«Sì, lo so», mormorai.
Lui chiuse gli occhi. «È questo che intendo», fece. «Di solito si dice ’No, non temere… hai ancora tempo’.»
«Tu non ne hai», affermai, senza sapere dove volevo arrivare.
«No, non ne ho», ammise, «ma gli altri fingono. Per farmi sentire meglio.»
«E ti senti meglio?»
«No», mormorò e riaprì gli occhi. «Però non puoi usare la logica per capire gli uomini. Devi avere pazienza, osservare, imparare. Altrimenti, mandi tutto all’aria. Ti fai catturare e… Questo è metà del mio testamento.» Richiuse gli occhi e sentii la sua voce tremare. «Tua sorella diventerà un bravo poliziotto. Tu…» sorrise lento e con un’ombra di tristezza, «tu sarai qualcos’altro. Pura giustizia. Ma solo se sarai paziente. Se non puoi fare qualcosa subito, Dexter, aspetta finché non verrà il momento.»
Sembrava tutto così complicato per un aspirante mostro diciottenne. Volevo soltanto fare Quella Cosa, niente di più, danzare alla luce della luna agitando la lama luccicante — un gesto molto semplice, dolce e naturale — per dare un taglio a tutte le idiozie e penetrare nel cuore delle cose. Ma non potevo. Harry la faceva difficile.
«Non so che cosa farò dopo la tua morte», confessai.
«Farai le cose per bene», rispose lui.
«C’è così tanto da ricordare.»
Harry allungò la mano e premette il pulsante attaccato a un filo, accanto al letto. «Te ne ricorderai», disse. Lasciò andare l’interruttore, che ricadde pesantemente lungo la sponda del letto, come se gli rubasse le ultime forze. «Te ne ricorderai.» Chiuse gli occhi e per un po’ rimasi come solo nella stanza. Poi arrivò l’infermiera con una siringa e Harry aprì un occhio. «Non sempre è possibile fare ciò che dobbiamo. Quindi, quando non puoi fare altro, aspetta», affermò, distendendo il braccio per la puntura. «Non avere timore… della pressione… a cui potrebbero sottoporti.»
Lo osservai giacere, e ricevere l’ago senza battere ciglio; sapeva che il sollievo sarebbe stato temporaneo, che la sua fine si avvicinava e non poteva farci nulla… E sapeva anche che non aveva paura, che si sarebbe comportato nel modo giusto, come aveva sempre fatto durante la sua vita. E anch’io lo sapevo: Harry mi aveva capito. Nessuno ci era mai riuscito e nessuno ci riuscirà mai, ora e sempre. A parte Harry.
L’unico motivo per cui ho pensato di trasformarmi in essere umano era per diventare un po’ più simile a lui.
11
E così portai pazienza. Non era una disciplina facile, ma era la disciplina di Harry. Lasciai che la mia lucente e intima molla d’acciaio restasse quieta, e intanto attendevo, osservavo. Tenevo quello sfogo tenero e rovente chiuso nella sua fredda scatoletta, finché il saggio Harry non avesse dato il via libera per caracollare nella notte. Prima o poi ci sarebbe stato uno spiraglio e avremmo potuto approfittarne. Prima o poi avrei trovato un modo per neutralizzare Doakes.
Attesi.
Per qualcuno è più difficile che per altri, chiaro. Fu parecchi giorni più tardi, un sabato mattina, che squillò il telefono.
«Dannazione!» esclamò Deborah senza preamboli. Provai quasi un senso di sollievo nel sentirla incazzata come un tempo.
«Bene, grazie e tu?» risposi.
«Kyle mi sta facendo impazzire», attaccò. «Ripete che dobbiamo soltanto aspettare, ma non mi dice cosa. Sparisce per dieci o dodici ore e non so dove vada. Poi dobbiamo continuare ad aspettare. Mi sono rotta le palle di aspettare.
«La pazienza è la virtù dei forti», dichiarai.
«Mi sono stufata anche di fare la virtuosa», protestò lei. «E mi dà il vomito il sorrisetto paternalistico di Kyle quando gli chiedo cosa possiamo fare per trovare il nostro uomo.»
«Be’, Debs, non so che fare, oltre a offrirti la mia solidarietà», dissi. «Mi dispiace.»
