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Impartì i suoi ordini. Il potere della Guardiana alimentava il suo; lei osservava e attendeva, pronta ad aiutarlo, ma senza avanzare suggerimenti. Simon era certo dell’obbedienza del suo nemico come era sicuro della vita che ardeva dentro di lui. Ciò che controllava Gorm si sarebbe sgretolato, la barriera sarebbe caduta, finché quello strumento avesse continuato ad operare senza ostacoli da parte dei suoi simili. Ora Estcarp aveva un alleato robot all’interno della fortezza.

Simon alzò la testa, aprì gli occhi, e vide il tavolo dipinto su cui le sue dita stringevano ancora quelle della Guardiana intorno ai piedi della statuina. Ma il manichino non era più perfetto. Entro la cavità della calotta metallica, la testa era una massa informe di cera fusa.

La Guardiana allentò la stretta, ritrasse la mano e l’abbandonò inerte. Simon girò la testa, vide sulla sinistra un viso teso e sbiancato, con gli occhi cerchiati, mentre la donna che aveva concentrato il potere su Aldis si abbandonava sul suo seggio. E anche la figuretta della dama aveva la testa devastata.

L’immagine che era stata battezzata con il nome di Fulk di Verlaine si era rovesciata, e Briant stava raggomitolato su se stesso, con il viso nascosto tra le mani, i capelli incolori incollati sul cranio dal sudore.

«È fatto.» Fu la Guardiana a rompere il silenzio. «Ciò che il Potere può fare, ha fatto. In questo giorno abbiamo operato potentemente, come mai ha fatto il sangue di Estcarp. Ora spetta al fuoco e alla spada, al vento e all’onda, di servirci se vorranno, e se gli uomini li useranno!» Era un filo di voce esausta.

Le rispose qualcuno che si accostò alla tavola per fermarsi davanti a lei, accompagnato dal lieve tintinnio del metallo contro il metallo che distingueva un uomo in pieno assetto di guerra. Koris teneva contro il fianco l’elmo con il falco per cimiero: alzò l’Ascia di Volt.

«Stai certa, Signora, che vi sono uomini pronti ad usare ogni arma accordataci dalla Fortuna. I fari sono accesi, le nostre navi ed i nostri eserciti si muovono.»

Simon, sebbene avesse l’impressione che la terra ondeggiasse sotto i suoi piedi, si alzò. La donna che stava seduta alla sua sinistra si mosse prontamente. Tese la mano, ma prima di toccare quella di lui la lasciò ricadere sul tavolo. E non espresse a parole quella negazione che Simon poteva leggere nelle linee tese del suo corpo.

«La guerra, ora completata secondo il vostro Potere,» disse lui, come se fossero soli, «è tipica di Estcarp. Ma io non sono di Estcarp, e resta l’altra guerra che è il mio genere di potere. Ho giocato il vostro gioco come tu volevi, signora; ora cercherò di giocare il mio!»

Mentre girava intorno al tavolo per raggiungere il Capitano, un’altra persona si alzò, esitando, puntellandosi con la mano al tavolo per sostenersi. Briant fissava la statuetta davanti a sé, ed il suo volto era cupo, perché la figura, sebbene fosse caduta, era intatta.

«Non ho mai affermato di avere il Potere,» disse sottovoce. «E sembra che in questa guerra io sia stato sconfitto. Forse non sarà così con la spada e lo scudo!»

Koris si mosse, come per protestare. Ma la strega che era stata a Kars parlò prontamente:

«Qui c’è libertà di scelta per tutti coloro che cavalcano o navigano sotto la bandiera di Estcarp. Che nessuno forzi tale scelta.»

La Guardiana annuì in segno di assenso. I tre uscirono dalla tenda sulla riva del mare: Koris, vibrante, vivo, con la bella testa eretta sulle spalle grottesche, le narici dilatate per aspirare qualcosa che non era soltanto l’aria salmastra; Simon, che si muoveva più lentamente, in preda ad una stanchezza nuova, ma sostenuto dalla decisione di arrivare fino in fondo a quell’avventura; e Briant, che si assestava l’elmo sulla testa bionda, si avvolgeva intorno alla gola la sciarpa di maglia metallica, gli occhi fissi nel vuoto come se fosse dominato da qualcosa di più forte della sua volontà.

