a vostra disposizione.

— No. — Il volto di lui s’indurì, pallido nella luce del focolare. — Lasciate che io me la veda da solo col mio destino, finché posso. Da Caithnard a Isig tutti non hanno fatto che spingermi avanti, e non mi pare che ne sia venuto nulla di positivo.

— Sarei disposto a prosciugare tutto l’oro dei filoni di Isig per aiutarvi.

— Lo so.

— Oggi pomeriggio, mentre camminavo con voi, non mi sono accorto che portavate le cicatrici-vesta. È cosa rarissima da vedere in chiunque, soprattutto in un Principe di Hed. Galoppare coi vesta dev’essere un’esperienza affascinante.

— Lo è. — Il suo tono s’era raddolcito, al ricordo della tranquillità e del silenzio delle nevi, nella zona dei laghi freddi. Poi rivide il volto contratto di Suth, gli parve di risentire le mani che lo attraevano verso il suo respiro di morente, e con una smorfia cercò di scacciare quelle immagini.

— È in quella forma che prevedete di valicare il Passo?

— Questa era la mia idea, supponendo che sarei stato solo. Ora… — Gettò un’occhiata interrogativa a Deth.

— Per me non sarebbe facile — ammise l’arpista. — Ma neppure impossibile.

— Credi che potremmo partire domani?

— Se vuoi. Ma, Morgon, penso che dovresti riposare qui un giorno o due. Viaggiare sul Passo di Isig in pieno inverno sarebbe faticoso anche per un vesta, e a guardarti direi che in Osterland hai dato fondo alle tue energie.

— No. Non posso perdere altro tempo. Non posso.

— E allora andremo. Ma fatti una buona nottata di sonno. Lui annuì. Poi si volse a Danan con un sospiro. — Vi prego di scusarmi.

— E di cosa, Morgon? Per avermi ricordato un dolore vecchio di trecento anni?

— Anche per questo. Ma mi spiace di non aver suonato per voi nel modo in cui quest’arpa meritava d’esser suonata.

— Non eravate dell’umore adatto.

Morgon risalì lentamente le scale della torre, sentendo per la prima volta da che la possedeva il peso dell’arpa sulla schiena. Mentre girava sull’ultima rampa si domandò se Yrth s’era adattato ad arrampicarsi fino in cima a quelle scale ogni notte, o se invece sapeva praticare l’arte invidiabile del trasferimento istantaneo per muoversi da un luogo all’altro magicamente. Raggiunto il pianerottolo scostò la tenda, entrò in camera, e qui scoprì che qualcuno lo stava attendendo davanti al caminetto.

Era Bere, il figlio di Vert. E prima che Morgon si riprendesse dalla sorpresa gli propose, senza preamboli: — Io vi guiderò alla Caverna dei Perduti.

Morgon lo fissò ammutolito. Il ragazzo era giovanissimo, non dimostrava più di dieci o undici anni, ma con spalle robuste e un volto così composto da apparire grave. Lo sguardo scrutatore di cui venne fatto oggetto non lo mise minimamente in imbarazzo. Infine Morgon oltrepassò la soglia, lasciando ricadere la tenda dietro di sé; si tolse l’arpa dalle spalle e sedette.

— Non dirmi che sei già stato là! — borbottò.

— So dov’è. Una volta ho perso la strada, mentre esploravo. Ho cominciato a scendere dentro la montagna, sempre più in basso, un po’ perché prendevo tutte le curve sbagliate, e un po’ perché avevo deciso che se m’ero perduto tanto valeva vedere cosa c’era laggiù.

— E non avevi paura?

— No. Avevo fame. Sapevo che Danan o Ash mi avrebbero ritrovato. Io posso vedere nel buio, è un dono che mi viene da mia madre. Voi e io possiamo andarci senza luce, tranquillamente… salvo che nella caverna. Là avrete bisogno di una torcia.

— Perché sei così ansioso di portarmi laggiù?

Il ragazzo fece un passo verso di lui, corrugando le sopracciglia. — Voglio vedere quella spada. Non avevo mai visto niente di simile alla vostra arpa. Elieu di Hel, il fratello di Raith, Nobile di Hel, venne qui due anni fa; ora sta cominciando un lavoro un po’ dello stesso genere, come intagli e disegni, ma la vostra arpa è la cosa più bella su cui io abbia posato gli occhi. Devo vedere a tutti i costi il lavoro artistico che Yrth ha fatto sulla spada. Danan fabbrica spade per nobili o Re di An e di Ymris, e sono anche molto belle. Io sto imparando il lavoro con Ash e con Elieu; e Ash dice che un giorno sarò un maestro artigiano. È per questo che voglio imparare tutto ciò che posso.

Morgon si appoggiò allo schienale. D’improvviso non riuscì a negare un sorriso divertito a quel giovane artista così serio e deciso. — Tutto questo suona molto ragionevole. Ma tu hai sentito cosa ho detto a Danan di Sol.