«Niente di nuovo dal comunicatore di Quinn?»
«Non si è ancora mosso, signore.»
«Qualcuno ha preso contatto con il capitano Galeni?»
«Nossignore. Ma non era con lei?»
«Ci siamo divisi pressappoco nello stesso momento in cui ho perso Quinn. L’ultima volta è stato visto all’esterno del frangiflutti, nella parte centrale. Lo avevo mandato a cercare un’altra entrata. Fate immediatamente rapporto se lo individuate.»
«Sissignore.»
Un’altra cosa di cui preoccuparsi, maledizione. Galeni si era imbattuto in qualche guaio: cetagandani, barrayarani o polizia locale? O era stato tradito dal suo stato d’animo? Miles rimpiangeva di non averlo trattenuto con sé, proprio come rimpiangeva di aver lasciato andare Quinn; ma quando si erano separati, dovevano ancora trovare Ivan e non avrebbe potuto agire diversamente. Si sentiva come chi cerca di ricomporre un puzzle di pezzi viventi, che si muovevano e cambiavano forma quando pareva a loro, sogghignando maliziosi. Strinse i pugni. Mark lo stava osservando nervoso, mentre Ivan, accosciato con le spalle curve, non prestava attenzione a nulla, a giudicare dal modo in cui si mordeva le labbra mentre combatteva la sua battaglia interiore contro la claustrofobia.
Sullo schermo del rilevatore, con la sua immagine distorta di 180 gradi del corridoio, comparve un uomo che spuntò silenzioso da dietro la curva sud. Un esploratore cetagandano, giudicò Miles, anche se indossava abiti civili. In mano aveva uno storditore, non un fucile al plasma… dunque adesso i cetagandani si erano resi conto che c’erano troppi poliziotti locali sulla scena, per poterli mettere a tacere ammazzandoli tutti e avevano deciso di alleggerire, o almeno di rendere meno grave, la situazione. Il cetagandano eseguì una ricognizione del corridoio, avanzando di qualche metro, poi scomparve da dove era venuto.
Un istante più tardi, un movimento all’estremità nord: due uomini barrayarani avanzavano con leggerezza di un gorilla. Uno dei due era un cretino che era riuscito a prendere parte ad un’operazione segreta con addosso gli stivali d’ordinanza. Anche lui aveva scambiato l’arma con un più tranquillo storditore, anche se il suo compagno impugnava sempre un mortale distruttore neuronico. Pareva proprio che la faccenda si sarebbe risolta in uno scontro con gli storditori. Ah, lo storditore, l’arma ideale per tutte le situazioni incerte, l’unica arma con cui davvero si poteva prima sparare e poi fare domande.
«Metti via il distruttore neuronico, ecco, così, bravo ragazzo!» mormorò Miles mentre anche il secondo uomo cambiava arma. «Su la testa, Ivan: questo potrebbe essere il miglior spettacolo dell’anno.»
Ivan sollevò lo sguardo e l’espressione incerta e assorta del suo volto si trasformò in un sorriso decisamente sardonico, che ricordava quello del vecchio Ivan. «Oh merda, Miles. Destang ti farà a pezzi per aver orchestrato una cosa simile!»
«Al momento Destang non sa neppure che sono qui. Ssst! Ecco che comincia.»
L’esploratore cetagandano era tornato; fece un cenno con la mano e un’altro uomo balzò fuori da dietro, sopravanzandolo. All’altra estremità del corridoio, fuori dalla visuale a causa della curva, stavano intanto arrivando i barrayarani. E così erano presenti tutti i barrayarani che erano riusciti a entrare nella torre; i rinforzi erano rimasti all’esterno, tagliati fuori dal cordone della polizia. A quanto pareva, i barrayarani avevano abbandonato la speranza di trovare la preda misteriosamente svanita ed erano passati all’assetto "sganciamoci in fretta", sperando di uscire il più rapidamente possibile passando per la Torre Sette, senza essere costretti a dare spiegazioni sulla loro presenza ad un manipolo di terrestri per niente comprensivi. I cetagandani, invece, che avevano effettivamente visto il presunto ammiraglio Naismith fuggire da quella parte, erano ancora in pieno assetto di caccia, anche se non era difficile supporre che la loro retroguardia stesse avvicinandosi sospinta dalla decisa avanzata dei locali.
