Il giovane Botaniates, disperato, si precipitò per la strada assolata e deserta, chiamando a gran voce la sorellina. Poi corse verso la porta.
— Seguiamolo — disse Metaxas. Diversi altri gruppi formati da noi erano già oltre la porta. Me ne accorsi quando ci arrivammo. Andronico Botaniates corse di qua e di là. Udii il suono di uria risata fanciullesca che sembrava proveniente dalle mura.
Lo udì anche Andronico. Nelle mura c’era una breccia profonda circa cinque metri, una specie di grotta a livello del terreno. Botaniates corse là. Anche noi corremmo là, facendoci largo tra una folla che consisteva interamente di nostri duplicati.
Dovevamo essere quindici: cinque per ciascuno.
Andronico entrò nella breccia e lanciò un urlo terribile. Un attimo dopo, sbirciai nell’interno.
Pulcheria, nuda, con la tunica abbassata fin quasi alle caviglie, stava nella classica posa pudibonda, con una mano sui seni in boccio e l’altra aperta sull’inguine.
Accanto a lei c’era Sauerabend, con la veste aperta. Aveva tirato fuori l’arnese, pronto per l’uso. Immagino che al momento dell’interruzione fosse sul punto di sistemare Pulcheria in una posizione adatta.
— Oltraggio! — gridò Andronico. — Sozzura! Seduzione di una vergine! Vi chiamo tutti testimoni! Guardate, guardate questa mostruosità, quest’azione criminosa!
Afferrò Sauerabend con una mano e la sorella con l’altra, e li trascinò entrambi all’aperto.
— Siete testimoni! — ruggì. Ci togliemmo di mezzo prima che Sauerabend potesse riconoscerci, anche se, credo, era troppo terrorizzato per vedere qualcuno. La povera Pulcheria, che cercava di nascondersi tutta quanta, era raggomitolata ai piedi del fratello; ma lui continuava a rimetterla in piedi, scoprendola e gridando: — Guardate la puttanella! Guardatela! Guardate, guardate!
E una folla considerevole venne a guardare.
Ci tirammo in disparte. Avevo voglia di vomitare. Quel sudicio molestatore di bambine, quell’Humbert degli agenti di cambio… che aveva scoperto quel suo coso gonfio e rosso davanti a Pulcheria, che l’aveva coinvolta in quello scandalo…
Andronico aveva sguainato la spada e cercava di trafiggere Sauerabend o Pulcheria o entrambi. Ma gli astanti glielo impedirono, trascinandolo a terra e sottraendogli l’arma. Pulcheria, sgomenta, frenetica nel trovarsi nuda di fronte a tutti, strappò a qualcuno un pugnale e cercò di uccidersi, ma venne fermata in tempo; infine un vecchio le buttò addosso il proprio mantello. C’era un’immensa confusione.
Metaxas disse con calma: — Abbiamo seguito il resto della sequenza, prima del tuo arrivo, poi siamo tornati indietro per aspettarti. Ecco cos’è accaduto. La ragazzina era promessa a Leone Dücas, ma naturalmente lui non poteva più sposarla dopo che mezza Bisanzio l’aveva vista così nuda. Inoltre, lei era considerata contaminata, sebbene Sauerabend, in realtà, non avesse avuto il tempo di combinare niente. Il fidanzamento è stato rotto. La famiglia di Pulcheria, accusandola di essersi lasciata indurre da Sauerabend a spogliarsi, l’ha rinnegata. Nel frattempo, a Sauerabend è stato proposto di scegliere: o sposare la ragazza che aveva disonorato, o subire la punizione abituale.
— E cioè?
— La castrazione — disse Metaxas. — E così, col nome di Hiraklis Photis, l’ha sposata, cambiando il corso della storia, almeno per il fatto di privarti della tua linea genealogica. Adesso correggeremo tutto.
— Io no — disse Jud B. — Ho visto tutto ciò che potevo sopportare. Torno nel 1205. Devo arrivarci alle tre e mezzo del mattino, per dire a costui di tornare qui ad assistere alla scena.
— Ma… — feci io.
— Non cercare di capire i paradossi — disse Sam. — Dobbiamo metterci al lavoro.
— Vieni a darmi il cambio alle quattro meno un quarto — mi ricordò Jud B, e si smistò.
