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L'indomani mattina la neve cadeva ancora, e il terreno era coperto da un'uniforme coltre di bianco. I compagni del padrone di casa non erano ancora ritornati.

— Avranno passato la notte oltre la Liscia, nel villaggio di Timash. Arriveranno quando sarà giorno.

— La Liscia? È quel tratto di mare?

— No, quello è lo Stretto… Dall'altra parte non c'è nessun villaggio! Ma voi, da dove venite? Tu parli come noi, più o meno, ma tuo zio parla in modo strano.

Yahan rivolse un'occhiata di scusa in direzione di Rocannon, che mentre dormiva aveva acquistato un nipote. — Oh, lui è del retroterra — disse; — laggiù parlano diverso. Anche noi lo chiamiamo lo Stretto, e mi piacerebbe trovare qualcuno con una barca, disposto a portarci dall'altra parte.

— Vuoi andare nella terra a sud dello Stretto?

— Be', ora che abbiamo perso tutto, qui siamo solo dei mendicanti. Preferiremmo cercare di ritornare a casa.

— C'è una barca, giù sulla riva, a qualche distanza da noi. Riparleremo della cosa quando il tempo migliorerà. Comunque, devo dirti una cosa, ragazzo: mi vengono i sudori freddi, nel sentirti parlare con tanta tranquillità di andare a sud. Tra lo Stretto e le grandi montagne, a quanto ho sentito raccontare da tutti, non abita nessuno, salvo forse Coloro di Cui Non Si Deve Parlare.

«Inoltre, si tratta di vecchie favole, e chi può dire che esistano davvero, quelle montagne? Io sono stato sull'altra sponda dello Stretto… e non sono molti, quelli che possono dire altrettanto! Io ci sono stato, ma solo sulle colline, a caccia. Laggiù è pieno di pelliun, vicino al mare. Non ci sono villaggi. Non ci sono uomini. Neppure uno. E io non sarei disposto a passarci la notte.

— Niente di tutto questo — fece Yahan, con un sorriso che voleva essere rassicurante. Proseguì in tono indifferente: — Ci limiteremo a seguire la costa, verso est. — Era un po' preoccupato: ad ogni domanda era costretto a inventare storie sempre più complicate.

Ma l'istinto che gli aveva suggerito di mentire sulla loro origine non aveva sbagliato. — Per fortuna non venite dal nord! — disse il loro ospite, che si chiamava Piai, affilando la lama del coltello, a forma di foglia larga e lunga, su una pietra bagnata. — Al di là dello Stretto non ci sono uomini, e dall'altra parte, a settentrione del mare ci sono solo quei miserabili schiavi delle teste gialle. La tua gente non ne ha mai sentito parlare? Nella terra del nord, dall'altra parte del mare, c'è una razza di uomini con i capelli gialli. Te lo assicuro. Si racconta che abitino in case grandi come alberi, che abbiano spade d'argento, e che volino seduti tra le ali dei grifoni!

«Io crederò a queste storie solo quando lo vedrò con i miei occhi! Le pelli di grifone hanno un buon valore su tutta la costa, ma sono bestie pericolose, anche solo a dare loro la caccia. Non parliamo poi di addomesticarle per cavalcarle! Non si può davvero credere a tutto quello che ti racconta la gente. Io vivo abbastanza bene vendendo pelli di pelliun. Riesco ad attirare quelle bestie a una giornata di volo di distanza. Ascolta!

Portò alle labbra irsute lo zufolo e cominciò a soffiare, dapprima molto debolmente: un sottile gemito, quasi inaudibile, esitante, che saliva e cambiava, vibrando e spezzandosi tra le note, e poi sollevandosi fino a diventare una quasi melodia che assomigliava al lamento di un animale selvatico. Rocannon si sentì accapponare la schiena da un brivido: aveva già udito quelle note nelle foreste di Hallan. Yahan, che era cresciuto tra i cacciatori, sorrise con eccitazione e a un certo punto proruppe, come se fosse stato a caccia e avesse scorto la preda: — Canta, canta! È laggiù che si alza! — Egli e Piai passarono il resto della giornata raccontandosi storie di caccia, mentre fuori la neve cadeva più fitta; il vento era cessato.

