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— Dunque — disse Peter, — in che lingua parlava Laa Ehon?

— In aalaag, naturalmente.

— E tu l’hai compreso tanto bene da intuire che c’era la possibilità di fargli credere che l’umano che cercavano fosse un altro e non Maria?

— Ve l’ho detto. — Una sorda stanchezza incominciava a impadronirsi di Shane, mentre la furia si spegneva. — Sono un traduttore. Faccio parte del gruppo speciale di traduttori umani di Lyt Ahn.

— Nessun umano sa parlare o capire veramente la lingua aalaag — disse in basco l’uomo con la pipa.

— Molti non ci riescono — rispose Shane, in basco. La stanchezza lo intontiva al punto che quasi non si accorgeva del cambiamento della lingua. — Vi dico che faccio parte di un gruppo speciale appartenente a Lyt Ahn.

— Che cosa? Cos’hai detto, Georges? — Peter stava girando lo sguardo dall’uno all’altro.

— Lui parla il basco — disse Georges, fissando Shane.

— Lo parla bene?

— Ecco… — Georges fece uno sforzo. — Lo parla… molto bene.

Peter si rivolse a Shane.

— Quante lingue parli?

— Quante? — ripeté stordito Shane. — Non lo so. Centocinquanta, duecento le parlo bene. Molte altre le parlo un po’…

— E parli l’aalaag come un alieno.

Shane rise.

— No — disse. — Lo parlo bene… per un umano.

— E giri il mondo come corriere… — Peter si rivolse a Maria e Georges. — State ascoltando?

Maria lo ignorò.

— Perché l’hai fatto? — chiese. — Perché hai cercato di salvarmi? — Lo guardava negli occhi.

Vi fu un nuovo silenzio.

— Yowaragh — disse Shane, cupamente.

— Che cosa?

— È una parola che usano loro — disse Shane. — Gli aalaag. Quando una bestia impazzisce improvvisamente e reagisce contro uno di loro. Fu così quella prima volta ad Aalborg, quando cedetti e misi il segno del pellegrino sul muro, sotto l’uomo che avevano gettato sui ganci per giustiziarlo.

— Non ti aspetterai che crediamo davvero che sei stato tu a inventare il simbolo della resistenza contro gli alieni.

— Vai all’inferno! — gli disse Shane in inglese.

— Cos’hai detto? — chiese prontamente Peter.

— Hai capito benissimo che cosa ho detto — ribatté Shane in tono rabbioso e sempre in inglese, con l’esatto accento della zona di Londra dov’era cresciuto l’altro. — Non m’importa se mi credi o no. Basta che la smetta di cercare di fingere che sai parlare italiano.

Un rossore cupo apparve sulle guance di Peter. Per un secondo i suoi occhi scintillarono. Shane l’aveva compreso alla perfezione. Era uno di quelli che riuscivano a imparare un’altra lingua abbastanza bene per illudersi… ma non la parlava come uno del posto. Shane l’aveva colpito in un punto vulnerabile.

Ma poi Peter rise, e il rossore e lo scintillio negli occhi scomparvero.

— Mi hai pescato, per Dio! Mi hai pescato! — disse in inglese. — Molto bene! Magnifico!

E non me lo perdonerai mai, pensò Shane, scrutandolo.

— Senti un po’… — Peter prese una sedia e la spinse avanti. — Siediti e parliamo. Dimmi, devi avere qualche credenziale che ti permette di passare liberamente attraverso le ispezioni e i controlli degli aalaag comuni, no?

— Ciò che porto — disse Shane, con improvvisa cautela, — rappresenta le mie credenziali. I dispacci del Primo Capitano della Terra permettono a un corriere di passare dovunque.

— Certo! — disse Peter. — Ora siediti…

Indicò a Shane la sedia; e Shane, che all’improvviso s’era accorto di avere le gambe stanchissime, vi si lasciò cadere. Sentì che l’altro gli metteva qualcosa fra le mani, e vide che era un bicchierino pieno per un terzo di un liquido marrone chiaro. Se l’accostò alle labbra: aveva odore di brandy… un brandy piuttosto scadente. Per qualche ragione misteriosa, questo lo rassicurò. Se avessero avuto intenzione di drogarlo, pensò, senza dubbio avrebbero messo la droga in un liquore un po’ più decente.