Nessun segno ancora della retroguardia, nessun segno che Quinn fosse stata trascinata al seguito come prigioniera. Miles non sapeva se sperare di vederla comparire in quello stato o no. Sarebbe stato molto bello sapere che era ancora viva, ma maledettamente complicato strapparla alle grinfie dei cetagandani prima dell’arrivo degli ispettori di polizia. La cosa migliore sarebbe stata lasciare che venisse stordita e arrestata dalla polizia con tutta la ciurma e andarla a riprendere con comodo al commissariato… ma se qualche invasato cetagandano avesse deciso nell’impeto della battaglia che le donne morte non possono parlare? A quel pensiero Miles ribollì di rabbia.
Forse avrebbe fatto meglio a convincere Mark e Ivan ad attaccare. Lo storpio che guida lo sciancato e lo zoppo in un assalto disperato… no. Ma se non si fosse trattato di Elli, avrebbe fatto di più, o di meno per uno qualunque dei suoi ufficiali comandanti? Era tale la preoccupazione che la sua logica di comando venisse annebbiata dai sentimenti che adesso esagerava nel senso opposto? In quel modo tradiva sia i dendarii che la stessa Quinn.
Il cetagandano avanzato entrò nella visuale del barrayarano avanzato; entrambi spararono nello stesso istante, si colpirono a vicenda e caddero.
«Che riflessi» mormorò Miles! «Meraviglioso.»
«Mio Dio» esclamò Ivan assorbito dallo spettacolo al punto da dimenticare di trovarsi rinchiuso, «è proprio come un protone che annulla un anti-protone! Pof!»
Gli altri barrayarani balzarono nel corridoio, appiattendosi contro la parete. Il cetagandano si lasciò cadere a terra e prese a strisciare verso il compagno privo di sensi; un barrayarano saltò in mezzo al corridoio e sparò, mentre il colpo di risposta del cetagandano mancò il bersaglio. Due dei quattro barrayarani si avvicinarono in fretta ai corpi inanimati del loro misteriosi avversari; uno si dispose in modo da offrire un fuoco di copertura, mentre l’altro cominciò a perquisirli: armi, tasche, vestiti, senza naturalmente trovare nessun documento di identificazione. Un barrayarano stava giusto per sfilare uno stivale e sezionarlo (Miles ebbe la sensazione che l’uomo da un momento all’altro avrebbe potuto fare lo stesso con il corpo), quando una voce amplificata e distorta risuonò nel corridoio. Miles non riuscì a distinguere le parole distorte dal rimbombo, ma il senso era chiaro: «Ehi, voi, laggiù! Fermatevi! Cosa sta succedendo?»
Uno dei barrayarani aiutò l’altro a caricarsi in spalla quello privo di conoscenza, che doveva essere il più grosso. Erano tanto vicini al grand’angolare, che Miles fu in grado di vedere le gambe del portatore tremare leggermente per lo sforzo mentre si raddrizzava e si avviava barcollando in direzione sud, mentre due uomini si mettevano all’avanguardia e il terzo assumeva la retroguardia.
Quel piccolo esercito condannato aveva percorso forse quattro passi, quando un altro paio di cetagandani apparvero correndo dalla curva sud; uno sparava con lo storditore alle proprie spalle, mentre correva. Era così assorto in quello che faceva, che non si accorse del suo compagno che cadeva sotto il fuoco di uno degli uomini dell’avanguardia barrayarana, fino a quando non vi inciampò sopra e cadde lungo e disteso. Mantenne la presa sullo storditore, trasformò la caduta in una capriola e rispose al fuoco. Uno dei due barrayarani avanzati cadde.
Il barrayarano alla retroguardia oltrepassò con un balzo l’uomo che trasportava il caduto e aggiunse il suo fuoco a quello del compagno per liberarsi del cetagandano che continuava a rotolare. Poi insieme corsero avanti, tenendosi addossati alla parete. Per loro sfortuna, oltrepassarono il limite di fuoco rappresentato dalla curva nel momento stesso in cui uno sbarramento di colpi di storditore provenienti da davanti si riversava nel corridoio per spazzar via i contendenti in previsione di una massiccia avanzata di… sconosciuti (una squadra da combattimento della polizia, pensò Miles, a giudicare dalla tattica e dal fatto che il primo cetagandano era arrivato sparando in quella direzione). Il risultato dell’incontro degli uomini con quella massa di energia fu prevedibile.