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Domanda inutile. Non sapevo niente dell’amore e non ne volevo sapere. Non mi sembrava una lacuna così grave, anche se non aiuta a capire la musica pop.

Dato che non avevo niente da dire sull’argomento, cambiai discorso. «Devo chiamare il capitano Matthews per avvisarlo della scomparsa di Doakes?» chiesi.

Deborah si asciugò una lacrima dalla guancia e scosse la testa. «Dev’essere Kyle a decidere», rispose.

«Sì, certo, ma, Deborah, in quelle condizioni…»

Si tirò un pugno sulla gamba, cosa che mi sembrò inutile e dolorosa. «Dannazione, Dexter, io non voglio perderlo!»

Di tanto in tanto mi sembra di sentire solo una cassa dello stereo, e questa era una di quelle volte. Non avevo idea di cosa… be’, a essere onesto non avevo idea di che cosa dovessi avere idea. Cosa intendeva dire? Che cosa c’entrava con quello che avevo detto e perché aveva reagito così violentemente? E perché molte donne grasse pensano di star bene con la maglietta sopra l’ombelico?

Immagino che non riuscii a nascondere la mia confusione, perché Deborah aprì il pugno e fece un profondo sospiro. «Kyle ha bisogno di concentrarsi, di continuare a lavorare. Deve sentirsi responsabile, altrimenti non ce la farà.»

«Come lo sai?»

Lei scosse la testa. «Ha sempre dato il meglio. Questo è quanto… lui è così. Se comincia a pensare a quello che gli ha fatto Danco…» Un’altra lacrima le scese sulla guancia. «Deve continuare a essere com’è sempre stato, Dexter. Altrimenti lo perderò.»

«Va bene», la assecondai.

«Non lo posso perdere, Dexter», ripeté.

Al Mutiny era di turno un altro portiere che sembrò riconoscere Deborah mentre ci apriva la porta. Ci avviammo verso l’ascensore in silenzio e salimmo al dodicesimo piano.

Avevo abitato tutta la vita in quella zona, quindi dalle indiscrezioni sui giornali già sapevo che la camera di Chutsky sarebbe stata in stile coloniale inglese. Non ho mai capito perché, ma l’albergo aveva deciso che quello stile era perfetto per comunicare l’atmosfera di Coconut Grove, anche se, a quanto mi risultava, da quelle parti non c’erano mai state colonie inglesi. Dunque l’intero albergo era arredato in quello stile. Eppure stento a credere che l’arredatore o qualunque inglese di quegli anni avrebbe mai potuto immaginare una scena simile, ovvero Chutsky sdraiato sul letto king size della lussuosa suite in cui mi aveva condotto Deborah.

Nelle ultime ore i capelli non avevano fatto in tempo a ricrescergli, ma almeno si era cambiato la tuta arancione con un accappatoio bianco di spugna. Se ne stava sdraiato lì, nel centro del letto, pelato, tremante e sudatissimo con accanto una bottiglia mezza vuota di Skyy Vodka. Deborah non si fermò sulla porta. Si precipitò verso il letto e gli si sedette vicino, afferrando la sua unica mano con quella che le era rimasta disponibile. Amore tra le rovine.

«Debbie?» chiese con una voce tremante, da vecchio.

«Sono qui, adesso», disse lei. «Dormi.»

«Forse non sono così bravo come pensavo», fece.

«Dormi», ripeté lei, stringendogli la mano e sistemandosi accanto a lui.

Li lasciai così.

27

L’indomani dormii fino a tardi. Dopotutto, non me l’ero meritato? Arrivai al lavoro verso le dieci, comunque ben prima di Vince, Camilla e Angel Nessuna Parentela, che avevano telefonato dandosi gravemente malati. Dopo un’ora e tre quarti finalmente arrivò Vince, invecchiato e con un colorito verdognolo.

«Vince!» esclamai con un sorrisone. Lui trasalì e si appoggiò al muro con gli occhi chiusi. «Voglio ringraziarti per quel mito di festa.»

«Ringraziami piano», gracchiò.

«Grazie», gli dissi sottovoce.

