Simon strinse a pugno la destra. «Dopo le mie attività di questi ultimi sette anni, mi chiama onesto?»
Questa volta fu Petronius a ridere: una risatina che sembrava volere invitare l’altro ad apprezzare l’ironia della situazione. «Ma qualche volta l’onestà ha ben poco a che vedere con l’opinione della legge, Tregarth. Se lei non fosse stato un uomo essenzialmente onesto, se non avesse avuto i suoi ideali… non si sarebbe mai opposto a Hanson. È appunto perché lei è ciò che è, io la ritengo maturo per… Vogliamo andare?»
Simon pagò il conto e seguì il dottor Jorge Petronius, quasi senza rendersene conto. Accanto al marciapiedi attendeva una macchina, ma il dottore non rivolse la parola all’autista, quando si avviarono nella notte e nella pioggia.
«Simon Tregarth.» La voce di Petronius, adesso, era impersonale, come se recitasse dati importanti esclusivamente per lui. «Discendente da una famiglia della Cornovaglia. Arruolato nell’Esercito degli Stati Uniti il dieci marzo 1939. Promosso sul campo da sergente a tenente, e poi salito fino al grado di tenente-colonnello. Ha prestato servizio nelle forze d’occupazione fino a quando è stato privato del suo grado e arrestato per… Per cosa, colonnello? Ah, sì, per flagrante attività di mercato nero. Purtroppo il valoroso colonnello si accorse solo troppo tardi di essere stato visto mentre commetteva il reato. Fu questo, no, Tregarth, ad indurla a passare dall’altra parte della barricata? Poiché le avevano affibbiato quella qualifica, pensò che tanto valeva giocare quel gioco.
«Dopo Berlino, si è dedicato a diversi affari discutibili, fino a quando ha commesso l’imprudenza di infastidire Hanson. Un altro affare in cui si è trovato spinto a sua insaputa? Lei mi sembra un uomo sfortunato, Tregarth. Speriamo che questa notte la sua sorte cambi.»
«Dove stiamo andando… al porto?»
Udì ancora una volta la stessa risata soddisfatta. «Siamo diretti verso il centro, ma non al porto. I miei clienti viaggiano, ma non per mare, aria o terra. Che cosa sa delle tradizioni della sua patria d’origine, colonnello?»
«Matacham, in Pennsylvania, non ha tradizioni di cui…»
«Non mi riferisco ad una rozza cittadina mineraria di questo continente. Sto parlando della Cornovaglia, che è più antica del tempo… del nostro tempo.»
«I miei nonni venivano dalla Cornovaglia. Ma non so altro.»
«La sua famiglia era di sangue puro, e la Cornovaglia è antica, antichissima. Nelle leggende, è associata al Galles. Vi era nato re Artù, ed i romani ed i britanni si rifugiarono entro i suoi confini, quando le asce dei sassoni li spedirono al limbo. Prima dei romani vi furono altri: molti, molti altri, alcuni dei quali possedevano strane conoscenze. Lei mi renderà felice, Tregarth.» Vi fu una pausa, come per dargli il tempo di fare qualche commento: ma quando Simon non rispose, Petronius continuò.
«Sto per farle conoscere una delle tradizioni della sua terra d’origine, colonnello. Un esperimento molto interessante. Ah, eccoci arrivati.»
La macchina s’era arrestata davanti ad un vicolo buio. Petronius aprì la portiera.
«È l’unica lacuna della mia sede, Tregarth. Il vicolo è troppo stretto perché la macchina possa passare; dobbiamo andare a piedi.»
Per un momento Simon fissò l’imboccatura nera del vicolo, chiedendosi se il dottore l’aveva condotto al macello. Sammy lo stava aspettando lì? Ma Petronius aveva acceso una lampada tascabile e ne agitava il raggio, come in un cenno d’invito.
«Solo un paio di metri, le assicuro. Mi segua.»
Il vicolo era corto: uscirono in uno spiazzo vuoto tra gli edifici torreggianti. Rannicchiata in una depressione circondata da quei colossi, stava una casetta.
«Come vede, è un anacronismo, Tregarth.» Il dottore infilò una chiave nella serratura della porta. «Questa è una fattoria del tardo secolo decimosettimo nel cuore di una città del ventesimo secolo. Poiché i suoi titoli di proprietà sono in dubbio, continua ad esistere, come uno spettro molto concreto del passato rimasto ad infestare il presente. Entri, la prego.»
