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«Ma non hai discusso un caso da più di quindici anni» disse sospettoso John.

«È chiaro che se voi temete che io non sia in grado…» Sorrise alle loro proteste. «Mi ero dimenticato di dirvi che mi sono ritirato dal seggio…»

«Vecchia volpe!» sbottò il medico. «John, Eli si è ritirato dal seggio per potersi assumere la difesa di questo caso!»

«Eli, non possiamo permetterlo!» disse John.

«Assurdo!» fece il giudice. «Non lasciamoci andare ai sentimentalismi. Avrei dovuto comunque ritirarmi. Per cui se mi volete dalla vostra parte, non ne parliamo più.»

Hermy scoppiò in lacrime e corse fuori dalla stanza.

II

Allo sbaraglio

Il mattino seguente Pat bussò alla porta di Ellery.

«Nora vuol vederla.» Si guardò attorno con curiosità. Ludie aveva già riordinato la stanza ma vi regnava comunque un certo disordine come se Ellery stesse lavorando.

«Sono subito da lei» Ellery sembrava stanco. Mise dei fogli di carta in un cassetto e lo chiuse a chiave. Si infilò la chiave in tasca e prese la giacca.

«Stava lavorando?» domandò Pat.

«Be’… si. Andiamo, signorina Wright.» Uscirono.

«Il suo romanzo?»

«In un certo senso.» Scesero al secondo piano.

«Che significa in un certo senso?»

«Si e no. Sono stato… in ricognizione.» Ellery la guardò. «È molto attraente, questa mattina.»

«C’è una ragione speciale» mormorò Pat. «Anzi, devo essere irresistibile.»

«E dove deve andare?»

«Ma una ragazza non può avere dei segreti, signor Queen?» Si erano fermati sulla soglia della camera di Nora. «Ellery, ha scoperto qualcosa di nuovo?»

«No!»

«Accidenti!»

«È strano» borbottò Ellery. «Da settimane qualcosa mi ronza per la testa e non riesco ad afferrarla. Forse è un particolare molto banale, che mi è sfuggito. Sa… ho basato il mio romanzo su di voi… i fatti, gli eventi, i rapporti reciproci. Nei miei appunti c’è tutto quello che è accaduto.» Scosse il capo. «Ma c’è qualcosa che non riesco ad afferrare.»

«Forse non esiste.»

«Probabile. Ha saputo qualcosa…»

«Lo sa che in questo caso glielo direi.»

«Chissà.» Si strinse nelle spalle. «Be’, andiamo da Nora.»

Nora era seduta sul letto e leggeva un giornale di Wrightsville. Era diventata più magra ed aveva un’aria malata. Ellery rimase impressionato dal pallore trasparente delle sue mani.

«Ho sempre sostenuto» sogghignò il signor Queen «che per mettere alla prova la bellezza di una donna bisogna vederla un mattino d’inverno.»

«Ebbene, ho passato l’esame?» domandò la giovane sposa con un sorriso.

«Summa cum laude» rispose Ellery sedendosi accanto a lei.

«Gran parte del merito va al rossetto e alla cipria. Lei è un simpatico bugiardo! Patty, cara, siediti qui.»

«Veramente dovrei andarmene, Nora. Voi due potete parlare…»

«Ma Pat, vorrei che tu sentissi quel che ho da dire.»

Pat lanciò un’occhiata ad Ellery che ammiccò, poi si sedette piuttosto nervosa su una poltrona coperta di cinz, al fianco del letto. Ellery osservava attentamente Nora mentre parlava.

«Prima di tutto» disse l’ammalata «devo scusarmi con lei.»

«Con me? Ma perché Nora?»

«Perché l’ho accusata ingiustamente di aver parlato alla polizia delle tre lettere e del libro di tossicologia. Quando Dakin ha detto che voleva arrestare Jim, ho perso la testa.»

«Me n’ero già dimenticato. Perché non fa lo stesso?»

Nora gli prese la mano.

«È stato un sospetto orribile. Ma per un momento ho pensato che fosse tutta colpa sua. Vede, credevo che sapessero…»

«Non eri responsabile di quel che dicevi» intervenne Pat. «Ellery capisce benissimo.»