«Prego», sussurrò lui e si avviò barcollando verso il suo cubicolo.

Fu una giornata insolitamente tranquilla, nel senso che, oltre alla mancanza di nuovi casi, la zona del laboratorio era silenziosa come una tomba, intervallata da qualche fantasma verdastro che volteggiava soffrendo in silenzio. Per fortuna non c’era molto da fare. Alle cinque mi ero portato alla pari con il lavoro e avevo messo in ordine tutte le matite. Rita aveva chiamato all’ora di pranzo per invitarmi a cena. Immagino per accertarsi che non fossi stato rapito da una spogliarellista; le dissi che sarei andato da lei dopo il lavoro. Non avevo sentito Debs, ma non ce n’era bisogno. Ero quasi certo che fosse nella suite assieme a Chutsky. Però ero anche un po’ preoccupato, visto che Danco sapeva dove trovarli e sarebbe potuto arrivare per concludere il suo lavoro. D’altra parte, aveva sempre il sergente Doakes con cui giocare e questo l’avrebbe tenuto occupato e felice per diversi giorni.

Tuttavia, per sicurezza, chiamai il cellulare di Deborah. Rispose al quarto squillo. «Che c’è?»

«Te lo ricordi che il dottor Danco non ha avuto problemi a entrare lì la prima volta?»

«Non c’ero io, la prima volta», mi fece presente. E sembrava così agguerrita che mi augurai non sparasse a qualche addetto al servizio in camera.

«Okay», dissi. «Soltanto tieni gli occhi aperti.»

«Tranquillo», rispose. Sentii Chutsky, irritato, che borbottava in lontananza, e Deborah aggiunse: «Devo andare. Ti chiamo più tardi». Riattaccò.

L’ora di punta serale era al suo meglio mentre mi dirigevo a sud, verso casa di Rita. Mi sorpresi a canticchiare allegramente mentre un uomo rosso in faccia mi tagliava la strada con un pickup mostrando il dito medio. Quella che avvertivo non era la solita comunanza spirituale con il traffico omicida di Miami: era come se mi fossi liberato di un grosso peso che avevo sulle spalle. E, infatti, era così. Potevo andare da Rita senza che ci fossero Taurus marrone parcheggiate dall’altra parte della strada. Potevo tornare al mio appartamento, senza la mia ombra alle calcagna. E, ancora più importante, potevo portare il Passeggero Oscuro a fare un giro: avevamo molta voglia di dedicare un po’ di tempo a noi stessi. Il sergente Doakes se n’era andato, fuori dalla mia vita… e presto, presumibilmente, anche fuori dalla sua.

Mentre guidavo verso South Dixie e giravo verso casa di Rita, ero in stato di ebbrezza. Ero libero… libero anche dai doveri, visto che Chutsky e Deborah ci avrebbero messo un po’ per recuperare. E per quanto riguardava il dottor Danco… non nascondo di aver provato un certo interesse nell’incontrarlo e anche ora sarei stato disposto a variare i miei impegni sociali per divertirmi con lui. Ma ero abbastanza certo che la misteriosa agenzia di Washington da cui dipendeva Chutsky avrebbe mandato qualcun altro a occuparsene e di sicuro non sarebbero stati contenti che gli ronzassi intorno dando consigli. Oltretutto, se si considerava anche l’uscita di scena di Doakes, potevo tornare al piano A, libero di aiutare Reiker nel suo pensionamento prematuro. D’ora in poi, chiunque si fosse occupato del dottor Danco, non sarebbe stato il Deliziosamente Dimesso Dexter.

Ero così felice che non appena Rita aprì la porta la baciai, anche se non c’era nessuno a guardare. Dopo cena, mentre lei riordinava, uscii di nuovo in cortile a giocare a nascondino con i bambini del vicinato. Stavolta, però, c’era più complicità con Cody e Astor: il nostro piccolo segreto aveva aggiunto un po’ di pepe alla storia. Era quasi divertente osservarli mentre si avvicinavano furtivi agli altri bambini, i miei piccoli predatori in addestramento.