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Lei gli staccò la mano dal braccio, gliela posò sulla bocca, per farlo tacere. C’era una collera ardente nei suoi occhi e nella sua voce, quando rispose:

«Koris, il Capitano di Estcarp non deve parlare così di se stesso, e tanto meno ad una donna come me, senza eredità di terre o di bellezza!»

Simon si mosse: sapeva che quei due avevano dimenticato la loro presenza. Toccò gentilmente la spalla della strega di Estcarp e le sorrise.

«Lasciamo che combattano la loro battaglia,» mormorò.

Lei rise silenziosamente, secondo la sua abitudine. «Questa discussione delle reciproche indegnità li porterà presto a non parlare più ed a definire il loro futuro.»

«Immagino che lei sia l’erede scomparsa di Verlaine, sposata per procura al Duca Yvian?»

«Infatti. Grazie al suo aiuto sono uscita illesa da Verlaine, dov’ero prigioniera. Fulk non è un nemico gradevole.»

Il sorriso di Simon s’incupì.

«Credo che Fulk e i suoi saccheggiatori riceveranno una lezione nell’immediato futuro: questo li domerà,» commentò, ben sapendo che lei aveva l’abitudine a certi eufemismi. A lui bastava che ammettesse di dover la salvezza a quella ragazza. Da parte di una donna del Potere, quell’ammissione alludeva ad un grande pericolo. All’improvviso, provò l’impulso di prendere una delle navi di Sulcar, caricarvi i suoi guerrieri delle montagne e far vela verso il sud.

«Senza dubbio sarà così,» disse la strega, confermando ciò che Simon aveva detto di Fulk con la sua abituale serenità. «Come hai detto, siamo ancora in guerra, e non l’abbiamo vinta definitivamente. A suo tempo, penseremo anche a Verlaine e Karsten. Simon, il mio nome è Jaelithe.»

Quell’annuncio giunse così improvviso che per un lungo istante l’uomo non comprese. E poi, conoscendo le consuetudini di Estcarp, le leggi che l’avevano legata tanto a lungo, trasse un profondo respiro di stupore di fronte a quella resa totale: il suo nome, il possesso personale più prezioso nel regno del Potere, che non doveva mai essere rivelato, per non cedere anche la propria identità!

Come Koris aveva abbandonato l’ascia sul tavolo, lei aveva lasciato la sua gemma, quando si era portata in disparte con Simon. Per la prima volta, Tregarth si accorse anche di questo. Lei si era disarmata volutamente, aveva abbandonato tutte le sue difese, affidando nelle sue mani ciò che credeva fosse la propria vita. Poteva immaginare ciò che quella resa aveva significato per lei, ma solo oscuramente. Si sentì privo di ogni capacità, di ogni facoltà, deforme come si riteneva Koris.

Eppure si fece avanti, tese le braccia per attirarla a sé. E mentre piegava la testa verso la testa di lei, cercando le labbra che attendevano le sue, Simon sentì che per la prima volta la realtà era veramente cambiata. Ora faceva parte di un disegno in rapida evoluzione, e la sua vita si intesseva con la vita di lei, nella trama di quel mondo. E nulla l’avrebbe spezzata per il resto dei suoi giorni… né lui l’avrebbe mai permesso.

FINE