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Loyse scorse l’immagine riflessa nello specchio, e le parve che facesse sbiadire ancora di più la sua. Ma non si voltò.

«Salve, Nobile Fulk.» La sua voce era atona.

«Nobile Fulk, eh? È così che parli a tuo padre, ragazza? Vieni qui e una volta tanto dimostra di avere nelle vene qualcosa di più del ghiaccio!»

Le posò una mano sulla spalla, sotto la treccia, e la costrinse a girarsi, stringendola con una forza che le avrebbe lasciato un livido per una settimana. L’aveva fatto apposta: lei lo sapeva, ma non mostrò di essersene accorta.

«Sono venuto a portarti una notizia che farebbe spiccare salti di gioia a una ragazza come si deve, e tu mi guardi con quella faccia da pesce morto,» protestò giovialmente Fulk. Ma l’espressione che aveva negli occhi non era allegria.

«Non mi hai ancora dato la notizia, mio signore.»

Le dita di Fulk strinsero più forte, come cercassero le ossa per stritolarle.

«Sicuro, non te l’ho data! Eppure è una notizia che farebbe battere il cuore ad ogni ragazza! Nozze e letto, ragazza mia, nozze e letto!»

Volutamente, Loyse finse di fraintenderlo: ma provava una paura che non aveva mai conosciuto.

«Hai deciso di dare una dama a Verlaine, mio signore? Che la fortuna ti conceda una bella sposa.»

Fulk non allentò la stretta; la scrollò, simulando un ammonimento scherzoso, ma con una forza che la faceva soffrire.

«Sarai una donna da niente, ma non sei stupida, anche se credi di ingannare gli altri. Dovresti essere ormai una femmina, alla tua età. Almeno, adesso avrai un consorte per farne la prova. E ti consiglio di non tentare i tuoi trucchi con lui. Preferisce compagne di letto molto docili!»

Ciò che Loyse aveva sempre temuto più di ogni altra cosa era accaduto: e non riuscì a trattenersi in tempo dal tradire i suoi sentimenti.

«Un matrimonio richiede il libero consenso…» Poi s’interruppe, vergognandosi di quell’incrinatura momentanea.

Fulk rideva, felice di averle strappato quella protesta. Spostò la mano, stringendole la nuca in una morsa che le fece sfuggire dalle labbra un’esclamazione soffocata. Poi, come se muovesse un pupazzo inanimato, la fece girare su se stessa, volgendola verso lo scudo, tempestandola di parole che la ferivano più di qualunque percossa.

«Guarda quella specie di ricotta che tu chiami faccia! Credi che un uomo potrebbe accostarvi le labbra senza chiudere gli occhi ed augurarsi di essere altrove? Rallegrati, ragazza, di aver qualcosa, oltre quella faccia e quel corpo ossuto, per allettare un corteggiatore. Acconsentirai liberamente a prendere per marito chiunque ti voglia. E sii lieta di avere un padre capace di concludere un negoziato come quello che ho ottenuto per te. Faresti meglio a buttarti in ginocchio ed a ringraziare i tuoi dei, perché Fulk sa provvedere alla sua famiglia!»

Le sue parole erano un rombo di tuono; Loyse non vedeva immagini nello specchio, ma solo gli orrori nebulosi della sua fantasia. A quale dei bruti che facevano parte del seguito di Fulk stava per essere gettata… a tutto vantaggio di suo padre?

«Lo stesso Karsten…» Nell’esultanza crescente di Fulk c’era una sorta di stupore. «Karsten, pensa! E questa massa informe di pasta malcotta parla di consenso! Sei veramente stupida!» La lasciò, con una spinta improvvisa che la mandò a sbattere contro lo scudo. Il metallo urtò rumorosamente sulla parete. Loyse si sforzò di mantenere l’equilibrio, vi riuscì, e si volse verso il padre.

«Il Duca!» Non poteva crederlo. Perché il signore di un ducato doveva chiedere in moglie la figlia di un barone della costa, anche se la stirpe di sua madre era antica e nobilissima?

«Sì, il Duca!» Fulk sedette ai piedi del letto, dondolando i piedi. «Un colpo di fortuna! Una buona stella ha sorriso sulla tua culla, ragazza mia. L’araldo di Karsten è arrivato questa mattina, con l’offerta di nozze dell’ascia per te.»

«Perché?»

Fulk smise di agitare i piedi. Non fece smorfie, ma la sua espressione era seria.

