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«Quali lettere?» domandò Dakin.

«No! Non volevo dire…»

Carter le corse vicino e le afferrò una mano.

«Nora! Quali lettere?» domandò con voce dura.

«No! No!»

«Ma deve dirmelo. Se ci sono delle lettere…»

«Vuole dirmelo lei, signor Smith?» chiese il capo della polizia.

Ellery assunse un’espressione attonita, e scosse il capo.

Pat balzò in piedi e spinse indietro Bradford.

«Lascia stare Nora!» urlò la ragazza con voce appassionata. «Giuda!»

Bradford reagì con violenza alla violenza.

«Non potete contare sulla mia amicizia!» urlò Carter. «Perquisite questa casa e la casa accanto!»

«L’avrei fatto da molto tempo, Cart, se lei non avesse sempre cercato di impedirmelo» affermò il capo della polizia e scomparve.

«Carter» disse John a voce bassissima «lei non deve più venir qui. Capisce?»

Pareva che Bradford stesse per piangere. Nora svenne tra le braccia del dottor Willoughby con un gemito pietoso. Il dottore la portò al piano superiore. Scossi e addolorati, tutti i familiari la seguirono.

«Smith» disse Bradford senza voltarsi.

«Risparmi il fiato» consigliò cordialmente il signor Queen.

«Devo avvertirla che se ha contribuito a sopprimere delle prove…»

«Prove?» fece eco il signor Queen come se non avesse mai udito prima quella parola.

Cart girò su se stesso con la bocca contratta.

«Lei ha cercato di ostacolarmi fin dal principio» disse con voce roca. «Lei si è intrufolato in questa casa, mi ha rubato l’affetto di Pat…»

«Faccia attenzione a quello che dice» lo interruppe il signor Queen con la massima cortesia.

Cart tacque e strinse i pugni; Ellery andò alla finestra e guardò fuori. Dieci minuti dopo i due giovani erano ancora nella stessa posizione quando Patty entrò piangendo; il suo viso li sconvolse. La ragazza andò direttamente verso Ellery.

«È accaduta una cosa tremenda» disse, e singhiozzò più forte.

«Pat, per amor del cielo!»

«Nora, Nora è…»

Il dottor Willoughby chiamò dalla soglia:

«Bradford…»

Entrò il capo della polizia: il suo viso non prometteva nulla di buono. In mano aveva la cappelliera di Nora e il grosso libro di Edgcomb. Dakin si fermò di botto.

«Che cosa è successo?» domandò rapidamente. «Che cosa c’è?»

Il dottor Willoughby disse lentamente:

«Nora Haight è incinta, di quattro mesi.»

Nessuno parlò. Nella stanza si udirono soltanto i sospiri di Pat contro il petto di Ellery.

«Pat…» disse Bradford con voce tremante. «Questo è… è troppo» e uscì barcollando. Dopo un momento, si udì la porta di strada sbattere rumorosamente.

«Io non mi prendo la responsabilità della vita della vita della signora Haight» disse brusco il dottor Willoughby «se dovessero capitarle altri episodi come questo! Può chiamare tutti i medici della Contea e le confermeranno quanto ho detto. È incinta, ha i nervi a pezzi, è di costituzione delicata…»

«Senta dottore» fece Dakin «non è colpa mia se…»

«Oh, vada al diavolo!» sbottò il medico e partì di corsa su per le scale.

Dankin rimase immobile al centro della stanza, con la cappelliera di Nora in una mano e il libro di tossicologia di Jim nell’altra. Poi sospirò e disse: «Non è colpa mia! E adesso si aggiungono queste tre lettere e questo libro…»

«Dakin…» fece Ellery Queen.

«Queste tre lettere» proseguì Dakin «praticamente chiudono il caso. Quello che non capisco è come mai si trovavano nella cappelliera della signora Haight. Non capisco…»

«Possibile che non capisca?» piagnucolò Pat. «Le pare che Nora avrebbe tenuto quelle tre lettere se avesse pensato che Jim voleva avvelenarla? Perché siete tutti così stupidi?»