«Ma c’è qualcos’altro» esclamò Nora. «Se posso scusarmi per un cattivo pensiero, non posso cancellare il male che ho fatto a Jim.» Il suo labbro inferiore tremò. «È colpa mia se ora hanno trovato quelle lettere.»

«Nora, cara, sai bene che non devi fare così» pregò Pat in tono carezzevole. «Se continui a piangere, lo dico allo zio Milo, e non ti permetterà più di ricevere visite!»

«Dovevo bruciarle, non so perché non l’ho fatto. È stata una tale stupidaggine tenerle lì in casa! Ma io avevo intenzione di trovare la persona che le aveva scritte… ero sicura che Jim non aveva…»

«Nora» fece Ellery gentilmente. «Cerchi di dimenticare.»

«Ma io praticamente ho messo Jim nelle mani della polizia!»

«Non è vero, non dimentichi che Dakin era venuto deciso ad arrestare Jim. L’interrogatorio che le ha fatto è stato soltanto una formalità.»

«Allora lei pensa che quelle lettere non abbiano un vero e proprio peso?» domandò Nora ansiosamente.

«Ecco…» Ellery si alzò e andò a guardar fuori dalla finestra.

«Voglio la verità!»

«Signora Haight» disse Pat fermamente «hai avuto abbastanza compagnia per questa mattina. Ellery, è meglio che se ne vada.»

Ellery si voltò.

«Questa sua sorellina, Pat, soffre per i suoi dubbi, ma sa affrontare la realtà. Nora, le dirò esattamente quale è la situazione.» Nora si afferrò ai lembi dello scialletto con entrambe le mani. «Se Dakin era già deciso ad arrestare Jim prima di trovare le lettere, è ovvio che ora lui e Bradford ritengano di avere in mano delle prove molto più solide. Questa è la verità, e lei deve affrontarla, ma deve anche smettere di sentirsi colpevole. Deve avere buon senso per poter dare un po’ di coraggio a Jim.» Il giovane si chinò e prese la mano di Nora. «Jim ha bisogno della sua forza Nora. Lei ha tutto il coraggio che a lui manca. Suo marito non osa affrontarla, ma se lei gli starà sempre al fianco, senza recedere, piena di fede…»

«Sì» affermò Nora, con gli occhi splendenti. «Ho fede, gli dica che ne avrò sempre.»

Pat si alzò e andò a baciare Ellery su una guancia.

«Fa la mia stessa strada?» domandò Ellery mentre lasciavano la casa.

«Da che parte va?»

«Verso il palazzo di Giustizia. Voglio vedere Jim.»

«Oh, le do un passaggio. Anch’io vado al palazzo di Giustizia.»

«A trovare Jim?»

«Niente domande!» ribatté Pat un po’ nervosa.

Scesero la collina in silenzio. La strada era coperta di ghiaccio. Wrightsville era molto bella d’inverno, ma i suoi cittadini avevano un’aria cattiva, pareva che nessuno sorridesse. A un semaforo una commessa riconobbe Pat e l’indicò con la mano dalle unghie laccate color fuoco a un giovanotto pieno di foruncoli. Entrambi si misero a parlare con aria eccitata mentre Pat premeva il piede sull’acceleratore. Come giunsero al palazzo di Giustizia, Ellery condusse Pat all’ingresso laterale.

«I giornalisti infestano l’atrio» spiegò il signor Queen. «È meglio non rispondere a nessuna domanda.»

«Lei è già stato qui?»

«Sì.»

«Credo che anch’io farò una visita a Jim.»

La prigione della contea occupava gli ultimi due piani del palazzo di Giustizia. Come entrarono nella sala d’aspetto che odorava di lisoformio, Pat deglutì a fatica, ma trovò egualmente un sorriso per Wally Planetsky, l’ufficiale di servizio.

«Buon giorno, Wally, come sta la sua patacca?»

«Oh, guarda, la signorina Pat! Bene bene.»

«Quando facevo le elementari, Wally mi permetteva di soffiare sul suo pataccone per lucidarglielo» spiegò Pat. «Wally, non assuma quell’aria imbarazzata! Sa bene perché sono qui. Mi conduca nella cella di mio cognato.»