Il Capitano si rivolse agli altri due, quando raggiunsero le barche che li attendevano per portarli alle navi. «Verrete con me sull’ammiraglia, perché tu, Simon, dovrai fungere da guida, e tu…» guardò Briant ed esitò. Ma il ragazzo, sollevando il mento, lo fissò con aria di sfida. Simon sentì come uno scambio enigmatico tra i due, mentre attendeva che Koris rispondesse a quella sfida silenziosa.

«Tu, Briant, ti metterai tra i miei uomini e resterai con loro!»

«Io, Briant,» rispose il ragazzo con un tono quasi impudente, «starò alle tue spalle, Capitano di Estcarp, quando vi sarà una buona ragione per farlo. Ma combatterò con la mia spada e impugnerò il mio scudo, in questa e in qualunque altra battaglia!»

Sembrò per un momento che Koris stesse per ribattere: ma poi li chiamarono dalle barche. E quando avanzarono nell’acqua per salire a bordo, Simon notò che il ragazzo aveva cura di tenersi il più lontano possibile dal comandante, per quanto lo permetteva la piccola imbarcazione.

La nave che rappresentava la punta di diamante dell’attacco di Estcarp era un peschereccio: le Guardie erano stipate a bordo quasi spalla a spalla. Gli altri eterogenei mezzi di trasporto si accodarono mentre avanzavano sulle acque della baia.

Erano abbastanza vicini per vedere la flotta che imputridiva nel porto di Gorm quando risuonò il richiamo dei vascelli di Sulcar, e i mercantili con il loro carico di Falconieri, profughi di Karsten e superstiti di Sulcar aggirarono un promontorio.

Simon non sapeva dove avesse attraversato la barriera durante la fuga da Gorm: forse stava conducendo al disastro la sua flotta. Potevano solo sperare che il Gioco del Potere avesse attenuato la difesa.

Tregarth stava ritto a prua del peschereccio, scrutando il porto della città morta, in attesa di scoprire i primi sintomi della presenza della barriera. O forse sarebbero stati attaccati da una di quelle navi metalliche, inattaccabili?

Il vento gonfiava le vele e, per quanto le navi fossero sovraccariche, tagliavano le onde e mantenevano le posizioni prestabilite. Un relitto proveniente dal porto, che aveva ancora abbastanza vele lacere per prendere il vento ed aveva spezzato gli ormeggi, attraversava la loro rotta: una grande fascia d’alghe verdi sotto la linea di galleggiamento rallentava il suo procedere.

Sul ponte non c’era segno di vita. Da una nave di Sulcar, una sfera descrisse un arco, sollevandosi pigramente nell’aria, e piombò a schiantarsi sul ponte del relitto. Dallo squarcio della tolda si levarono rosse lingue di fiamma che divorarono avidamente il legno secco: la nave, bruciando, andò alla deriva verso il largo.

Simon sorrise a Koris, assillato da un’eccitazione tesa. Ormai era sicuro che avevano superato il primo punto pericoloso.

«Abbiamo varcato la tua barriera?»

«Sì, a meno che l’abbiano avvicinata alla terraferma!»

Koris appoggiò il mento sull’Ascia di Volt, mentre scrutava le dita scure dei moli di quella che un tempo era stata una città fiorente. Sogghignava, come un lupo che mostra le zanne prima della battaglia.

«Si direbbe che questa volta il Potere abbia funzionato,» commentò. «Ora facciamo la nostra parte.»

Simon avvertì come una fitta premonitrice. «Non sottovalutarli. Abbiamo superato solo la prima difesa, forse la più debole.» L’euforia iniziale era svanita rapidamente. Intorno a lui c’erano spade, asce, lanciadardi. Ma nel cuore del forte dei Kolder c’era una scienza di parecchi secoli più avanzata, che da un momento all’altro poteva causare una brutta sorpresa.

Mentre si addentravano nel porto per cercare di raggiungere i moli passando tra i vascelli che marcivano all’ancora, in Sippar continuava a non vedersi alcun segno di vita. Ma il silenzio cupo della città morta scendeva sugli invasori, smorzando il loro ardore, smussando l’entusiasmo e la sensazione di trionfo suscitata dal superamento della barriera.

Koris lo sentì. Passò tra la massa degli uomini che attendevano di sbarcare, cercò il comandante della nave e gli chiese di affrettare l’attracco. Ma si sentì ricordare seccamente che, sebbene il Capitano della Guardia di Estcarp potesse essere onnipotente sulla terraferma, doveva lasciare il mare a quelli che lo conoscevano, e che il comandante non aveva nessuna intenzione di mandare il suo vascello a speronare uno dei relitti.