Dalla strada veniva il fruscio del traffico; la brezza frusciava nei gigli; dall’edificio venne uno scricchiolio.
— Come? Vuole che dia la cera anche alle fessure dei muri? Come avrò fatto a dimenticarmene!
Schioccò la lingua e si avvicinò alla finestra. Che bei gigli. Aprì il barattolo di vernice, lo posò sul davanzale e poi, con molta attenzione, indorò tutti i gigli, petali, foglie e steli finché i fiori splendettero alla luce del sole come se fossero usciti dalle mani del re Mida. Quando ebbe finito, fece un passo indietro e sorrise per un momento ammirandoli, poi finì di lucidare il pavimento.
Lucidò con particolare cura la parte di fronte all’ufficio di D’Uccia. Passò la cera sotto il liso tappeto che copriva una zona consumata del pavimento dove D’Uccia per quindici anni aveva fatto una rapida svolta a sinistra per entrare ogni mattina nel suo santuario, girò il tappeto e lo cosparse di cera in polvere. Lo rimise attentamente al suo posto e lo spinse un paio di volte con il piede per assicurarsi che scivolasse bene. Il tappeto scivolò via come sull’olio.
Thornier sorrise e scese le scale. In qualche modo il mondo era improvvisamente cambiato. Persino l’aria aveva un altro odore. Si fermò sul pianerottolo per osservarsi in uno specchio decorativo.
Ah! Di nuovo il vecchio combattente. Basta con l’umile e sparuto servo. Basta con la malinconia e la tristezza di una perpetua schiavitù. Nonostante il grigio alle tempie e le rughe del viso, c’era qualcosa del vecchio Thornier… o di uno dei tanti vecchi Thornier del tempo andato. Quale? Quale sarà? Adolfo? O Amleto? Justin, oppure J.J. Jones del Boia della sedia elettrica? Ognuno di loro, tutti loro; perché lui era Ryan Thornier, divo dei vecchi tempi.
— Dove sei stato, ragazzo? — domandò alla propria immagine sorridendo leggermente in segno di approvazione, ammiccò e si avviò verso casa. Domani, promise a se stesso, avrà inizio una nuova vita.
— Ma hai già fatto la stessa promessa per anni e anni, Thorny — disse l’uomo nella cabina di controllo con voce impaziente. — Che cosa vuol dire che «te ne vai»? Hai già detto a D’Uccia che te ne vai?
Thornier sorrise alteramente mentre con la scopa toglieva un poco di polvere da un angolo. — Non esattamente, Richard — rispose. — Ma il padrone lo scoprirà abbastanza presto.
Il tecnico grugnì disgustato. — Non ti capisco, Thorny. Certo, se te ne vai veramente, allora va benissimo… a meno che tu non ti limiti a fare un giro e poi cercare un altro lavoro simile a questo.
— Mai! — proclamò con forza il vecchio attore, e alzò gli occhi verso l’orologio. Le dieci meno cinque. Quasi l’ora dell’arrivo di D’Uccia. Sorrise tra sé e sé.
— Se te ne vai veramente, che cosa stai facendo qui oggi? — domandò Rick Thomas distogliendo brevemente lo sguardo dal Maestro. Aveva le braccia profondamente affondate nelle viscere elettroniche della macchina e, dietro l’orecchio, teneva un sottile cacciavite. — Perché non vai a casa, visto che te ne vai?
— Oh, non preoccuparti, Richard. Questa volta è sul serio.
— Ssssss! — sibilò divertito il tecnico. — Già, era sul serio anche quando hai piantato il Bijou. Solo cne una settimana dopo sei venuto a lavorare qui. E adesso, Mercuzio?
— Ufficio collocamento attori, vecchio. Forse una piccola parte in qualche posto. — Thornier gli sorrise benignamente. — Non ti crucciare per me.
— Thorny, non riesci a ficcarti in testa che il teatro è morto? Non esiste più teatro! Né film, né televisione, eccetto che per i morti e il Maestro. — Batté con la mano sulla copertura metallica della macchina.
— Ho detto — spiegò con pazienza Thorny — «ufficio collocamento» e «piccola parte». Tu… tu, scalpellino dell’era delle macchine, immagine creata soltanto dalle parole.
