— Proprio così — disse pensosamente il Maestro Ohm, un uomo magro e quieto la cui voce non mutava mai di tono. — Forse, nella storia del reame, si è sempre prestata troppo poca attenzione a Hed. Tuttavia c’è ancora un enigma privo di risposta. Se Peven di Aum ti avesse proposto quello, malgrado la tua notevolissima erudizione oggi non saresti qui.
Morgon lo fissò negli occhi, grigi come la nebbia e incolori quanto la sua voce. — Senza una risposta e un’interpretazione, esso non sarebbe stato valido.
— E se Peven avesse conosciuto la risposta?
— Come poteva conoscerla? Maestro Ohm, voi ci aiutaste nelle ricerche per un intero inverno, il primo anno, quando venni qui per avere una risposta a quell’enigma. Peven ha tratto la sua erudizione dai libri di magia che erano appartenuti a Madir, e prima di lei ai maghi di Lungold. E in tutte le loro opere, che voi avete qui, non c’è neppure un accenno alle tre stelle. Io non saprei dove cercare una risposta. E io non… ma quell’enigma non m’interessa più.
Rood si tese verso di lui. — E questo è l’uomo che ha gettato la sua conoscenza su un piatto della bilancia e la sua vita sull’altro? Guardati dagli enigmi senza risposta!
— La sola è questa: non esiste risposta. E per quel che mi riguarda esso non ha bisogno di una risposta.
Rood ebbe un gesto violento che fece fluttuare la manica della sua toga. — Ogni enigma ha una risposta. Anche tu ti stai nascondendo dietro le sette porte chiuse della tua mente, contadino testardo. Da qui a cento anni, gli studenti col Bianco dei Maestri Inferiori si gratteranno la zucca cercando di rammentare il nome di un oscuro Principe di Hed che, come un altro oscuro Principe di Hed, ignorò la prima e ultima regola dei Maestri degli Enigmi. Credevo che tu avessi più buonsenso.
— Tutto ciò che io voglio — disse pacatamente Morgon, — è andare ad Anuin, sposare Raederle, e poi tornare a casa mia a piantare il grano e a fare la birra e a leggere libri. È così difficile da capire?
— Sì! Perché vuoi chiuderti in questa ottusità? Proprio tu, fra tutti quanti?
— Rood — disse il Maestro Tel con gentilezza. — Tu sai bene che una risposta alle stelle che ha sul volto venne cercata, sospirata, ma non fu mai trovata. Cos’altro vorresti suggerirgli di fare?
— Io suggerisco — disse Rood, — che lui la chieda al Supremo.
Il breve silenzio caduto sui presenti fu rotto dal fruscio della toga del Maestro Ohm, che alzò le mani. — Il Supremo, infatti, dovrebbe conoscere la risposta. Tuttavia presumo che dovrai fornire a Morgon ben altro incentivo che la semplice brama di conoscenza, prima che egli affronti un così lungo e duro viaggio in una terra lontana dalla sua.
— Non ce n’è bisogno. Presto o tardi, lui stesso verrà indotto a recarsi là.
Morgon sospirò. — Vorrei che tu fossi più ragionevole. Io desidero andare ad Anuin, non al Monte Erlenstar. Non voglio proporre altri enigmi a nessuno. Sudare un’intera notte, dal tramonto all’alba, in una torre desolata e putrida, a spremermi il cervello in cerca di domande e di risposte, mi ha tolto per sempre la voglia delle gare e degli enigmi.
Dal volto di Rood era scomparsa ogni traccia di allegria. Lo fissò con durezza. — Questo luogo ti renderà onore, e il Maestro Tel ha detto che ti verrà conferito il Nero oggi stesso, per essere riuscito in ciò che costò la vita perfino al Maestro Laern. Andrai ad Anuin, e i nobili di An, e mio padre e Raederle ti mostreranno quindi il rispetto dovuto alla tua erudizione e al tuo coraggio. Ma se tu accetterai il Nero, sarà un’impostura. E se offrirai la tranquillità di Hed a Raederle, anche questa sarà un’impostura: una promessa che tu non potrai mantenere, perché c’è una domanda a cui non avrai risposto. E allora scoprirai, come Peven, che è l’unico enigma a te sconosciuto, non le migliaia che conosci, quello che ti distruggerà.
