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«Hanno fatto questo ad un gatto?» Miles osservò incredulo Elli che prendeva in braccio quell’enorme pelliccia senz’ossa.

«Lo accarezzi» disse il commesso a Elli.

La ragazza accarezzò la pelliccia e rise. «Fa le fusa!»

«Certo e inoltre ha un orientamento termotassico programmabile… in altre parole, vi si rannicchia addosso!»

Elli si avvolse da capo a piedi in quella pelliccia nera, che formò uno strascico simile a quello di una regina e poi strofinò la guancia su quel pelo setoso e lucente. «E che cosa si inventeranno, la prossima volta? Oh, ti viene voglia di strofinartelo tutto sulla pelle.»

«Davvero?» mormorò Miles in tono dubbioso. Ma poi ai suoi occhi si presentò l’immagine della deliziosa pelle di Elli che si strusciava su quella stoffa ronfante. «Davvero?» disse di nuovo, ma in tono completamente diverso, scoprendo i denti in una smorfia sorridente. «Lo prendiamo» disse rivolto al commesso.

L’imbarazzo arrivò quando Miles tirò fuori la sua carta di credito e guardandola, si rese conto che non poteva usarla: era quella del tenente Vorkosigan, su cui era registrato il suo stipendio dell’ambasciata, che avrebbe potuto compromettere del tutto la sua copertura. Vedendolo esitare, Elli guardò al di sopra delle sue spalle e Miles inclinò la carta verso di lei, nascondendola nel palmo e i loro occhi si incontrarono.

«Ah, no… no» convenne Elli e prese il proprio portafoglio.

Avrei dovuto prima chiedere il prezzo, pensò Miles mentre uscivano dal negozio trascinandosi dietro quell’ingombrante fagotto nel suo elegante sacchetto di plastica color argento. Alla fine il commesso era riuscito a convincerli che non c’era bisogno di praticare buchi per l’aria nella confezione. Be’, Elli era rimasta incantata da quella pelliccia e non era certo il caso di perdere l’opportunità di accontentare Elli solo per imprudenza o orgoglio… e lui voleva accontentarla. Le avrebbe restituito i soldi in seguito.

Ma adesso dove potevano andare a provare il loro acquisto? Miles cercò di farsi venire un’idea mentre lasciavano il centro commerciale e si dirigevano verso la più vicina entrata della metropolitana. Non voleva ancora che la notte finisse. Non sapeva cosa voleva. No, sapeva perfettamente cosa voleva, solo non sapeva se poteva averla.

E sospettava che neppure Elli sapesse quanto si erano spinti lontano i suoi pensieri. Un interludio romantico era una cosa, ma il cambiamento di carriera che lui stava pensando di proporle (che bel modo di formulare la frase), avrebbe sconvolto la sua esistenza. Elli, nata nello spazio, che nei momenti di distrazione chiamava "mangiapolvere" tutti quelli che stavano a terra; Elli, che si era programmata una sua carriera; Elli, che camminava sulla terra con tutto l’ovvio disgusto di una sirena fuor d’acqua. Elli era un paese indipendente, Elli era un’isola… e lui era un’idiota e questa faccenda doveva risolversi prima o poi, o sarebbe scoppiato.

Lo spettacolo della famosa Luna della Terra, preferibilmente specchiata nell’acqua, avrebbe fatto al caso loro. Ma purtroppo in quel settore il vecchio fiume di Londra era stato incanalato sottoterra durante il boom edilizio del ventitreesimo secolo che aveva ricoperto con una cupola tutto ciò che non erano vertiginosi grattacieli spiraleggianti per preservare gli edifici storici. La quiete, qualche bel posticino tranquillo, non erano facili a trovarsi in una città di milioni di persone indaffarate.

La tomba è un posto tranquillo e riservato, ma nessuno, credo, ci ha mai fatto l’amore… I dolorosi flashback degli avvenimenti su Dagoola si erano diradati nelle ultime settimane, ma questo lo prese del tutto alla sprovvista mentre si trovava in un tunnel pubblico di discesa… Elli stava cadendo, strappata alla sua presa malsicura da un vortice maligno (un difetto di progettazione del sistema anti-gravità), per essere ingoiata dal buio…

«Miles, ehi!» esclamò Elli. «Lasciami andare il braccio! Ma cosa succede?»

