— Ieri abbiamo incontrato due Olgyior vivi e uno morto, sull'altra sponda dello Stretto, e ci siamo fermati a chiedere se avessero per caso visto un viaggiatore nudo, accompagnato da un servitore senza valore, diretti a sud. Uno dei due si è fatto piccolo piccolo e ci ha raccontato tutto, e così ho preso il gioiello all'altro. Insieme con la sua vita, perché faceva resistenza. Perciò abbiamo saputo che avevi attraversato lo Stretto; e Kyo ci ha portati a te. Ma perché eri diretto a nord, Rokanan?
— Per… cercare acqua.
— Qui a ponente c'è un fiume — interruppe Raho. — L'ho visto poco prima che incontrassimo voi.
— Allora, andiamo. Io e Yahan non beviamo da ieri.
Salirono sui destrieri, Yahan con Raho, Kyo al suo vecchio posto, dietro Rocannon. L'erba curvata dal vento si allontanò sotto di loro; veleggiarono in direzione sudovest, tra l'immenso altipiano e il sole.
Si accamparono accanto al fiume che serpeggiava lentamente fra l'erba priva di fiori. Rocannon poté finalmente sfilarsi la tuta, e indossò uno degli abiti di ricambio di Mogien. Mangiarono pane secco portato da Tolen, tuberi di peya e quattro conigli dalle corte ali, colpiti da Raho e Yahan, che era pieno di gioia nel riprendere fra le mani un arco.
In quella zona dell'altipiano, gli animali andavano quasi a infilarsi da soli nelle frecce, e si facevano afferrare in volo dai grifoni, poiché non avevano mai imparato ad avere paura dei predatori. Anche le minuscole creature verdi, gialle e viola chiamate kilar, simili a insetti e dotate di ali trasparenti, che riempivano l'aria del loro ronzio, e che in realtà non erano insetti, ma piccoli marsupiali, qui non avevano paura ed erano curiose: si libravano intorno alla testa delle persone, osservando con occhi rotondi e dorati, atterravano per un istante sulla mano e sul ginocchio, e poi, richiamate da qualcosa d'altro, volavano via.
Sembrava che quell'immensa distesa d'erba fosse priva di vita intelligente. Mogien confermò che non avevano visto tracce di uomini o di altri esseri, volando sopra l'altipiano.
— Ci è parso di scorgere qualche creatura la notte scorsa, nei pressi del nostro fuoco — disse Rocannon, titubante. Infatti, che cosa avevano realmente visto? Kyo, che era vicino al fuoco, intento a cucinare, alzò lo sguardo su di lui: Mogien. che si stava slacciando per la notte il cinturone con le due spade, non disse niente.
Lasciarono il campo alle prime luci dell'alba, e per l'intera giornata cavalcarono nel vento tra la pianura e il sole. Volare sull'altipiano era tanto piacevole quanto era stato penoso percorrerlo a piedi. Allo stesso modo trascorse il giorno successivo, e poco prima della sera, mentre erano intenti a scrutare l'orizzonte alla ricerca dei piccoli corsi d'acqua che interrompevano sempre più raramente la distesa erbosa. Yahan si girò sulla sella e gridò nel vento: — Olhor! Guarda davanti a noi! — Molto lontano, davanti a loro, esattamente a sud, un'increspatura quasi impercettibile di colore grigiazzurro interrompeva il piatto orizzonte.
— Le montagne! — esclamò Rocannon, e mentre così diceva, udì che Kyo, alle sue spalle, tratteneva il respiro, come se avesse timore di qualcosa.
Durante il volo del giorno seguente, la piatta savana cominciò a sollevarsi gradualmente a formare basse collinette, che erano come le grandi onde di un mare tranquillo. Di tanto in tanto vagavano sopra di loro alti cumuli diretti verso il nord, e nella lontananza potevano vedere che la terra si alzava, diventava scura e accidentata. Quella sera le montagne si poterono distinguere chiaramente; dove la pianura era già buia in lontananza, minuscoli picchi verso sud continuarono ancora per molto tempo a brillare d'oro lucente.
