«Come sta?» chiese a Sylveth in tono discorsivo, prendendole una mano e passandosela sotto il braccio. «Sono molto lieto di conoscerla. Si sta divertendo? Città meravigliosa, Londra…»
Anche lui e Sylveth facevano una bella coppia, decìse Miles, gettando un’occhiata in tralice alle guardie mentre le superavano. Gli uomini non avevano occhi che per la ragazza e con un po’ di fortuna lui non sarebbe stato che una vaga macchia grigia nei loro ricordi.
Sylveth lanciò a Ivan un’occhiata sbalordita, ma a quel punto erano giù usciti al sole.
«Non hai una guardia del corpo» gli fece notare il cugino.
«Incontrerò Quinn tra poco.»
«E come farai a rientrare nell’ambasciata?»
Miles si fermò. «Hai tempo fino a quando torno per trovare un modo.»
«Grrr! E tra quanto torni?»
«Non lo so.»
In quel momento l’attenzione delle guardie all’esterno venne distratta dal sibilo che annunciava l’arrivo di un veicolo terrestre davanti all’entrata; Miles ne approfittò per attraversare di corsa la strada e tuffarsi in un ingresso della metropolitana.
Dieci minuti e due coincidenze dopo, risalì e si ritrovò in una parte della città molto più vecchia, con edifici in stile architettonico del ventiduesimo secolo, restaurati. Non ebbe bisogno di controllare i numeri civici per individuare la sua destinazione. La folla, le transenne, le luci lampeggianti, le macchine a cuscino d’aria della polizia, i vigili del fuoco, le ambulanze… «Maledizione» mormorò e si avviò verso quella strada laterale, ripetendo tra le sé le parole e cambiando il suo accento in quello betano dell’ammiraglio Naismith: «Oh merda…»
L’ufficiale al comando doveva essere quello con il megafono, che stava in mezzo a quella mezza dozzina di uomini che brandivano fucili al plasma. Si fece strada tra la folla e scavalcò la transenna. «È lei l’ufficiale che comanda?»
L’uomo girò di scatto la testa, sorpreso, poi guardò in basso. La sua espressione sbalordita scomparve quando vide l’uniforme di Miles. «È anche lei uno di quei pazzi?» chiese.
Miles si dondolò sui tacchi, pensando a una risposta adeguata. Scartò le prime tre che gli vennero in mente e si limitò a dire: «Sono l’ammiraglio Miles Naismith, comandante della Flotta dei Liberi Mercenari Dendarii. Cos’è successo?» Si interruppe e lentamente e delicatamente spostò verso l’alto con il dito indice la canna di un fucile al plasma che una donna in armatura gli aveva puntato contro. «Per favore, tesoro, sono dalla vostra parte, credimi.» Gli occhi della donna ebbero un lampo di incertezza, ma il comandante della polizia le rivolse un brusco cenno del capo e lei indietreggiò di qualche passo.
«Tentata rapina» rispose allora il commissario. «Quando l’impiegata ha tentato di opporsi, l’hanno attaccata.»
«Rapina?» esclamò Miles. «Mi scusi, ma non ha senso. Credevo che qui i pagamenti avvenissero tramite trasferimento computerizzato di credito; non c’è contante da rubare. Deve esserci stato un malinteso.»
«Non contanti» rispose il commissario. «Merci.»
Il negozio, notò Miles con la coda dell’occhio, era una bottiglieria, con una vetrina infranta. Represse una sensazione di nauseato disagio e proseguì, mantenendo calma la voce. «In ogni caso non riesco a capire tutto questo spiegamento di armi letali per un semplice caso di taccheggio. Non state esagerando un tantino? Dove sono gli storditori?»
«Tengono in ostaggio la donna» rispose cupo il commissario.
«E allora? Addormentateli tutti e Dio riconoscerà i suoi.»
Il commissario gli rivolse un’occhiata perplessa. Non conosceva la storia, decise Miles… santo cielo, l’origine di quella citazione era dall’altra parte del mare.
«Affermano di avere una specie di bomba e di voler far saltare in aria tutto l’isolato.» Il commissario si interruppe. «È possibile?»
Anche Miles tacque un istante. «Siete già riusciti a stabilire l’identità di quei tipi?»
«No.»
«E come comunicate con loro?»
