«Ellery!» Ora era Pat che scuoteva lui. «Cosa sono questi misteri? Che cosa c’è?»
«Aspetti un momento!»
La ragazza rimase in attesa finché Ellery mormorò:
«Se soltanto l’avessi saputo. Ma no, non potevo immaginare… è stato un destino. Un destino che mi ha portato in quella stanza cinque minuti più tardi. Il destino che le ha impedito di dirmelo per tutti questi mesi. Il destino che mi ha nascosto il fatto essenziale.»
«Ellery…»
«Dottor Willoughby!»
Fu un grido generale, e tutti attraversarono di corsa la sala d’aspetto. Il medico avanzava lentamente. Portava il camice chirurgico, e la mascherina di tela abbassata sotto il mento. Il camice era imbrattato di sangue, ma le sue guance erano bianche come la neve.
«Milo!» gemette Hermione.
«E allora?» chiese John con voce aspra.
«Per l’amor di Dio, dottore!» gridò Lola.
Pat gli corse accanto e afferrò la mano del vecchio medico.
«Ecco…» cominciò il dottor Willoughby con voce roca, e tacque subito. Poi ebbe un tristissimo sorriso, e passò un braccio intorno alle spalle di Hermy. «Nora ti ha fatto un regalo per Pasqua… nonna.»
«Nonna» mormorò Hermy.
«Il bambino!» esclamò Pat. «Sta bene?»
«Benissimo, Patricia. È una bamboccina assolutamente perfetta. È piccolissima e molto fragile, naturalmente; dovremo metterla nell’incubatrice, ma fra qualche settimana sarà perfettamente a posto.»
«E come sta Nora?»
Il medico abbassò il capo e disse come in un soffio:
«Nora… è morta!»
Parte sesta
I
In fondo al burrone
«Non è ora di visita» disse fermamente Wally Planetsky, ma poi soggiunse: «Oh, lei è l’amico di Patty Wright. Un gran brutto modo questo di passare la domenica di Pasqua, signor Queen.»
«Ha più che ragione» convenne Queen, mentre il guardiano lo precedeva, aprendo e chiudendo Cancelli. «Come sta il nostro giovanotto?»
«Non ho mai visto un altro che sapesse tenere il becco chiuso come lui. Si direbbe che abbia fatto un voto.»
«Può anche darsi che l’abbia fatto» sospirò il signor Queen. «È venuto a trovarlo qualcuno, oggi?»
«Solo quella giornalista: la signorina Roberts.»
«C’è un medico qui in giro?» domandò Ellery inaspettatamente.
«Ma certo; abbiamo un’ottima infermiera, e il giovane Ed Crosby è entrato in servizio proprio ora.»
«Dica al medico che forse potrò avere bisogno del suo aiuto tra poco.»
L’ufficiale fissò Ellery sospettosamente; poi si strinse nelle spalle, gli aprì la porta della cella; poi la richiuse e si allontanò, strascicando i piedi. Jim, sdraiato sul pagliericcio con le mani incrociate dietro la testa, osservava i piccoli riquadri di cielo azzurro fra le sbarre.
«Jim?»
«Oh, buongiorno» fece Jim voltandosi. «E buona Pasqua.»
«Jim…» cominciò di nuovo Ellery accigliandosi.
Esitò, poi si fece forza e, con molto tatto, prima gli disse della bimba, poi della morte di Nora.
«Non è riuscita a superare la crisi. È spirata serenamente» concluse Ellery.
Ad un tratto l’investigatore balzò in piedi esclamando:
«No, Jim; un momento, figliolo!»
Ma Jim si era aggrappato alle sbarre come un’enorme scimmia e le scoteva violentemente.
«Lasciatemi andare, lasciatemi uscire!» gridava. «Maledetti tutti! Devo andare, devo correre da Nora! Fatemi uscire di qui!» Agli angoli della sua bocca comparve un velo di schiuma bianca.
Quando il dottor Crosby arrivò con la sua valigetta nera, trovò Jim Haight disteso sul pavimento e il signor Queen inginocchiato sul petto di Jim che gli teneva ferme le braccia con forza non priva di dolcezza. Jim urlava ancora, ma le sue parole non avevano più alcun senso. Il medico gli lanciò una rapida occhiata e afferrò una siringa.