— Rood! — protestò Morgon a denti stretti. Le sue mani si contrassero sui braccioli della sedia. — Cosa cerchi di dimostrare? Cosa stai tentando di fare di me?
— Un Maestro… per la tua stessa salvezza. Come puoi essere così cieco? Come puoi ignorare così ostinatamente, delittuosamente, che tutto ciò che hai appreso è vero? Come puoi lasciare che loro ti chiamino Maestro? Come puoi accettare da loro il Nero dei Maestri, quando chiudi gli occhi alla verità?
Morgon sentì il sangue affluirgli alle guance. Rigido, mentre il volto di Rood diveniva all’improvviso l’unico volto nella sala, dichiarò: — Io non ho mai voluto il Nero. Ma pretendo il diritto di fare le mie scelte di vita. Cosa siano queste stelle sulla mia fronte, io non lo so, e neppure voglio saperlo. È questo che volevi farmi ammettere? Tu hai ereditato gli occhi che tuo padre, e Madir, e il cambiaforma Ylon ti hanno dato, ed ora esplori con fredda decisione il tuo personale cammino verso la verità. E quando prenderai il Nero io verrò a festeggiarlo con te. Ma tutto quel che voglio io è la tranquillità.
— La tranquillità — disse gentilmente il Maestro Tel, — non è mai stata una delle tue caratteristiche, Rood. Noi possiamo giudicare Morgon soltanto in base ai nostri princìpi, e secondo questi egli ha meritato il Nero. In quale altro modo potremmo rendergli onore?
Rood si alzò in piedi, poi si sciolse i lacci della toga e la lasciò cadere al suolo, restando mezzo nudo dinnanzi agli sguardi sbalorditi dei Maestri. — Se voi gli darete il Nero, io non indosserò mai più una toga da Maestro!
Un muscolo si contrasse sul volto rigido di Morgon. Si appoggiò indietro alla spalliera, lasciando i braccioli, e la sua voce suonò fredda: — Rimettiti la toga, Rood. Ho dichiarato che non voglio il Nero, e non intendo accettarlo. Occuparsi di enigmi non è cosa per un contadino di Hed. D’altra parte, quale onore potrebbe essere per me indossare la stessa toga che Laern indossava e perse in quella torre, e che adesso è portata da Peven?
Rood raccolse con una mano il suo abito dorato, e si mosse verso la sedia di Morgon. Vi si piegò sopra, appoggiando le mani ai braccioli, mentre il suo volto magro ed esangue fronteggiava quello di lui. Poi sussurrò: — Per favore. Pensaci!
I suoi occhi trattennero quelli di Morgon, così come la tensione del suo corpo immobile sembrava trattenere e congelare il silenzio nel salone. Infine si raddrizzò e si volse, dirigendosi all’uscita. Solo allora le membra di Morgon si rilassarono, come se quello sguardo oscuro le avesse prosciugate di ogni energia. Sentì la porta chiudersi e chinò il capo, passandosi una mano sugli occhi.
— Mi spiace — sussurrò. — Non intendevo dire ciò che ho detto di Laern. Avevo perduto il controllo.
— La verità — mormorò il Maestro Ohm — non ha bisogno di scuse. — I suoi occhi grigio-nebbia, fermi sul volto di Morgon, ebbero un lampo di curiosità. — Neppure un Maestro presume di sapere tutto… salvo che in rari casi, come quello di Laern. Accetterai il Nero? Non c’è dubbio che tu lo meriti e, come ha detto Tel, non abbiamo altro da darti per renderti onore.
Morgon scosse la testa. — Lo vorrei, e vi sono grato. Ma Rood lo ambisce molto più di me. Lui ne farà uso migliore di quanto potrei farne io, e preferisco che sia lui a riceverlo. Mi spiace aver litigato con lui qui… non so bene come sia potuto accadere.
— Parlerò io con lui — promise Tel. — Si è mostrato piuttosto irragionevole, e inutilmente aspro di propositi.
— Ha le visioni di suo padre — disse Ohm. Dopo qualche istante lo sguardo di Morgon si volse su di lui.
— Voi credete che abbia ragione?
— In linea di principio sì. E così anche tu, sebbene tu abbia scelto di non agire… il che, conformemente alla tua etica non certo ben definita, è tuo diritto. Ma io presumo che un viaggio verso la dimora del Supremo non sarebbe inutile come pensi.