«Attraverso la consolle di comunicazione. O almeno, fino a poco fa: sembra che l’abbiano distrutta.»
«Naturalmente pagheremo i danni.»
«Pagherete molto più di quello» ruggì il commissario.
«Be’…» con la coda dell’occhio Miles vide un veicolo a cuscino d’aria con la scritta EURONEWS TV che scendeva verso la strada. «Credo che sia arrivato il momento di farla finita.»
E si incamminò verso il negozio di vini.
«Che cosa intende fare?» chiese il poliziotto.
«Arrestarli. Affronteranno una giuria dendarii per aver portato armi fuori dalla nave.»
«E va là da solo? Le spareranno. Sono ubriachi fradici.»
«Non credo che lo faranno. Se davvero le mie truppe vogliono spararmi, sono certo che hanno avuto parecchie occasioni migliori di questa.»
Il commissario aggrottò la fronte ma non lo fermò.
Le porte automatiche non funzionavano e Miles rimase incerto per qualche istante davanti ai vetri, poi li tempestò di pugni. Vi fu un movimento confuso all’interno, una pausa molto lunga e poi le porte scivolarono di lato di circa trenta centimetri. Miles si mise di traverso, entrò e un uomo le richiuse di nuovo a mano, mettendo la sbarra attraverso le maniglie.
L’interno del negozio era un macello; Miles venne investito dai vapori alcoolici che si levavano dalle bottiglie infrante e boccheggiò. Ci si potrebbe sbronzare anche solo respirando… La passatoia sotto i suoi piedi sciaguattava.
Si guardò intorno, per decidere chi voleva ammazzare per primo: quello che gli aveva aperto la porta non poteva passare inosservato, perché indossava solo la biancheria.
«…Ammiraglio Naismith» sibilò l’uomo e barcollando si mise sull’attenti ed eseguì il saluto.
«A che squadra appartieni, soldato?» gli ringhiò contro Miles e le mani dell’uomo fecero qualche movimento incerto, come se stesse cercando di spiegarsi a gesti. Miles non riuscì a cavargli il nome.
Un altro dendarii, questo però in uniforme, era seduto sul pavimento con la schiena appoggiata a un pilastro. Miles si accucciò, prendendo in considerazione l’idea di trascinarlo in piedi, o almeno in ginocchio, afferrandolo per il bavero della giacca, ma poi lo guardò in faccia. Piccoli occhietti rossi come carboni lo fissarono dalle orbite, senza riconoscerlo. «Puah!» mormorò Miles e si rimise in piedi senza cercare di parlargli: la coscienza di quell’uomo doveva essere sprofondata in qualche distorsione galattica.
«E chi se ne frega?» esclamò una voce rauca dal pavimento dietro un banco, uno dei pochi che non fossero stati violentemente rovesciati. «Chi diavolo se ne frega?»
Oh, guarda guarda, qui ci sono i migliori e i più svegli, vero? pensò acido. Dal fondo del banco emerse un uomo in posizione eretta, che esclamò: «Ma non può essere, è scomparso di nuovo…»
Finalmente qualcuno di cui Miles conosceva il nome. Benissimo. «Ah, soldato semplice Danio. Che strano incontrarla qui.»
Danio riuscì in qualche modo a mettersi sull’attenti, torreggiando sopra Miles. Nella manona a forma di prosciutto era stretta minacciosamente un’antiquata pistola, con il calcio segnato da molte tacche. Miles la indicò con un cenno del capo. «È per recuperare quell’arma mortale che sono stato distolto dai miei affari e costretto a venire qui? Da come parlavano sembrava che vi foste portati dietro tutto il nostro arsenale.»
«Signornò, signore!» ribatté Danio, «sarebbe stato contro il regolamento. Questa» e diede una pacca affettuosa alla pistola, «è mia personale. Perché non si sa mai. Il mondo è pieno di pazzi.»
«Tra di voi c’è qualcun altro armato?»
«Yalen ha il suo coltello da caccia.»
Miles represse un brivido di sollievo, ritenendolo prematuro. Però, se questi idioti non avevano complici, la Flotta Dendarii poteva anche cavarsela senza venir coinvolta ufficialmente in quel casino. «Lo sapevate che portare armi di qualunque genere è un’offesa criminale in questa giurisdizione?»