I funerali di Nora ebbero luogo martedì quindici aprile in forma privata. Erano presenti solo i famigliari e alcuni amici: il signor Queen, il giudice Martin e sua moglie, il dottor Willoughby e alcuni funzionari della banca di John. Meno di venti persone in tutto. Frank Lloyd era apparso col viso tetro sulla soglia della cappella, aveva lanciato un’occhiata al viso immobile di Nora, nella bara, ma, quando gli occhi di Hermy si erano posati su di lui, si era dileguato. Hermy si era comportata meravigliosamente. Mentre il pastore predicava, era rimasta impassibile senza una lacrima. Pat disse poi che non aveva pianto, solo perché non aveva più lacrime. John era curvo, abbattuto, e Lola aveva dovuto condurlo via per mano quando la cassa era stata richiusa.
Prima che il corteo si avviasse, Pat si era allontanata per qualche minuto. E al suo ritorno annunziò:
«Ho telefonato all’ospedale. La bambina sta bene. Cresce nella sua incubatrice come una piccola piantina verde.»
Le labbra di Pat tremarono, e il signor Queen le passò un braccio intorno alle spalle.
Jim giunse al cimitero, accompagnato da due agenti. La sua disperazione era così completa, che l’avvolgeva quasi in un’aura di dignità. Il prigioniero camminava a passo fermo tra le sue due guardie, ignorandole, e fissando intensamente il punto in cui la terra era stata aperta per ricevere Nora.
Mezzo paese l’osservava in silenzio, e la curiosità dei presenti divenne quasi palpabile. Quando Jim giunse accanto al gruppo dei Wright, tutti gli occhi degli spettatori si fecero più attenti; quello era il “pezzo forte” della giornata. Ma non avvenne nulla di notevole. O forse sì, perché le labbra di Hermy si mossero, e Jim le si avvicinò e si chinò a baciarla.
Quando la bara fu calata nella fossa, la folla, ai cancelli, cominciò ad allontanarsi silenziosamente. Fu allora che Jim agì. Fino a un momento prima aveva camminato tra i suoi guardiani con gli occhi fissi al suolo; poi ad un tratto parve scuotersi. Fece lo sgambetto a uno degli agenti, e questi cadde all’indietro con un tonfo. Immediatamente Jim diede un formidabile pugno alla mascella dell’altra guardia, che cadde addosso al suo compagno. I due poliziotti si rotolarono, avvinghiati l’uno all’altro come lottatori, nel tentativo di rimettersi in piedi. In quei pochi secondi Jim scomparve, correndo tra la folla, caricandola come un toro… Ellery gli gridò qualcosa, ma Jim continuò a correre. Gli agenti riuscirono finalmente a rimettersi in piedi e partirono all’inseguimento, ma inutilmente. Sparare, con tutta quella gente in giro, era impossibile.
Ellery capì allora che la follia di Jim non era affatto follia. A circa un quarto della collina, al di là di tutte le altre automobili, era ferma una grossa macchina col radiatore puntato verso la città. Era completamente vuota, ma il motore era acceso. Jim vi balzò dentro, e l’automobile partì immediatamente a grande velocità. Gli agenti balzarono a loro volta sulla macchina della polizia e si buttarono all’inseguimento, ma Jim era già scomparso. Per un attimo sulla collina vi fu silenzio, poi si udì un grande sbatacchiamento di sportelli e il rombo di numerosi motori che s’avviavano. Pareva che i cittadini di Wrightsville non volessero perdere l’ultimo emozionante spettacolo.
Hermy giaceva sul divano, in sala da pranzo. Pat e Lola si alternavano, applicandole delle compresse fredde sulla fronte, mentre John voltava le pagine del suo ultimo album di francobolli con grande fermezza, come se al mondo non fosse esistito nulla di più importante. Clarice Martin teneva strettamente una mano di Hermy fra le sue, in un turbine di rimorso, e piangeva sulla propria defezione durante il processo, sulla fine di Nora e sull’ultimo gravissimo colpo. Hermy, la grande Hermy, la confortava. Accanto al caminetto, Ellery Queen e il medico parlavano a bassa voce.