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«Da quando?» chiese Ellery in tono molto strano.

«Da quando ho saputo che l’hanno trovato morto.»

«E perché questo dovrebbe fare una differenza?»

Cart si prese il capo tra le mani. «Perché abbiamo tutte le ragioni di credere che l’automobile non sia finita nel burrone per un incidente.»

«Capisco» dichiarò Ellery.

«Non volevo dirlo ai Wright, ma io e Dakin siamo convinti che Jim si sia buttato deliberatamente nel vuoto con la macchina.» Il signor Queen non rispose. «E allora ho cominciato a pensare… a pensare… Queen!» Carter balzò in piedi. «Per l’amor del cielo, se sa qualcosa me lo dica! Non riuscirò a dormire finché non ne sarò certo. È stato Jim Haight a commettere quel delitto?»

«No.»

«Chi è stato allora?» chiese Carter con voce afona.

«Non voglio dirlo.»

«Però lo sa.»

«Sì» sospirò Ellery.

«Ma non può…»

«Sì che posso. Non creda che per me sia facile. Tutte le mie convinzioni, la mia vita stessa di investigatore mi spingono a ribellarmi a questa… diciamo connivenza. Ma i Wright mi piacciono, sono brave persone e hanno sofferto troppo. Non voglio far loro dell’altro male. Lasciamo correre.»

«Ma può dirlo almeno a me, Queen!» implorò Cart.

«No, lei non è sicuro di se stesso; non è ancora del tutto sicuro, Bradford. Lei è un gran caro figliolo, ma il suo processo di sviluppo è stato un poco ritardato.» Ellery scosse il capo. «Il meglio che lei possa fare è di dimenticare, e cercare di sposare Patty. È pazzamente innamorata di lei.»

Cart afferrò il braccio di Ellery e lo strinse così forte che il giovane trasalì.

«Ma deve dirmelo!» esclamò. «Come potrei… sapendo che uno… uno di loro…»

Il signor Queen aggrottò la fronte nell’oscurità.

«Le dirò quel che faremo, Carter» disse infine. «Lei aiuta questa gente a riprendere la sua posizione e la sua vita normale a Wrightsville. Faccia una corte spietata a Pat Wright. Insista continuamente per farsi sposare, fino a stancarla. Dico sul serio: la stanchi a forza di richieste di matrimonio. Ma se non otterrà nulla, mi telegrafi. Io torno a casa. Mi mandi un telegramma a New York ed io tornerò. Forse quello che ho da dire a lei e a Patty risolverà il vostro problema.»

«Grazie» mormorò Carter Bradford con voce soffocata.

II

Il ritorno di Ellery Queen

“Ecco” pensava il signor Ellery Queen mentre si guardava attorno sulla piattaforma della stazione. “Sono di nuovo un ammiraglio, il secondo viaggio dell’ammiraglio Colombo.” Il treno che l’aveva riportato a Wrightsville stava scomparendo dalla curva. In tasca gli frusciava un telegramma che aveva ricevuto la sera prima. Diceva: “Ho bisogno di lei. L’aspetto”. Ed era firmato da Carter Bradford.

Ellery era stato lontano da Wrightsville meno di un mese, ma gli sembrava che il paese fosse cambiato. O meglio gli sembrava che fosse tornato quello di prima. Era di nuovo la vecchia Wrightsville che aveva conosciuto nell’agosto precedente. All’investigatore pareva che fosse passato un secolo da allora.

Il signor Ellery entrò in una cabina telefonica, e un istante dopo si fece condurre in cima alla collina dal tassì della stazione.

La casa che era stata di Nora e di Jim aveva tutte le imposte chiuse, e così opaca e senza vita sembrava quasi brutta.

Ellery esitò di fronte alla grande villa dei Wright. Dal retro del giardino veniva un mormorio di voci e il giovane investigatore si diresse da quella parte camminando silenziosamente sull’erba. Sotto il sole, Hermy si esercitava a spingere una carrozzella per bambini nuova di zecca. John sorrideva e Lola e Pat facevano allegri commenti sulle nonne di professione che volevano fare tutto loro.