Il bruciore del brandy sulla lingua lo strappò allo stato d’animo in cui era piombato dal momento in cui era salito sul tassì e s’era accorto che l’avevano sequestrato. All’improvviso si rese conto che si era allontanato dalla minaccia insita nella cattura. All’inizio, quella gente aveva pensato semplicemente che fosse uno degli sciacalli umani degli aalaag. Adesso sembrava che si fossero accorti delle sue capacità e dei relativi vantaggi; e chiaramente Peter, almeno, pensava di sfruttarli nell’interesse del movimento della resistenza.

Ma la situazione era ancora incerta, e poteva evolversi in due modi molto diversi. Sarebbe stato sufficiente che commettesse una svista e, con le sue parole o le sue azioni, li inducesse a sospettare che rappresentava per loro un pericolo; e allora la decisione di eliminarlo si sarebbe riaffermata con forza raddoppiata.

Per il momento la cosa importante era che Peter, il quale sembrava l’elemento dominante del gruppo, pareva deciso a servirsi di lui. Dal canto suo, ora che aveva superato la disperata avventatezza iniziale, Shane si accorgeva che voleva vivere. Ma non voleva che si servissero di lui. Molto più chiaramente di tutti quelli che gli stavano intorno sapeva quanto fosse vano il loro sogno di resistere con successo agli aalaag, e sapeva quanto era inevitabile e atroce la fine alla quale erano destinati se si fossero ostinati a continuare.

Potevano scavarsi la tomba con le loro mani, se ci tenevano. Lui non voleva altro che uscire di là sano e salvo e, in futuro, stare alla larga da quella gente. Troppo tardi, ora che aveva risposto alle loro domande, si rese conto di aver dato loro un’arma di ricatto, dicendo il suo vero nome e la natura del lavoro che svolgeva per gli aalaag. Soprattutto, pensò, doveva conservare il segreto della Chiave di Lyt Ahn. Quelli si sarebbero venduti l’anima pur di avere qualcosa che poteva aprire tante porte degli alieni… le porte dei magazzeni, delle armerie, dell’equipaggiamento per le comunicazioni e i trasporti. E l’uso della Chiave da parte loro sarebbe stato il sistema più sicuro perché gli aalaag scoprissero i legami che avevano con lui. Si era reso troppo appetibile ai loro occhi, pensò rabbiosamente Shane. Era venuto il momento di disilluderli.

— Ho trenta minuti e non di più — disse, — per raggiungere l’aeroporto e presentarmi all’ufficiale aalaag che mi riaccompagnerà al Quartier Generale di Lyt Ahn. Se non arriverò in tempo, tutte le lingue che parlo non avranno più nessuna importanza.

Vi fu un silenzio. Shane vide che si scambiavano occhiate… in particolare Peter, Georges e Maria si stavano consultando con lo sguardo.

— Prendete la macchina — disse Maria in italiano, mentre Peter esitava ancora. — Portatelo all’aeroporto in tempo.

Peter si mosse immediatamente, come se le parole di Maria lo avessero svegliato dal sogno che lo teneva prigioniero. Si rivolse a Carlo.

— Prendi la macchina — disse. — Guida tu. Maria, tu verrai con me e Shane. Georges…

Parlò giusto in tempo per interrompere l’inizio d’una protesta dell’uomo con la pipa.

— … Voglio che chiuda questo posto. Definitivamente! Forse avremo bisogno di una sicurezza ben maggiore di quanto abbiamo avuto fino ad ora. Poi sparisci. Ti troveremo noi. Mi segui?

— Sta bene — disse Georges. — Non metteteci troppo a cercarmi.

— Un giorno o due. È tutto. Carlo… — Peter si guardò intorno.

— Carlo è andato a prendere la macchina — disse Maria. — Muoviamoci, Peter. Già così, ce la faremo appena ad arrivare all’aeroporto.

Shane li seguì lungo il corridoio dal quale era entrato. Incuneato sul sedile posteriore del tassì tra Maria e Peter, con Carlo al volante, all’improvviso provò uno strano senso di ridicolo, come se stessero recitando una folle farsa cinematografica.