«Secondo me ci sarebbero un miliardo di altre cose che potresti fare, fratellino», ribatté.
Feci un sospirone, soprattutto per farla contenta. Vengono così bene, per telefono. «Ecco il guaio dell’avere una reputazione da pistolero, Debs», continuai. «Tutti credono che sia in grado di centrare ogni volta il bersaglio a trenta passi di distanza.»
«Lo credo anch’io», confermò lei.
«La tua fiducia mi scalda il cuore, Deborah, ma di questa storia non capisco proprio nulla. Mi lascia completamente freddo.»
«Devo assolutamente trovare quel tipo, Dexter. E voglio smerdare Kyle.»
«Pensavo che lui ti piacesse.»
Lei sbuffò. «Gesù, Dexter. Tu le donne proprio non le capisci. Certo che lui mi piace. E per questo che voglio smerdarlo.»
«Oh, perfetto, adesso ha senso», dissi.
Deborah si interruppe, poi aggiunse con nonchalance: «Kyle ha detto alcune cose interessanti su Doakes».
Sentii il mio amico dalle lunghe zanne che si stirava un pochettino e faceva le fusa. «Deb, sei diventata perspicace tutto d’un colpo», osservai. «Non hai che da chiedere.»
«Io ho chiesto e tu mi hai propinato una stronzata di motivo sul perché non mi puoi aiutare», brontolò. Riecco all’improvviso la vecchia Debs senza peli sulla lingua. «Allora com’è? Hai scoperto qualcosa?»
«Per ora niente», ammisi.
«Merda», esclamò Deborah.
«Però potrei scoprirlo.»
«Al più presto?»
Ammetto che il comportamento di Kyle nei miei confronti era stato piuttosto seccante. Che cosa aveva detto? Che sarei «finito nella merda e qualcuno avrebbe tirato lo sciacquone»? Siamo seri, chi ha scritto quella battuta? Non era riuscita a calmarmi nemmeno l’improvvisa perspicacia di Deb, che per una volta mi faceva concorrenza. Così lo dissi lo stesso, anche se non avrei dovuto. «Facciamo all’ora di pranzo?» proposi. «Diciamo che intorno all’una avrò qualcosa per le mani. Al Baleen, visto che paga Kyle.»
«Stiamo a vedere», rispose Deb, quindi aggiunse: «La roba su Doakes… sembra piuttosto interessante». Riattaccò.
Bene, bene, mi dissi. All’improvviso, non mi dispiaceva dover lavorare un po’ di sabato. Dopotutto, l’alternativa era passare da Rita e guardare il sergente Doakes che metteva le radici. Invece, se avessi trovato qualche indizio per Deborah, alla lunga avrei potuto approfittare della via d’uscita che cercavo. Dovevo semplicemente comportarmi come il ragazzo sveglio che tutti pensano che sia.
Da dove cominciare? C’era molto poco su cui lavorare, dal momento che Kyle aveva tolto la polizia dalla scena del crimine quando avevamo appena rilevato le impronte e poco più. Molte volte in passato avevo guadagnato qualche punto con i miei colleghi poliziotti, aiutandoli a scovare demoni malati e perversi che vivevano per uccidere. Ma solo perché li capivo, visto che anch’io sono un demone malato e perverso. Ora però, per scovare gli indizi, non potevo più affidarmi al Passeggero Oscuro, costretto a dormire sonni inquieti, povero amico. Potevo contare soltanto sul mio naturale ingegno, che finora era rimasto in un allarmante silenzio.
Forse, se avessi dato un po’ di carburante al mio cervello, si sarebbe messo in moto. Andai in cucina e trovai una banana. Era buona, ma non so perché non mi diede alcun input mentale.
Gettai la buccia nella spazzatura e guardai l’ora. Avanti, vecchio mio, sono passati cinque minuti buoni. Ottimo. E hai già scoperto che non scoprirai nulla. Bravo, Dexter.
Per la verità, i punti di partenza erano pochi. Di fatto, tutto ciò che avevo erano la vittima e la casa. Ero abbastanza certo che la vittima non avrebbe avuto molto da dire, anche se le avessero restituito la lingua, quindi restava la casa. Poteva anche essere appartenuta a lui, ovvio. Ma l’arredamento era così provvisorio che ero certo di no.