«Allora voi due sapevate delle lettere!» esclamò Dakin. «Capisco. Signor Smith anche lei è dentro fino al collo. Non la biasimo, certo, so il significato della parola amicizia. Io non ho niente contro Jim, o contro i Wright… ma devo accertare dei fatti. Se Jim è innocente, non sarà condannato…»

«Se ne vada, per favore» disse Ellery Queen.

Dakin scrollò le spalle e lasciò la casa. Era in preda all’ira e all’amarezza.

Alle undici di mattina del quattordici febbraio, festa di S. Valentino, quando tutta Wrightsville rideva divertita delle cartoline comico-sentimentali che si spediscono in quell’occasione, e mangiava canditi a forma di cuore, il capo della polizia Dakin si fermò alla casetta sulla collina in compagnia dell’agente Gobbin e fece un cenno all’agente. Gobbin bussò alla porta. Nessuno venne ad aprire. Dopo pochi istanti di attesa i due entrarono in casa. Trovarono Jim Haight che russava sul divano della stanza da pranzo, in una confusione di sigarette, di bicchieri sporchi e di bottiglie vuote. Dakin scosse Jim gentilmente e alla fine il giovane ebbe un sussulto. I suoi occhi erano rossi e vitrei.

«Che cosa…»

«Jim Haight» disse Dakin porgendogli un foglio di carta azzurra. «La dichiaro in arresto per il tentato omicidio di Nora Wright e per l’omicidio di Rosemary Haight.»

Parte quarta

I

La guerra dei mondi

Egr. Signor

Boris Connell

Direttore del News

Chicago

Caro Boris,

ti ringrazio per il telegramma di fuoco ma forse la tua ben nota intuizione è stata appannata dai quintali di assurdità che i miei colleghi «giornalisti» inviano da Wrightsville.

Io credo che Jim Haight sia innocente, e ho intenzione di continuare a sostenerlo finché avrò una rubrica.

Forse sarò ingenua, ma sono convinta che un uomo è innocente finché non è stato dimostrato che è colpevole. Jim Haight è stato condannato a morte da tutte le signore della buona società e da tutti i segugi mandati qui dai direttori di giornali perché preparassero un piattino prelibato per il gusto morboso degli americani. Qualcuno deve pur avere dei principi. Per cui mi sono scelta, da sola, con la plurarità dei voti.

L’atmosfera a Wrightsville è lugubre. Si parla solo di questo caso. Sarà molto divertente vedere come faranno a formare una giuria ‘obiettiva’.

Per apprezzare meglio ciò che sta succedendo, devi renderti conto che soltanto due mesi fa John e Hermione Wright erano i numi tutelari di questa comunità. Oggi, assieme alle loro belle figlie, sono «intoccabili» e tutti sono pronti a lanciare la prima pietra. Un gruppo di exammiratori ed ex-amici della famiglia Wright aspettano soltanto il momento di stoccare l’ultima pugnalata. Mi danno il vomito, e tu sai che non è la prima volta che mi trovo davanti alla malvagità e alla cattiveria umana.

È una guerra tra due mondi. Il piccolo mondo per bene è surclassato per numero e armamenti: l’unica arma che gli è rimasta è il coraggio e il morale. Ai Wright sono rimasti soltanto pochi amici: il giudice Eli Martin, il dottor Milo Willoughby, uno scrittore loro ospite di nome Ellery Smith (tu l’hai mai sentito? Io no!) Stanno combattendo insieme la loro guerra di propaganda. I Wright sono… divini nella loro solidarietà! Persino Lola Wright, che è stata in rotta con la famiglia per anni, è tornata a casa; combattono uniti non solo per il marito di Nora ma anche per il bambino che nascerà. Nonostante le sbrodolate che ogni giorno scrivo per il mio pubblico, credo fermamente in alcune convenienze sociali e sono convinta che la volgarità potrà far sentire la sua potente voce!