E va bene. Passiamo al piano B.
Mezz’ora dopo ero seduto sul divano di Rita con una lattina di birra in mano. Doakes mi aveva seguito e dovevo supporre che mi stesse aspettando fermo in macchina dall’altro lato della strada. Sperai che si stesse divertendo quanto me, quindi per niente. Vivevano così gli esseri umani? Erano così tristi e decerebrati da attendere con ansia il venerdì sera, istanti preziosi sottratti alla schiavitù del lavoro, per sedersi davanti alla tivù con una birra? Era un passatempo da imbecilli e notai con orrore che mi ci stavo abituando.
Dannato Doakes. Mi stai facendo diventare normale.
«Ehi, mister», fece Rita, accovacciandomisi addosso, «come mai sei così silenzioso?»
«Forse lavoro troppo», risposi. «E mi diverto poco.»
Lei restò un momento in silenzio, poi disse: «È ancora la storia del tipo che hai dovuto lasciar andare, non è vero? Quello che era… che uccideva i ragazzini?»
«In parte sì», ammisi. «Non amo i lavori lasciati a metà.»
Rita annuì, quasi come se avesse davvero capito a cosa mi riferivo. «È proprio… Voglio dire, ti vedo teso. Forse dovresti… non so. Di solito che cosa fai per rilassarti?»
Mi comparve alla mente qualche buffa scenetta con cui descriverle il mio hobby, ma probabilmente non era una grande idea. Allora feci: «Be’, mi piace uscire in barca. Andare a pescare».
E una vocina dietro di me sussurrò: «Anche a me».
Fu grazie ai miei collaudati nervi d’acciaio che non battei la testa contro le pale del ventilatore sul soffitto; è quasi impossibile cogliermi di sorpresa, eppure non mi ero accorto che ci fosse qualcun altro nella stanza. Mi voltai e alle mie spalle c’era Cody, che mi guardava con i suoi occhi grandi e spalancati. «Anche a te?» risposi. «Ti piace pescare?»
Annuì. Tre parole in una volta e aveva superato il limite massimo giornaliero.
«Allora», continuai, «è deciso. Che ne dici di domani mattina?»
«Oh», fece Rita, «non credo… voglio dire, lui non… Non devi disturbarti, Dexter.»
Cody mi guardò. Ovviamente non aprì bocca, ma non ne aveva bisogno. Glielo si leggeva negli occhi.
«Rita», dichiarai, «ogni tanto gli uomini devono stare tra loro. Domani mattina io e Cody andremo a pescare.» Poi aggiunsi rivolto al ragazzino: «Presto, all’alba».
«Perché?»
«Non lo so», risposi. «Di solito si va presto, e così faremo anche noi.»
Cody annuì, guardò sua madre, poi si voltò e si diresse in corridoio.
«Sul serio, Dexter», intervenne Rita. «Non dovevi, davvero.»
Lo sapevo anch’io. Ma perché no? La cosa non mi avrebbe comportato dolore fisico, e in più sarebbe stato simpatico allontanarmi per qualche ora. Soprattutto da Doakes. In ogni caso, di nuovo non saprei dire perché, ci tengo ai ragazzini. Certo, non stravedo per le biciclette con le rotelline, tuttavia nel complesso trovo che i bambini siano molto più interessanti dei loro genitori.
Il mattino dopo, al sorgere del sole, io e Cody ci allontanavamo lentamente da casa mia costeggiando il canale sul mio Whaler lungo cinque metri. Lui indossava un giubbotto di salvataggio blu e giallo e sedeva immobile sulla borsa frigo. Il capo, chino, sembrava quasi scomparire nel giubbotto, rendendolo simile a una tartaruga multicolore.
Nel frigo c’erano le bibite e il pranzo preparato da Rita, uno spuntino leggero che avrebbe sfamato dieci o dodici persone. Avevo portato gamberetti surgelati da usare come esca, visto che era la prima uscita di Cody e non sapevo come avrebbe potuto reagire nel conficcare un amo metallico in un essere ancora vivo. A me piaceva, è ovvio: più è vivo, più mi diverto! Ma non ci si può aspettare gusti così raffinati da un bambino.
Entrammo poi nella Biscayne Bay e ci dirigemmo verso Cape Florida, virando verso il canale che passa dietro il faro. Cody non disse nulla finché non fummo in vista di Stiltsville, quello strano gruppo di abitazioni su palafitte nel mezzo della baia. Allora mi tirò per la manica. Mi protesi verso di lui: la sua voce era coperta dal rumore del motore e dal vento.