Il mattino successivo, il ciclo si rischiarò. Come nelle mattinate dell'annofreddo, lo splendore bianco-rosso del sole era abbagliante, riflesso sulle distese nevose. Prima del mezzogiorno giunsero anche i due compagni di Piai, recando con sé alcune pelli di pelliun, grige e vellutate. Erano individui dalle sopracciglia folte, robusti come tutti gli Olgyior meridionali incontrati da Rocannon, e parevano ancora più selvatici di Piai: timorosi degli stranieri in modo quasi animalesco, li evitavano e rivolgevano loro soltanto qualche occhiata di sbieco.

— Chiamano schiavi la mia gente — disse Yahan, rivolto a Rocannon, in un momento in cui gli altri erano usciti dalla capanna. — Ma preferisco essere un uomo che serve altri uomini, piuttosto che una bestia che dà la caccia alle bestie, come questi tre. — Rocannon sollevò una mano, e Yahan tacque, mentre entrava uno dei compagni di Piai, guardingo e taciturno.

— Andiamo — disse Rocannon, nel dialetto degli Olgyior. Nel corso di quegli ultimi due giorni l'aveva imparato un po' meglio.

Si pentiva di essere rimasto nella capanna ad aspettare il ritorno dei due cacciatori, e anche Yahan era preoccupato. Il giovane si rivolse a Piai, che era entrato in quel momento:

— Adesso dobbiamo andare. Questo bel tempo dovrebbe reggere finche non avremo fatto il giro della baia. Se non ci avessi offerto rifugio, non saremmo mai riusciti a sopravvivere a queste due notti di geli. E io non avrei mai sentito suonare così bene la canzone del pelliun. Che tutte le tue cacce possano essere fortunate!

Ma Piai rimase fermo dov'era, senza parlare. Infine si raschiò la gola, sputò nel fuoco, strabuzzò gli occhi e brontolò: — Come, volete fare a piedi il giro della baia? Non volevate attraversare il mare con una barca? Andiamo.

— Benissimo — fece Yahan, lanciando un'occhiata a Rocannon, di soppiatto. Non avevano scelta.

— Allora, muoviamoci — brontolò Piai, e tutti lasciarono la capanna, subito, senza prendere provviste per il viaggio. Piai camminava davanti a tutti, e i suoi due compagni stavano alla retroguardia. Il vento era tiepido, il sole era luminoso, e anche se nei punti all'ombra rimaneva ancora la neve, il resto del terreno era umido e scintillante per il disgelo.

Seguirono per un lungo tratto la costa, in direzione ovest: il sole era prossimo al tramonto quando raggiunsero una piccola baia dove tra scogli e canne, in mezzo all'acqua, era ormeggiata una barca a remi. Il colore del tramonto arrossava l'acqua e il cielo a occidente; al di sopra del bagliore rosso splendeva la piccola luna Heliki, e ad oriente, nel cielo che andava oscurandosi, brillava Grandestella, la compagna di Fomalhaut, simile a un'opale.

Sotto il cielo luminoso, al di sopra della linea brillante dell'acqua, le lunghe colline della costa si stendevano indistinte e scure.

— Ecco la barca — disse Piai, fermandosi e voltandosi verso Rocannon e Yahan. La sua faccia era rossa al sole del tramonto. Gli altri due cacciatori si fecero avanti e si posero in silenzio al loro fianco.

— Al ritorno dovrete remare al buio — disse Yahan.

— Grandestella splende; sarà la nostra lampada. E adesso, ragazzo, parliamo del prezzo che pagherete per farvi traghettare da noi.

— Ah — fece Yahan.

— Piai lo sa… non abbiamo niente. Questo mantello è un suo dono — disse Rocannon, che, vedendo come giravano le cose, non si preoccupava di essere tradito dall'accento.

— Noi siamo poveri cacciatori. Non possiamo fare doni — disse Karrnik, che aveva un tono di voce più basso, e un'aria meno esaltata, più decisa di Piai e dell'altro.

— Non abbiamo niente — ripeté Rocannon. — Non possiamo pagare il trasporto. Lasciateci qui.