— Lascerò cento lire sul banco — disse, rivolgendosi alla schiena del negoziante. — Non si volti e non esca se non quando me ne sarò andato da cinque minuti. Capito?
— Capito.
Shane girò sui tacchi e uscì. Nel passare diede un’occhiata al banco. Aveva estratto le monete a casaccio dalla borsa, e aveva messo sul piano l’equivalente di centocinquanta lire in oro e argento. Non era il caso di far apparire l’episodio ancora più importante del necessario agli occhi del negoziante. Shane riprese l’equivalente di cinquanta lire e uscì, ritornando verso la piazza dove aveva visto l’aalaag sulla cavalcatura.
Si rendeva perfettamente conto che il tempo passava in fretta. Non poteva di stare lontano dal quartier generale più dell’ora concessagli dal funzionario di turno. Se l’aalaag aveva lasciato la piazza…
Ma non l’aveva lasciata. Quando Shane, sudando, uscì nuovamente sulla piazza, la figura massiccia era ancora lì, indifferente come prima.
Shane, date le sue mansioni, era autorizzato a portare uno degli orologi perpetui degli aalaag. Adesso l’aveva nella borsa, ma non osava consultarlo per vedere quanto tempo gli restava. Gli umani comuni che gli stavano intorno, vedendolo, avrebbero capito che era un servitore degli alieni, e questo gli avrebbe attirato la loro ostilità… un’ostilità che poteva essere fatale.
Passò in fretta tra la folla che brulicava nella piazza. Quando si avvicinò all’aalaag in groppa alla cavalcatura, il coraggio ispirato dall’adrenalina quasi gli venne a mancare. Ma il ricordo della prigioniera al quartier generale riaffiorò nella sua mente, spingendolo a proseguire.
Volutamente, passò proprio sotto la testa massiccia della cavalcatura, e quella alzò il muso. Il movimento fu minimo, pochi centimetri, ma bastò per attirare l’attenzione dell’aalaag. L’aalaag abbassò gli occhi su Shane.
Continuando a muoversi, Shane tenne la testa bassa. Si era tirato i capelli sulla fronte, il più possibile, per nascondere la faccia alla vista dell’alieno… ma non era su questo che contava, per conservare l’anonimato. Pochi aalaag sapevano distinguere un umano da un altro… anche dopo due anni di stretto contatto, Lyt Ahn riconosceva Shane dagli altri corrieri-interpreti più per gli orari in cui Shane. si presentava che per qualche individualità fisica.
Shane passò oltre in fretta: e l’alieno, indifferente a qual capo di bestiame che si allontanava, levò di nuovo gli occhi verso l’infinito e ritornò ai suoi pensieri. Shane proseguì solo per qualche passo, fino alla colonna più vicina, e si fermò. Lì, nascondendo con il proprio corpo i movimenti all’alieno che stava dietro di lui, prese dalla borsa il gessetto bianco da sarto e con mano tremante tracciò sulla pietra la figura ammantata con il bastone.
Arretrò, e l’improvviso, quasi inudibile gemito di riconoscimento della folla attirò, come aveva previsto, l’attenzione dell’aalaag. Immediatamente l’alieno fece girare la cavalcatura e impugnò lo stesso tipo di paralizzatore con il quale era stata catturata la prigioniera.
Ma Shane era già in movimento. Corse in mezzo alla folla, si buttò a terra in modo che gli altri lo nascondessero agli occhi dell’aalaag, e rotolò via, sfilandosi freneticamente la veste double face.
Istintivamente, gli altri umani gli si strinsero intorno, nascondendolo all’alieno che adesso, con l’arma stretta nella mano massiccia, stava cercando di localizzarlo. La veste s’impigliò e gli si avvolse intorno alle ascelle, ma finalmente Shane riuscì a toglierla. Lasciandola a terra, con la parte azzurra all’esterno, si allontanò carponi fino a quando, arrivato sul bordo della piazza, si azzardò ad alzarsi in piedi e ad allontanarsi più in fretta che poteva senza attirare l’attenzione.