«Vi sono molte buone ragioni, come dardi puntati contro la sua schiena!» Alzò le mani e cominciò ad enumerare sulle dita.

«Primo: il Duca, nonostante tutta la sua potenza, era un comandante di mercenari prima d’impadronirsi di Karsten, e credo che non sappia neppure chi è sua madre, per non parlare del padre. Ha schiacciato i nobili che hanno cercato di osteggiarlo. Ma questo è avvenuto una decina di anni fa, e adesso non ha più voglia d’indossare l’armatura per stanare con il fuoco i ribelli dalle loro rocche. Ha conquistato il ducato, e vuole goderselo in pace. Una moglie proveniente dai ranghi di coloro che ha contrastato in passato è un dono di pace. E anche se Verlaine non è la signoria più ricca di Karsten, il sangue della sua stirpe è nobilissimo… non me lo ripeterono forse abbastanza quando venni qui a corteggiare tua madre? Eppure io non ero privo di blasone: ero il figlio minore di Farthom, delle colline del nord!» Torse le labbra, ricordando certi torti subiti in passato.

«E poiché tu sei l’erede di Verlaine, vai benissimo.»

Loyse rise. «Non può essere vero, mio signore, che io sia l’unica fanciulla in età da marito di tutto Karsten.»

«È giusto. E il Duca potrebbe cercare altrove. Ma come ho detto, figlia carissima, tu offri certi altri vantaggi. Verlaine è una signoria costiera, con diritti antichissimi, e il Duca ha ambizioni più pacifiche, adesso, della conquista violenta. Che ne diresti, Loyse, se qui ci fosse un porto capace di attirare tutto il traffico del nord?»

«E cosa farebbe Forte Sulcar se venisse a sorgere un simile porto? Coloro che giurano nel nome di Sul sono gelosi delle loro prerogative.»

«Coloro che giurano nel nome di Sul, forse, presto non potranno più giurare,» ribatté Fulk, con una calma sicurezza carica di convinzione. «Hanno vicini turbolenti, che diventano sempre più pericolosi. Ed Estcarp, cui potrebbero rivolgersi per chiedere aiuto, è un guscio vuoto, divorato dalla dedizione alla stregoneria. Basta una spinta, e quella terra cadrà nella polvere immonda che avrebbe dovuto seppellirla già da molto tempo.»

«Quindi, per la mia stirpe e per il progetto di un porto, il Nobile Yvian si offre di sposarmi,» insistette Loyse, ancora incapace di credere che fosse vero. «Eppure, quel possente signore è veramente libero di inviare qui la sua ascia per concludere un matrimonio? Io vivo reclusa in una fortezza lontana da Kars, tuttavia ho sentito parlare di una certa Aldis che dà ordini, prontamente obbediti da tutti coloro che portano le insegne del Duca.»

«Yvian avrà Aldis e… sì, una cinquantina d’altre come lei, e questo non ti riguarda, ragazza. Dagli un figlio… se il tuo sangue annacquato può formare un uomo, del che io dubito! Dagli un figlio, e tieni la testa alta alla tavola ducale, ma non infastidirlo con la pretesa che ti faccia più compagnia di quanto impone la cortesia. Rallegrati degli onori: e se sei saggia, tratterai con gentilezza Aldis e le altre. Yvian non ha fama di essere un uomo paziente o facile alla tolleranza.» Fulk scese dal letto e si accinse ad uscire. Ma prima di andarsene, sganciò una piccola chiave dalla catena che portava alla cintura, e la gettò alla figlia.

«Nonostante la tua faccia spettrale, non dovrai andare a nozze senza quello che ti spetta. Ti manderò Bettris: lei ha occhio per gli ornamenti e ti aiuterà a scegliere vesti adatte. E veli per coprirti il viso: ne avrai bisogno! E tieni d’occhio Bettris; non permettere che prenda per sé più di quanto possa portar via con tutte e due le mani!»

Loyse afferrò la chiave con un gesto così impaziente che Fulk rise. «In questo sei femmina… gli ornamenti ti piacciono come alle altre. Ancora un paio di tempeste, tanto, e potremo rimpiazzare quello che ti porterai via.»

Uscì, lasciando la porta spalancata. Quando Loyse lo seguì per richiuderla, tenne stretta nella mano la chiave, come se fosse un tesoro. Per mesi, per anni, aveva sognato di entrare in possesso di quel piccolo oggetto metallico. Adesso le era stato consegnato ufficialmente, e nessuno le avrebbe impedito di cercare ciò che voleva veramente, nel magazzeno di Verlaine.