Io, Metaxas e Sam sincronizzammo i timer. Andiamo su per la linea di un’ora esatta — disse Metaxas. — Per finire la commedia. — Ci smistammo.
LX
E con grande precisione e non poco sollievo, finimmo la commedia.
In questo modo:
Ci smistammo a mezzogiorno in punto di quell’afosa giornata d’ estate del 1100, e ci piazzammo lungo le mura di Costantinopoli. E attendemmo, sforzandoci di non badare alle altre versioni di noi stessi che passavano brevemente attraverso il nostro cronolivello in missioni di ricognizione.
La bella bambina e l’occhiuta governante comparvero.
Il cuore mi doleva d’amore per la giovane Pulcheria, e doloravo anche in altri posti: di concupiscenza per la Pulcheria futura, la Pulcheria che avevo conosciuto.
La bella bambina e l’ignara governante, tenendosi vicine l’una all’ altra, ci passarono davanti.
Apparve Conrad Sauerabend/Hiraklis Photis. Suoni discordanti dell’orchestra; arricciarsi di baffi; sibili. Squadrò la ragazzina e la donna. Si batté le mani sulla pancia. Tirò fuori un piccolo aleggiatore e ne verificò la canna. Avanzò sogghignando d’entusiasmo, con l’intenzione di premere l’aleggiatore contro il braccio della governante per poi — dopo averle assicurato un’ora di sbronza estatica — abbordare senza ostacoli la ragazzina.
Metaxas fece un cenno col capo a Sam.
Sam fece un cenno col capo a me.
Ci avvicinammo di sbieco a Sauerabend.
— Via! — gridò Metaxas, ed entrammo in azione.
L’enorme e nero Sam spiccò un balzo e passò l’avambraccio destro intorno alla gola di Sauerabend. Metaxas gli afferrò il polso sinistro e gli torse il braccio all’indietro, lontano dai comandi del timer che potevano sottrarlo alla nostra stretta.
Contemporaneamente io afferrai il braccio destro di Sauerabend con uno strattone violento, alzandolo e costringendolo a mollare l’aleggiatore. L’intera manovra richiese forse un ottavo di secondo, e portò all’effettiva immobilizzazione di Sauerabend. Nel frattempo la governante era saggiamente fuggita insieme a Pulcheria dalla scena di quella zuffa indecorosa.
Sam infilò là mano sotto la veste di Sauerabend e lo privò del timer manomesso.
Poi lo lasciammo. Sauerabend, che indubbiamente credeva di essere stato assalito da banditi, mi vide e grugnì un paio di monosillabi confusi.
Io dissi: — Credevi di essere stato molto furbo, eh?
Lui grugnì ancora.
Io dissi: — Manomettere il timer e squagliartela pensando di poterti sistemare in proprio come contrabbandiere. Eh? Credevi che non ti avremmo ripreso?
Non gli parlai delle settimane di duro lavoro che ci era costato. Non gli dissi dei cronoreati che noi stessi avevamo commesso per scoprirlo… i paradossi che avevamo lasciato sparsi dappertutto su e giù per la linea, le inutili duplicazioni di noi stessi.
Non gli dissi che avevamo dirottato sei anni della sua vita (come taverniere bizantino) in un universo isolato che per quanto lo riguardava non esisteva da nessuna parte.
Non gli parlai della concatenazione di eventi che aveva fatto di lui il marito di Pulcheria Botaniates in quell’universo eliminato, privandomi della mia legittima ascendenza. Tutte queste cose non erano accadute, ormai. Adesso non ci sarebbe stato un taverniere chiamato Hiraklis Photis che vendeva carne e vino ai bizantini degli anni 1100-1105.
Metaxas tirò fuori un timer di scorta, intatto, che aveva portato apposta.
— Lo metta — ingiunse. Torvo, Sauerabend lo indossò.
Io dissi: — Ora torneremo al 1204, più o meno nel momento in cui te ne sei andato. E poi finiremo il giro turistico e torneremo giù per la linea al 2059. E Dio ti aiuti se mi causi altri fastidi! Non ti denuncerò per cronoreato perché sono un uomo generoso, anche se uno smistamento non autorizzato come il tuo è un atto criminale: ma se fai una qualunque cosa che non mi piaccia, tra adesso e il momento in cui mi sbarazzerò di te, ti farò arrosto. Chiaro?