Ansimante e fradicio di sudore, lasciandosi indietro gli umani che evitavano studiatamente di guardarlo e incominciando a muoversi tra altri che lo guardavano con un interesse del tutto normale, Shane si avviò in fretta verso il quartier generale degli aalaag. Soggettivamente gli sembrava che fosse passata almeno un’ora dal momento in cui era passato sotto il muso della cavalcatura dell’aalaag: ma la ragione gli diceva che l’intero episodio non poteva aver occupato più di qualche minuto. Si fermò a una fontana (era una fortuna, pensò, che in Italia ci fossero tante fontane) per lavarsi la faccia, il collo e le ascelle. Ufficialmente gli aalaag erano indifferenti al lezzo del bestiame; ma in pratica preferivano gli umani che puzzavano il meno possibile… anche se non pensavano mai che loro stessi erano sgradevoli per l’olfatto degli umani quanto gli umani lo erano per il loro. Ma se Shane fosse tornato con un forte odore di sudore da quello che in teoria era stato un periodo di riposo avrebbe potuto attirare l’attenzione sul tempo che aveva trascorso fuori dall’ufficio.
Si servì della chiave per entrare dalla stessa porta da cui era uscito: e questa volta salì la scala, anziché prendere l’ascensore, per arrivare al piano dell’entrata del quartier generale. Nessuno lo vide. Si fermò per controllare il cronometro e vide che mancava ancora una dozzina di minuti allo scadere dell’ora.
Ne approfittò per chiedere a una delle Guardie Ordinarie dov’erano i locali di riposo per il bestiame, vi andò, e da lì ritornò nell’ufficio dove aveva atteso la prima volta. Quando fu davanti alla porta dell’ufficio si accorse che gli restavano ancora quattro minuti, e restò dov’era fino a quando poté entrare nel momento preciso in cui gli era stato detto di ripresentarsi.
L’ufficiale alieno alla scrivania alzò la testa quando Shane entrò, lanciò un’occhiata all’orologio sopra la porta e tornò a esaminare le sue carte in silenzio. Tuttavia, Shane era soddisfatto. L’obbedienza puntuale era un segno in favore degli umani, agli occhi degli aalaag. Ritornò nel punto dove aveva atteso prima, in piedi, e riprese ad attendere.
Circa tre quarti d’ora dopo la porta si aprì e Laa Ehon entrò con Otah On. Con l’osservazione acuta di un essere soggetto, rafforzata dall’esperienza acquisita nei due anni di stretto contatto con gli alieni, Shane riconobbe immediatamente i due ufficiali. Andarono subito alla finestra per guardare la prigioniera umana; e il cuore di Shane si strinse per il panico.
Era inconcepibile che la sua azione sulla piazza, compiuta un’ora prima, non fosse stata segnalata nel frattempo. Tuttavia sembrava che i due alti ufficiali stessero per procedere con la giovane donna come se non fosse accaduto nulla. Poi Laa Ehon parlò.
— In effetti il colore è lo stesso — disse il Comandante del quartier generale. — Devono esserci molti capi di bestiame vestiti così.
— Verissimo, immacolato signore — rispose Otah On.
Laa Ehon studiò ancora per un momento la giovane donna.
— È mai stata informata della ragione specifica per cui è stata portata qui? — chiese.
— Non le è stato detto nulla, immacolato signore.
— Sì — disse pensosamente Laa Ehon. — Bene, allora. È una bestia giovane e sana. Non è il caso di sprecarla. Lasciatela andare.
— Sarà fatto.
Laa Ehon si staccò dalla finestra e girò gli occhi intorno a sé, fissando lo sguardo su Shane. Poi si avvicinò.
— Tu sei la bestia con i dispacci di Lyt Ahn?
— Sì, immacolato signore — disse Shane. — Li ho qui.
Li estrasse dalla borsa e li posò nell’enorme mano del Comandante. Laa Ehon li prese, li aprì e lesse. Poi li passò a Otah On.
— Eseguire.
— Sì, immacolato signore.
Otah On portò i dispacci alla scrivania dell’ufficiale di servizio, gli parlò e gli diede i fogli. Gli occhi di Laa Ehon si fissarono su Shane con un barlume d’interesse.
— Tu parli con grande purezza — disse il Comandante. — Appartieni al gruppo speciale di bestie del Primo Capitano, che usa per parlare e portare messaggi, non è così?