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Nell’hangar, la sagoma agile a manubrio dell’aereo corriere sembrava minuscola accanto ai grandi caccia degli aalaag che lo fiancheggiavano. Eppure, Shane lo sapeva, anche quegli aerei così grandi erano piccoli in confronto ai mezzi da combattimento dei Padroni. Quelli non toccavano mai la superficie, e restavano continuamente in orbita, pronti a entrare in azione… un po’ per ragioni di principio, e un po’ perché sulla Terra non esistevano aeroporti o spazioporti dove potessero posarsi senza causare danni gravissimi.

Balzò dall’auto che si era fermata accanto al portello dell’aereo corriere, salì in fretta la scaletta ed entrò. Non c’era molto spazio, all’interno: anche quel mezzo, destinato al trasporto dei dispacci, era armato in modo massiccio.

La schiena enorme di un aalaag torreggiava sopra uno dei tre sedili davanti ai comandi, a prua. Shane si avvicinò, si fermò dietro il sedile e attese. Non soltanto era il suo dovere, ma era tutto ciò che era necessario, anche se il pilota non l’aveva sentito arrivare. A quella distanza ridotta, sentiva nettamente il tipico odore dell’aalaag, e senza dubbio anche il pilota sentiva il suo. Dopo un momento, infatti, il pilota parlò.

— Vai a sederti là indietro, bestia. — Era la voce di una femmina aalaag. — Devo fare altre due fermate prima di portarti all’area del Primo Capitano.

Shane tornò indietro e sedette. Dopo un paio di minuti, l’aereo corriere si sollevò a circa tre metri dal pavimento dell’hangar, poi uscì nell’ultima luce del giorno, virò e andò a posarsi su una rampa di lancio. Si fermò e Shane espirò l’aria dai polmoni e appoggiò le braccia negli incavi dei braccioli.

Per un secondo non vi furono suoni né movimento. Poi venne qualcosa di simile a uno scrocio di tuono, un peso immane lo schiacciò sul sedile inchiodandolo per un lungo momento… quindi un senso di libertà e di leggerezza, e Shane ebbe l’impressione di potersi sollevare fluttuando dal sedile. Era un’impressione esagerata. Era ancora sotto l’effetto della gravità: ma il contrasto con la pressione del decollo creava l’illusione della leggerezza.

Guardò lo schermo sullo schienale del sedile davanti a lui e vide la superficie della Terra sottostante, l’orizzonte curvo, la screziatura delle nubi. Niente altro. Il viso impenetrabile di Maria riaffiorò nella sua immaginazione con estrema nitidezza, come se aleggiasse nell’aria davanti a lui. Sentiva il contatto delle dita fredde contro le sue, e la voce che riecheggiava nella memoria:

— Nessuno è disposto a far niente? Nessuno? Nessuno?

Erano tutti pazzi. Shane rabbrividì. Aveva fatto bene a stare al gioco e a fingere di prendere in considerazione la proposta di associarsi alla loro ridicola resistenza, che poteva condurre soltanto alla tortura e alla morte per mano degli aalaag. Non avevano nessuna speranza. Nessuna. Se avesse preso seriamente in considerazione la possibilità di unirsi a loro, sarebbe stato altrettanto pazzo.

Il cuore gli martellava nel petto. Il contatto freddo delle dita di Maria sulle sue dita sembrava dilagargli nelle braccia, in tutto il suo essere. No, era inutile. Non importava nulla, anche se erano pazzi.

Non aveva scelta. Qualcosa, dentro di lui, non gli lasciava scelta, benché sapesse che cosa significava. L’avrebbe fatto, anche se sapeva che alla fine l’avrebbe portato alla morte. Li avrebbe cercati di nuovo e sarebbe tornato. Per unirsi a loro.