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Miles si aggrappò all’unico appiglio che aveva. «Non ero senza guardia del corpo, signore: il comandante Quinn era presente. Non voglio accantonare nulla.»

«Allora può cominciare con lo spiegarmi in dettaglio come ha fatto ad attraversare la rete di sicurezza senza che nessuno si accorgesse di lei.» Galeni incrociò le braccia, inalberando un irato cipiglio.

«Io…» Era arrivato al bivio: confessare avrebbe messo in pace la sua anima, ma poteva tradire Ivan? «Sono uscito dalla porta principale, in mezzo ad un gruppo di ospiti che stava lasciando il ricevimento e poiché indossavo l’uniforme dendarii, la guardia ha immaginato che fossi uno di loro.»

«E per rientrare?»

Miles tacque. Galeni doveva conoscere tutti i fatti per poter rimettere insieme la rete di sicurezza, ma tra le altre cose Miles non sapeva assolutamente come Ivan si fosse beffato delle videocamere né tantomeno del caporale di guardia. Era crollato addormentato senza avere il tempo di chiedere i particolari.

«È inutile che cerchi di proteggere Vorpatril, tenente» gli fece notare Galeni. «La mia prossima vittima è lui.»

«Che cosa le fa pensare che sia coinvolto Ivan?» disse Miles, cercando di guadagnare tempo per pensare. No, avrebbe fatto meglio a pensare prima.

«Cerchi di essere serio, Vorkosigan» lo rimbeccò Galeni in tono disgustato.

Miles prese fiato. «Tutto quello che Ivan ha fatto, l’ha fatto per ordine mio. La responsabilità ricade completamente su di me. Se lei si dichiara d’accordo nel non accusarlo di niente, gli chiederò di di farle un rapporto completo su come è riuscito a creare un buco temporaneo nella rete di sicurezza.»

«Ah, davvero?» Le labbra di Galeni si tesero. «Le è passato per la mente che in questa catena di comando, il tenente Vorpatril è suo superiore in grado?»

«No, signore. Mi è sfuggito di mente.»

«E anche a lui, pare.»

«In un primo tempo la mia intenzione era quella di assentarmi solo il minimo indispensabile e l’ultima delle mie preoccupazioni era trovare il modo di rientrare. Quando le cose si sono protratte, mi è parso evidente che sarei dovuto tornare senza sotterfugi, ma erano ormai le due di notte e Ivan si era dato tanto da fare… mi sembrava di non dover sprecare l’occasione.»

«E inoltre» aggiunse Galeni sotto voce, «sembrava che potesse funzionare…»

Miles trattenne un sorriso. «Ivan è solo un complice innocente. Può accusare me di tutto quello che vuole, signore.»

«La ringrazio per il suo gentile permesso, tenente.»

Punto sul vivo, Miles scattò: «Maledizione, signore, cosa vuole da me? I dendarii sono truppe barrayarane tanto quanto chiunque altro indossi l’uniforme dell’Impero, anche se loro non lo sanno. E sono stati affidati a me. Non posso trascurare i loro bisogni immediati, neppure per recitare la parte del tenente Vorkosigan.»

Galeni inclinò all’indietro la sedia, sollevando le sopracciglia divertito. «Recitare la parte del tenente Vorkosigan? Chi crede di essere

«Io sono…» Afferrato da un improvviso capogiro, Miles si interruppe. Era come se stesse precipitando per un tunnel di caduta, tanto che per un istante non riuscì neppure a capire il senso della domanda. Il silenzio si prolungò.

Galeni intrecciò le mani sul tavolo e proseguì in tono più accomodante: «Ha un po’ perso l’orientamento, vero?»

«Io sono…» Miles aprì le mani in un gesto di resa. «Quando sono l’ammiraglio Naismith è mio dovere esserlo nel modo più totale. In genere non mi capita di dover passare in questo modo da un’identità all’altra.»

Galeni inclinò la testa di lato. «Ma l’ammiraglio Naismith non è reale, lo ha detto lei stesso.»

«Uh… è vero, signore, Naismith non è reale.» Miles inspirò a fondo. «Ma i suoi doveri lo sono. Dobbiamo pensare a un sistema più razionale che mi metta in grado di svolgerli.»