«Case», urlò.
«Già», gridai. «A volte dentro ci sono anche delle persone.»
Il ragazzino seguì le palafitte con lo sguardo e, quando cominciarono a scomparire alla nostra vista, tornò a sedersi sul frigo. Si voltò a guardarle un’ultima volta quando ormai erano all’orizzonte. Non si mosse finché non arrivammo a Fowey Rock e rallentai. Misi in folle, feci scivolare l’ancora oltre la prua e, prima di spegnere il motore, mi assicurai che facesse presa sul fondo.
«Bene, Cody», dissi. «È ora di prendere qualche pesce.»
Lui, evento più che raro, sorrise. «Okay», rispose.
Mi osservò con attenzione mentre gli spiegavo come si infilava il gamberetto nell’amo. Poi ci provò da solo, spingendo adagio e con pazienza il piccolo uncino per farne uscire la punta. Guardò l’amo e poi guardò me. Feci cenno di sì e lui tornò a occuparsi dell’esca, toccando il punto in cui il metallo usciva dal guscio.
«Perfetto», feci. «Adesso lancialo in acqua.» Lui alzò lo sguardo verso di me. «È lì che ci sono i pesci», continuai. Cody annuì, puntò la sua piccola canna da pesca oltre la sponda della barca e premette il pulsante sul mulinello per far finire l’esca nel mare. Anch’io feci la stessa cosa e ci sedemmo cullati lentamente dalle onde.
Guardai Cody pescare, fiero e assorto, impassibile. Forse fu la combinazione ragazzino-mare aperto che mi fece venire in mente Reiker. Anche se non avevo potuto procurarmi tutte le prove, ero certo che lui fosse colpevole. Che cosa avrebbe fatto, quando avesse saputo della scomparsa di MacGregor? Era probabile che si spaventasse e tentasse di sparire… più ci pensavo, più mi veniva da domandarmelo. Difficilmente un essere umano decide di mollare tutto e cominciare da un’altra parte. Forse si sarebbe limitato a essere prudente per un po’. In questo caso, potevo ingannare l’attesa con la new entry della mia lista di VIP: l’artefice del Vegetale Ululante sulla North West 4th Street. Il fatto che sembrasse il titolo di un libro di Sherlock Holmes non lo rendeva meno urgente. In qualche modo dovevo neutralizzare Doakes. Presto, molto presto, prestissimo dovevo…
«Vuoi diventare mio papà?» domandò Cody all’improvviso.
Meno male che non avevo niente in bocca che potesse strozzarmi, anche se per un istante mi sembrò di sentire qualcosa in gola, grande quasi quanto un tacchino del Giorno del Ringraziamento. Quando riuscii di nuovo a respirare, farfugliai: «Perché me lo chiedi?»
Il ragazzino non alzava gli occhi dalla canna da pesca. «Mami dice ’forse’.»
«Ah, sì?» risposi e lui annuì senza guardarmi.
Mi girava la testa. Che cosa era venuto in mente a quella donna? Ero stato così preso a convincere Doakes del mio travestimento che non mi ero mai chiesto veramente che cosa avrebbe potuto pensare Rita. In realtà, avrei dovuto prevederlo. Davvero lei aveva potuto pensare che… che… Incredibile. Ma, per assurdo, trattandosi di un essere umano, un senso c’era. Grazie a Dio, io non lo sono e trovavo l’idea alquanto bizzarra. Marni dice «forse»? Sarei «forse» diventato il papà di Cody? Il che significava, uhm…
«Be’», dissi, e fu un ottimo esordio, considerato che non avevo la minima idea di come proseguire. Per mia fortuna, non appena mi resi conto di non riuscire a mettere insieme una risposta coerente, la canna di Cody prese a strattonare con forza. «Hai preso un pesce!» esclamai, e nei minuti successivi il ragazzino non riuscì a fare altro che tenere ferma la canna mentre il filo si srotolava dal mulinello. Il pesce si dibatteva furiosamente, zigzagava sotto la barca per poi puntare al largo. Ma dopo aver corso su e giù, Cody riuscì a tirarlo lentamente a sé. Gli insegnai a tenere in alto la canna, con la lenza al vento, in modo da farlo avvicinare, perché io potessi sollevarlo a bordo. Cody lo vide cadere sul ponte, con la coda biforcuta che ancora si dibatteva.