«…cadendo» boccheggiò Miles.

«Ma certo che stiamo cadendo,» confermò Elli «questo è un tunnel di discesa. Ti senti bene? Fammi vedere le pupille.» Afferrò una maniglia e la tirò verso la parete del tunnel, fuori dalla zona centrale di traffico veloce. I londinesi nottambuli continuarono a svolazzare attorno a loro. L’inferno era stato modernizzato, decise Miles completamente frastornato, e questo era un fiume di anime perse che scendeva gorgogliando in una fognatura cosmica, in fretta, sempre più in fretta.

Erano le pupille degli occhi di Elli ad essere grandi e scure…

«Le pupille ti si dilatano o si restringono quando ti viene una di quelle tue imprevedibili reazioni ai medicinali?» gli chiese preoccupata, il volto a pochi centimetri dal suo.

«Cosa fanno in questo momento?»

«Pulsano.»

«Allora sto bene» riuscì a dire Miles. «Ormai il medico controlla due volte tutto quello che mi fa prendere. Però mi aveva detto che poteva lasciarmi un po’ confuso.» Non le aveva lasciato andare il braccio.

E di colpo, Miles si rese conto che nel tunnel la differenza di altezza era annullata: erano sospesi faccia a faccia, anche se gli stivali di Miles galleggiavano sopra le sue anche… non aveva neppure bisogno di cercare una cassa per salirci sopra, né tantomeno di farsi venire il torcicollo… e d’impulso, affondò le labbra su quelle di lei.

Ci fu un istante di terrore nella sua mente, come l’attimo in cui si era tuffato dalle rocce in trenta metri di acqua limpida color smeraldo, anche se sapeva che era gelata, dopo che si era arreso alla gravità, ma prima di rendersi conto pienamente delle conseguenze del suo gesto.

L’acqua era calda, calda… gli occhi di Elli divennero ancor più grandi, per la sorpresa. Miles esitò, perdendo così quel prezioso istante di follia e fece per scostarsi. Allora le labbra di Elli si aprirono e la mano di lei lo afferrò alla nuca. Era una donna atletica e quella presa pur non essendo regolamentare era però un efficace modo di immobilizzarlo. E questa era la prima volta che essere immobilizzato a tappeto voleva dire che aveva vinto. Divorò le sue labbra come un affamato, le baciò le guance, le palpebre, la fronte, il naso… dov’era finita quella bocca dolcissima? Ah, eccola qui…

Il pacchetto voluminoso che conteneva la pelliccia viva cominciò ad andarsene lentamente alla deriva, sbattendo contro le pareti del pozzo. Vennero urtati da una donna in discesa che li gratificò di un’occhiata severa e poi da un divertito adolescente che scendendo all’impazzata al centro del tunnel, fischiò verso di loro, facendo un gesto esplicito e tutt’altro che decente e in quel momento, il cercapersone nella tasca di Elli si svegliò.

Imbarazzati, recuperarono il pacco, presero la prima uscita che trovarono, e passando di corsa sotto un arco, raggiunsero una piattaforma della metropolitana. Si fermarono e si guardarono, scossi. In un unico istante di follia, si rese conto Miles, aveva mandato a carte e quarantotto tutto il delicato equilibrio del loro rapporto e adesso cos’erano? Ufficiale e subalterno? Un uomo e una donna? Amico e amica? Amante e amante? Poteva essere un errore fatale.

Ma avrebbe potuto essere fatale anche senza l’errore: la lezione di Dagoola aveva lasciato il segno. L’individuo dentro l’uniforme era qualcosa di più di un semplice soldato, l’uomo era molto più complesso del suo ruolo. Domani la morte avrebbe potuto prendersi non solo lui, ma anche lei e un universo di possibilità e non solo un ufficiale comandante, si sarebbe estinto. L’avrebbe baciata di nuovo… ma qui, maledizione, arrivava solo a quella gola di avorio…

Quella gola di avorio emise un suono frustrato e Elli aprì il canale di sicurezza del comunicatore, dicendo: «Che diamine…?»

«Comandante Quinn?» disse la voce di Ivan Vorpatril, distante ma chiara. «Miles è con lei?»

Una smorfia di frustrazione curvò le labbra di Miles: il tempismo di Ivan era sovrannaturale, come sempre.