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Dopo due giorni di volo giunsero a un altro villaggio del piccolo popolo, dove furono nuovamente ricevuti in grande amicizia, tanto che il loro, più che l'arrivo di persone estranee, si sarebbe detto il ritorno di amici lungamente attesi. Quando i destrieri presero terra, un gruppo di Fiia, uomini e donne, venne ad accogliere i viaggiatori, salutando Rocannon, che era stato il primo a smontare di sella, con le parole: — Salve, Olhor!

Rocannon rimase assai sorpreso, e la sorpresa non cessò neppure dopo che si fu detto che quella parola, naturalmente, significava «viaggiatore, errante» e così via, tutti appellativi che corrispondevano al vero. Eppure, a dargli quel soprannome era stato proprio Kyo, il Fian.

In seguito, mentre erano accampati più a valle, dopo un'altra lunga, tranquilla giornata di volo, Rocannon disse a Kyo: — Tra la tua gente, Kyo, avevi un tuo nome proprio?

— Mi chiamavano «pastore», o «fratello giovane», o «corridore». Ero sempre il primo della corsa.

— Ma questi sono soprannomi, descrizioni; come Olhor o Kiemhrir. Siete dei grandi inventori di appellativi, voi Fiia. Salutate ogni visitatore con un soprannome diverso: Signore delle Stelle, Portatore di Spade, Capelli di Sole, Signore delle Parole. Credo che gli Angyar abbiano preso da voi l'amore dei soprannomi. Eppure voi non avete nomi propri.

— Signore delle Stelle, Venuto da Lontano, Capelli di Cenere, Portatore del Gioiello — disse Kyo, sorridendo. — Che cos'è, un nome proprio?

— Capelli di Cenere? Mi sono venuti i capelli grigi? Non sono certo di sapere che cosa sia un nome proprio. Il mio nome, quello che mi è stato dato alla nascita, è Gaveral Rocannon. Una volta detto questo, non ho descritto niente, ma mi sono dato un nome. E quando vedo un nuovo tipo di albero chiedo a te (o a Yahan o a Mogien, perché tu rispondi raramente) quale sia il suo nome. Mi sembra che mi manchi qualcosa, finché non so il suo nome.

— Be', un albero è un albero; come io sono un Fian, come tu sei… cosa?

— Ma ci sono delle differenze, Kyo! In ciascuno dei villaggi che abbiamo incontrato ho chiesto come si chiamano le montagne che sorgono a ponente, la catena che domina su di loro dal momento della nascita a quello della morte, e mi hanno detto: «Quelle sono montagne, Olhor.»

— E lo sono effettivamente — disse Kyo.

— Ma ci sono altre montagne: la catena più bassa che sorge a est, lungo questa stessa valle! Come puoi riconoscere una catena dall'altra, una creatura dall'altra, senza nomi propri?

Con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, il Fian guardava le cime illuminate dal sole del tramonto. Dopo qualche tempo, Rocannon capì che la sua domanda non avrebbe ricevuto risposta.

I venti divennero più caldi e le giornate più lunghe con l'avanzare dell'annocaldo e con il loro procedere verso sud. Poiché i destrieri dovevano portare un carico doppio, le tappe non erano mai troppo lunghe, e spesso si fermavano per un giorno o due, per rifornirsi di selvaggina e per permettere ai destrieri di cacciare. Infine videro che la catena occidentale cominciava a curvarsi nella loro direzione, davanti a loro, per andarsi a congiungere con la catena costiera, a est. Le nuove montagne sbarravano loro la strada; il verde della valle giungeva fino ai piedi dei monti, e non saliva più in su. Molto più in alto si scorgeva qualche macchia di verde e di bruno, che testimoniava della presenza di vallate alpine; più in alto ancora, il grigio della roccia e delle pietraie, e infine, a mezza via tra la terra e il cielo, il bianco luminoso delle cime battute dalle tempeste.

A elevata altitudine, sulle prime montagne, giunsero a un villaggio dei Fiia. Il vento gelido proveniente dai picchi soffiava tra i fragili tetti, disperdendo il fumo azzurrino fra la lunga luce del tramonto e le ombre. Come sempre, vennero ricevuti con grazia e allegria, vennero loro offerte in ciotole di legno, nel tepore di una casa, acqua, carne fresca ed erbe, i loro abiti impolverati vennero ripuliti, e i loro destrieri vennero accuditi e nutriti da bambini vivaci come l'argento vivo.