— Già.
— Credevo che tu volessi che io piantassi questo lavoro, Richard.
— Sì! Se tu riuscissi a fare qualcosa che ti giovasse. Ryan Thornier, eroe di Partiam, partiam, che interpreta un martire con secchio e scopa! Ah ah ah! Mi fai venire i crampi. E ci ricascherai di nuovo. Tu non puoi stare lontano dal palcoscenico, anche se tutto quello che puoi fare è asciugare le macchie di olio.
— Non puoi proprio capire — disse Thornier rigido.
Rick si rizzò per guardarlo, tolse le braccia dal Maestro e vi si appoggiò sopra. — Non posso, Thorny — disse con voce più dolce. — O forse posso. Tu sei un attore e hai sempre interpretato delle parti. Le hai persino vissute. Immagino che tu non possa farci niente. Ma potresti almeno trovarti una parte più saggia da interpretare.
— È stato il mondo a scegliere la parte che devo interpretare — annunciò Thornier con una faccia da funerale.
Rick Thomas si batté una mano sulla fronte e poi se la passò, esasperato, lentamente sulla faccia. — Ci rinuncio! — brontolò. — Guardati! Idolo delle matinées che manovra una scopa. Otto anni fa era sensato… sensato secondo il tuo punto di vista, comunque. Un gesto drammatico. Attore di primo piano rinuncia alle offerte dell’autodramma e accetta di fare il custode. Leale verso le tradizioni, il sindacato e cose del genere. Non ha fatto molto notizia, ma forse è riuscito a far zoppicare ancora un po’ il vecchio teatro. Ma dopo un po’ il pubblico ha smesso di piangere per te, e poi ha persino smesso di pensare come te!
Thornier lo fissò, ansando leggermente. — Che cosa faresti tu — sibilò — se incominciassero a costruire una scatoletta nera da attaccare a quel muro… — Agitò la mano indicando un punto vuoto sopra l’ingombrante massa del Maestro. — Una scatola in grado di riparare, controllare, dirigere e mantenere in ordine… tutte le cose che stai facendo tu… quest’assurda baracca. Supponi che nessuno abbia più bisogno di elettrotecnici.
Rick Thomas ci pensò su per un momento poi sogghignò. — Be’, suppongo che allora cercherei un lavoro per fabbricare quelle scatolette nere.
— Non mi fai ridere, Richard!
— Non ne avevo l’intenzione.
— Tu… tu non sei un artista. — Rosso per l’ira, Thornier lavò insistentemente il pavimento vicino alla cabina di controllo.
Da qualche parte, in basso, sbatté una porta, molto lontano dalla cabina sopra il palcoscenico. Thorny posò da un lato la scopa e andò a guardare alla finestra. Il clop, clop, clop dei passi veloci si avvicinò al corridoio centrale.
— Sua Eccellenza Imperio — mormorò il tecnico guardando l’orologio. — O l’orologio è avanti di due minuti, oppure questa è la mattina in cui ha fatto il bagno.
Thornier sorrise acidamente verso il corridoio centrale, seguendo con gli occhi la figura ondeggiante del direttore del teatro. Quando D’Uccia scomparve oltre la balconata di fondo, riprese a strofinare il pavimento.
— Non capisco perché tu non cerchi un lavoro come venditore, Thorny — arrischiò Rick, tornando al proprio lavoro. — Un buon venditore è come un attore, meno il temperamento. Ci sono un mucchio di richieste per buoni attori, adesso che ci penso. Politici, grandi capi, persino generali, alcuni di loro sembrano basarsi esclusivamente sulle loro doti drammatiche. La storia lo dimostra.
— Bah, io non sono un commediante. — Si fermò a osservare Rick che stava mettendo a punto il Maestro, poi scosse lentamente la testa. — Tranquillizza la tua coscienza, Richard — disse alla fine.
Sorpreso, il tecnico fece cadere il cacciavite e guardò in su con aria interrogativa. — La mia coscienza? Che diavolo c’è che non va nella mia coscienza?
— Oh, non fingere. È per questo che ti preoccupi così per me. Lo so che tu non puoi farci niente se il tuo… lavoro ha pervertito una grande arte.