Più tardi, mentre si asciugava davanti al caminetto, tenendo in mano il bicchiere offertogli dal suo ospite, Simon pensò che era veramente esatto parlare di casa fantasma. Sarebbero bastati un cappellone a cono sulla testa del dottore ed una spada al suo fianco per completare l’illusione di essere passato da un’epoca all’altra.
«E da qui, dove andrò?» chiese.
Petronius smosse il fuoco con un attizzatoio. «Lei se ne andrà all’alba, colonnello, libero e sicuro, come le ho promesso. In quanto alla destinazione,» fece sorridendo, «vedremo.»
«Perché attendere fino all’alba?»
Come se fosse costretto a dire più di quanto desiderava, Petronius posò l’attizzatoio e si pulì le mani con un fazzoletto, prima di fronteggiare il suo cliente.
«Perché solo all’alba si apre la sua porta… la porta adatta a lei. È una cosa di cui forse riderà, Tregarth, fino a quando vedrà la prova con i suoi occhi. Cosa ne sa dei menhir?»
Simon si sentì assurdamente soddisfatto di poter dare una risposta che l’altro, era chiaro, non si attendeva.
«Erano pietre… erette in cerchi dagli uomini della preistoria… Stonehenge.»
«Erette in cerchi, qualche volta. Ma avevano anche altri usi.» Petronius, adesso, era animato da un’agitazione che non cercava di nascondere, e mirava a suscitare l’attenzione dell’ascoltatore. «Nelle antiche leggende, si parla di certe pietre dotate di un grande potere. La Lia Fail dei Tuatha De Danann, in Irlanda. Quando il legittimo re vi posava sopra i piedi, gridava a voce alta in suo onore. Era la pietra dell’incoronazione di quella razza, uno dei suoi tre grandi tesori. E ancora oggi, i re d’Inghilterra non tengono ancora sotto il trono la Pietra di Scone?
«Ma in Cornovaglia vi era un’altra pietra del potere… il Seggio Periglioso. Si diceva che fosse in grado di giudicare un uomo, di misurarne il valore, e di mandarlo al suo fato. Si diceva che Artù ne avesse scoperto le facoltà grazie al Veggente Merlino, e l’avesse incluso tra i seggi della Tavola Rotonda. Sei dei suoi cavalieri provarono a sedervisi… e scomparvero. Poi ne vennero due che conoscevano il suo segreto e rimasero: Percival e Galahad.»
«Mi stia a sentire,» Simon era amaramente deluso, tanto più che quasi aveva osato riprendere a sperare. Petronius era pazzo, e non c’era scampo, dopotutto. «Artù e la Tavola Rotonda… una favola per bambini. Lei parla come se…»
«Come se fosse storia autentica?» l’interruppe Petronius. «Ah, ma chi può dire che cos’è storico e che cosa non lo è? Ogni parola del passato che giunge fino a noi è colorata ed influenzata dalla cultura, dai pregiudizi, persino dalle condizioni fisiche dello storico che la tramanda alle future generazioni. La tradizione genera la storia: e cos’è la tradizione se non orale? Lei stesso ha visto cambiare tutta la sua vita a causa di una testimonianza menzognera. Tuttavia, quella testimonianza è stata inserita nella documentazione, e adesso è diventata storia, per quanto falsa. Come si può affermare che questa storia sia leggendaria e che quell’altra sia autentica, e come se ne può avere la certezza? La storia viene fatta e registrata da esseri umani, ed è piena di tutti gli errori cui va soggetta la nostra specie. Vi sono frammenti di verità nella leggenda, e molte menzogne nella storia accettata. Lo so bene… perché il Seggio Periglioso esiste!
«Vi sono teorie della storia estranee a quelle convenzionali, che apprendiamo da bambini. Ha mai sentito parlare dei mondi alternati che possono derivare da decisioni fatidiche? In uno di questi mondi, colonnello Tregarth, forse lei non girò gli occhi dall’altra parte, quella notte a Berlino. In un altro, lei non mi ha incontrato un’ora fa, ed ha proseguito verso l’incontro con Sammy!»