Dopo il pasto, quattro ragazze del villaggio danzarono in loro onore, senza musica: con movimenti e con passi tanto rapidi e leggeri da sembrare prive di corpo, un gioco di luce e di ombre al chiarore del fuoco, elusive, sfuggenti. Rocannon rivolse a Kyo un sorriso compiaciuto, e il Fian, che sedeva accanto a lui, gli restituì con gravità lo sguardo e disse: — Io rimarrò qui, Olhor.

Rocannon, che stava già per rispondere qualcosa, preoccupato, invece tacque, e per qualche tempo si soffermò ancora a guardare le danzatrici, i giochi sempre cangianti di eteree figure in movimento, illuminate dalla tremula luce del fuoco. Intrecciavano una musica usando il silenzio come materia prima, e intrecciavano strane emozioni nella mente degli spettatori. Sulle pareti di legno, la luce del fuoco si curvava, guizzava e cambiava ad ogni istante.

— È stato predetto che l'Errante avrebbe scelto dei compagni. Per qualche tempo.

Rocannon non capì chi parlasse: se lui stesso, Kyo, oppure la voce dei suoi ricordi. Ma le parole si disegnarono nella sua mente e in quella di Kyo. Le danzatrici si separarono, le ombre guizzarono rapidamente sulle pareti, per un istante i capelli sciolti di una delle ragazze brillarono. La danza che non aveva musica era terminata, le danzatrici che avevano soltanto il nome della luce e dell'ombra adesso erano ferme. Allo stesso modo, tra lui e Kyo, un disegno era giunto al suo termine, lasciando al proprio posto la quiete.

CAPITOLO OTTAVO

Sotto le ali del grifone, che battevano pesantemente, Rocannon vide una salita di rocce spezzate, un ammasso incoerente di macigni che scendeva rapidamente alle loro spalle, e la cui inclinazione era talmente alta che la punta dell'ala sinistra dell'animale sfiorava quasi le rocce, mentre volava verso il passo. Rocannon aveva allacciato le cinghie da coscia, che normalmente venivano usate soltanto in battaglia, perché le correnti ascendenti e le raffiche improvvise rischiavano di far perdere l'equilibrio al grifone; inoltre, per riscaldarsi, indossava la tuta. Dietro a lui, avvolto in tutti i mantelli e le pellicce che possedevano, sedeva Yahan, talmente intirizzito che aveva preferito legarsi i polsi alla sella, poiché non si fidava della sensibilità delle sue mani. Mogien, che volava molto innanzi a loro sul suo destriere) meno carico, sopportava con una gioia selvaggia la loro battaglia contro le grandi cime.

Quindici giorni addietro avevano lasciato l'ultimo villaggio Fian, avevano detto addio a Kyo, e si erano levati in volo sulle colline e le prime montagne, dirigendosi verso quello che sembrava il passo più ampio. I Fiia non avevano saputo fornire loro alcuna indicazione: ad ogni accenno di voler valicare le montagne ammutolivano, con aria impaurita.

I primi giorni erano trascorsi senza problemi, ma quando raggiunsero altitudini più elevate, i destrieri cominciarono a stancarsi rapidamente, poiché l'aria sottile non forniva loro la ricca scorta d'ossigeno che bruciavano volando. Ad altitudini ancora superiori, incontrarono il freddo e il tempo infido dell'alta montagna. Negli ultimi tre giorni avevano percorso meno di quindici chilometri, buona parte dei quali alla cieca. Gli uomini erano affamati perché avevano voluto dare ai grifoni una doppia razione di carne secca; quella mattina Rocannon aveva lasciato che terminassero quanto era rimasto nel sacco, perché se non fossero riusciti a superare il passo quel giorno, avrebbero dovuto tornare indietro, nelle foreste, dove avrebbero potuto cacciare e riposarsi per poi ripetere il tentativo.

Sembrava che avessero trovato la strada giusta per giungere al passo, ma dalle cime a levante soffiava un vento forte e gelido, e il cielo stava diventando bianco e opprimente. Ma Mogien era la guida, e Rocannon costringeva il suo destriero a seguirlo: in quell'interminabile e crudele traversata delle grandi altezze, Mogien era la guida, e Rocannon si limitava a stargli dietro. Aveva scordato il motivo che lo spingeva ad attraversare quelle montagne: sapeva soltanto che doveva farlo, che doveva raggiungere il sud. Ma per trovare il coraggio necessario, egli dipendeva da Mogien.