Sembrava che Galeni non si fosse reso conto che, per quanto accidentale, l’entrata di Miles nel suo effettivo aveva aumentato il numero non di una, bensì di cinquemila unità. Ma quando quell’idea si fosse fatta strada nella sua mente, avrebbe cercato di impicciarsi degli affari dei dendarii? Miles strinse i denti per impedirsi in tutti i modi di fargli presente quella possibilità, mentre un lampo improvviso… di gelosia? gli annebbiava la mente. Spero che Galeni continui a pensare che la Flotta dei dendarii è una faccenda che riguarda esclusivamente me…

«Uhm… sì, bene» disse Galeni massaggiandosi la fronte, «nel frattempo, quando il dovere dovesse chiamare ancora l’ammiraglio Naismith, lei verrà subito da me, tenente Vorkosigan.» Sospirò e proseguì: «Le ordinerei di restare nel suo alloggio, ma l’ambasciatore ha espressamente richiesto la sua presenza come accompagnatore oggi pomeriggio. Ma non dimentichi che avrei potuto deferirla con gravi accuse… come ad esempio disobbedienza agli ordini.»

«Ne sono… perfettamente consapevole… ehm, signore. E… Ivan?»

«In quanto ad Ivan, vedremo» Galeni scosse il capo, come se stesse appunto considerando il caso di Ivan. Miles non poteva biasimarlo.

«Sissignore.» disse Miles, decidendo che per il momento non poteva spingersi oltre.

«Può andare.»

Di bene in meglio, fu il sardonico pensiero di Miles mentre usciva dall’ufficio di Galeni: prima pensava che fossi solo un insubordinato, adesso pensa che io sia pazzo.

Qualunque sia la mia identità.

L’evento politico-mondano del pomeriggio era un ricevimento con pranzo in onore del Baba di Lairouba, in visita alla Terra. Il Baba, capo di stato ereditario del suo pianeta, aveva unito i doveri politici a quelli religiosi. Dopo aver concluso il pellegrinaggio alla Mecca, era venuto a Londra per prendere parte, come rappresentante del gruppo di pianeti del Braccio Occidentale di Orione, ai colloqui sui diritti di passaggio. Tau Ceti era il mozzo di quella distorsione, al quale Komarr si collegava attraverso due rotte: da qui l’interesse di Barrayar.

I doveri di Miles erano i soliti. In questo caso si trovò a far coppia con una delle quattro mogli del Baba e non era sicuro di poterla classificare come una orribile matrona… i brillanti occhi marroni e le mani lisce color cioccolata erano molto graziose, ma il resto del suo corpo era avvolto in metri e metri di seta color crema dal bordo ricamato in oro, che suggeriva una bellezza formosa, come quella di un seducente materasso.

In quanto al suo spirito, non ebbe modo di giudicarlo, perché la donna non parlava né inglese, né francese, né russo o greco, né nella versione barrayarana né in nessun altra e Miles non parlava né lairoubano né arabo. Tutto questo perché, sfortunatamente, la scatola dei microtraduttori era stata consegnata ad un indirizzo sbagliato dalla parte opposta di Londra, e così più della metà dei diplomatici presenti non era in grado di fare altro che fissare il suo vicino e sorridere. Per tutta la durata del pranzo, Miles e la signora si intesero sulle necessità più immediate a gesti: Vuole il sale, signora? e in un paio di occasioni lui la fece ridere. Ma senza sapere per cosa.

Circostanza ancor più sfortunata, prima che potessero venir cancellati i discorsi di rito ai brindisi, arrivarono degli altri microtraduttori, consegnati da un fattorino ansante. E così, a beneficio della stampa, si tennero tutti i discorsi di augurio nelle lingue più svariate. Poi il pranzo ebbe termine e la compagna di Miles venne raggiunta e portata via da altre due co-mogli, lasciandolo libero di andare raggiungere il gruppo dell’ambasciatore barrayarano. Mentre girava attorno ad un altissima colonna di alabastro che sorreggeva il soffitto a volta, si ritrovò faccia a faccia con la giornalista della rete Euronews.