Nascosto in un cespuglio di oleandri, il signor Queen osservò a lungo la scena finché non riuscì a richiamare l’attenzione di Pat, mentre gli altri non vedevano, e a farle segno di raggiungerlo.

«Ellery caro!» disse la ragazza che s’era allontanata dai suoi con un pretesto. Gli buttò le braccia al collo. «Sono tanto felice di vederla. Perché tutto questo mistero? Brutto antipatico! Come sono contenta!»

La ragazza baciò il giovane con effusione e per un momento il suo viso fu la faccetta infantile che Ellery ricordava.

«Non è la sua automobile quella?» domandò il signor Queen indicando una due-posti accanto al marciapiede. «Andiamo a fare una passeggiata.»

«Ma papà, mamma e Lola rimarranno malissimo se lei non…»

«Non disturbiamoli, Patty. Mi sembrano veramente felici ora che aspettano l’arrivo della piccola. Come sta la bambina?»

La macchina di Pat guidata da Ellery s’avviò giù per la collina.

«Ora sta benissimo. È un cosino tanto grazioso! Sa, somiglia tutta a…» Pat s’interruppe, poi riprese coraggiosamente: «Somiglia tutta a Nora».

«Davvero? Allora dev’essere una signorinetta molto bella.»

«È un tesoro. Non vediamo l’ora che esca dall’ospedale. L’andiamo a trovare continuamente; io poi scappo a vederla anche quando gli altri non ci sono… la piccola Nora abiterà nella stanza di sua mamma, l’abbiamo chiamata come lei…»

Ellery sorrise.

«Lei è tornata la Patty di un tempo…»

«Ma non ne ho più l’aspetto… lo so che sto diventando una vecchia strega. Dove stiamo andando, Ellery?»

«In nessun posto, in particolare» fece Ellery vagamente voltando la macchina verso sud.

«Mi dica, come mai è ritornato a Wrightsville? Il suo romanzo come va?»

«È terminato.»

«Oh, ma è meraviglioso, Ellery, non me ne ha letto una sola parola. Come finisce?»

«Questa è appunto la ragione per cui sono tornato a Wrightsville.»

«Che cosa significa?»

«Vede, il romanzo è praticamente finito, ma si potrebbe apportare qualche cambiamento all’ultimo capitolo… se non altro mutare alcuni elementi che non riguardano direttamente la trama poliziesca. Lei potrebbe aiutarmi.»

«Io? Ne sarei felicissima!»

«Ha visto molte volte Carter Bradford in questi ultimi tempi?»

Pat fissò attentamente le proprie unghie.

«Ah, sì! Si è fatto vedere qualche volta.»

«E il funerale di Jim?»

«L’abbiamo sepolto vicino a Nora.»

«Bene!» Ellery rallentò. «Sa Pat, mi sta venendo sete. Che cosa ne dice se andassimo a bere qualcosa!»

«D’accordo.»

«Ma quella non è la “Taverna” di Gus Olensen?»

Ellery fermò l’automobile davanti al locale e scese mentre Pat protestava giurando che non era mai entrata in un luogo simile. Attraversarono la soglia ridendo e in un angolo trovarono Carter Bradford in attesa.

«Ecco Pat, Bradford. Servizio a domicilio.»

«Pat!» esclamò Cart.

«Cart!»

I due giovani rimasero in piedi ai lati del tavolino guardandosi con occhi poco amichevoli.

«Ellery, lei mi ha portato qui con un trucco.»

«Non ero sicuro che sarebbe venuta senza trucchi» mormorò il signor Queen.

«Sono stato io a chiedere a Queen di ritornare a Wrightsville» spiegò Cart aggressivamente. «Lui mi aveva detto che… Pat, io ho tentato tante volte di vederti, ho cercato di farti capire che dovevamo cancellare il passato, che ti voglio bene, che te ne vorrò sempre e che sarei felice se tu acconsentissi…»

«Non parliamone più» ribatté Pat con forza.

La ragazza cominciò a cincischiare l’orlo della tovaglia. Arrivarono le bibite e i tre si sedettero a bere in silenzio senza guardarsi in viso.