Quando anche quei picchi lontani svanirono nell'oscurità, sorse la luna Lioka, che salì nel cielo come una grande stella gialla dal corso veloce. Feni e Feli splendevano già, e si muovevano più lentamente da est a ovest. Ultima delle quattro lune sorse Heliki, e seguì le altre, illuminandosi e oscurandosi, illuminandosi e oscurandosi a cicli di mezz'ora. Rocannon giaceva supino sull'erba e osservava, al di là dei lunghi steli, la lenta, luminosa e complessa danza lunare.
L'indomani mattina, quando egli e Kyo si accingevano a montare in sella al grifone dal manto grigio tigrato, Yahan, che teneva la bestia per le briglie, lo avvertì: — Olhor, guidalo con molta attenzione, oggi. — L'animale parve dargli ragione: emise un colpo di tosse e un brontolio, cui fece eco quello del grifone di Mogien.
— Che cos'hanno?
— Fame! — disse Raho, tirando energicamente la briglia del suo grifone bianco. — Si sono riempiti a sazietà con gli herilor di Zgama, ma da quando abbiamo cominciato a volare su questo altipiano non hanno più trovato selvaggina di grossa taglia, e quelle bestie saltellanti sono soltanto un bocconcino di antipasto per loro. Lega il mantello con la cintura, Signore Olhor… se il vento lo portasse sotto i denti del tuo grifone, saresti tu la sua cena.
Raho, che con i suoi capelli chiari e la sua pelle color cioccolato era la prova vivente dell'interesse che qualche sua bisnonna doveva avere destato in un nobile Angyar, era più sfacciato e ironico della media, per un plebeo. Mogien non lo rimproverava mai, e dietro la sua sfacciataggine traspariva la massima dedizione al suo Signore. Già vicino all'età di mezzo, chiaramente pensava che il loro viaggio fosse una completa assurdità, ma altrettanto chiaramente non era mai stato sfiorato dall'idea di fare qualcosa d'altro che seguire il suo giovane Signore in qualsiasi pericolo.
Yahan passò le redini a Rocannon e si affrettò a scostarsi dal grifone, che balzò nell'aria come se fosse scagliato da una molla. Per tutta la giornata i grifoni volarono senza risparmiarsi, senza accusare stanchezza, verso i territori di caccia di cui percepivano o fiutavano l'esistenza a sud, e un vento proveniente dal nord accelerò il loro volo. Sotto la barriera delle montagne si potevano scorgere, sempre più scure e sempre più nette, basse colline coperte di foreste. Anche sulla pianura, di tanto in tanto, si scorgeva qualche macchia di alberi, simile a un'isola nel dilagante mare d'erba. Le macchie si fecero sempre più fitte, fino a diventare foreste interrotte da verdi radure. Prima del tramonto presero terra accanto a un piccolo lago coperto di giunchi, tra collinette alberate. In fretta, con molta cautela, i due plebei levarono dalla groppa dei grifoni ogni finimento ed ogni borsa e pacco, fecero un passo indietro e lasciarono libere le bestie. Gli animali si lanciarono verso l'alto ringhiando e battendo le ampie ali, presero tre direzioni diverse, e svanirono.
— Ritorneranno quando saranno sazi — Yahan spiegò a Rocannon, — o quando il Signore Mogien soffierà il suo fischietto muto.
— A volte ritornano con qualche innamorata… bestie non domate, pericolose — aggiunse Raho, per far paura a Rocannon, che era all'oscuro di molti particolari.
Mogien e i due plebei si allontanarono, per dare la caccia ai conigli saltatori o a qualsiasi altro animale che incontrassero; Rocannon estrasse da terra alcuni grossi tuberi di peya e li mise ad arrostire fra le ceneri, dopo averli avvolti nelle loro foglie. Era un esperto nell'arte di arrangiarsi con ciò che si poteva trovare sul posto, e gli piaceva la vita dell'esploratore; quei giorni di grandi voli che duravano dall'alba al tramonto, di perenne fame saziata a metà, di notti passate dormendo sulla nuda terra al freddo del vento di primavera, l'avevano portato in una strana condizione di affinamento dei sensi, rendendolo pronto e aperto ad ogni sensazione e ad ogni impressione.
Alzandosi dal fuoco, vide che Kyo era sceso al laghetto e che adesso era fermo sulla riva: una figura sottile, non più alta delle canne che spuntavano dall'acqua. Il Fian stava fissando le montagne che s'innalzavano come grige torri, a sud, e che raccoglievano intorno alle loro alte cime tutte le nubi e il silenzio del cielo.