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Sotto il mio bianco seno, la sua mano, più bianca, si piegò a coppa (Dio mi perdoni! Ma, mentre scrivo queste parole, sono senza forze: la vergogna lotta con il rapimento. Se lui fosse qui, ora, guiderei io stessa la sua mano!) e con le sue fredde labbra rosse sfiorò la mia pelle, oltre l’incavo dell’osso della clavicola, giù verso i seni. Per un momento si fermò, e io misi le dita nei suoi folti capelli e lo strinsi forte contro di me. All’improvviso si raddrizzò, tremando come se non potesse sopportare più a lungo di essere rifiutato e serrò le labbra sul mio collo. Sentii la lingua che mi sfiorava con leggerezza, languidamente, contro la pelle e poi la pressione dei denti.

Si fermò, in attesa.

Io sono sempre stata una donna protetta: non so nulla della vita e dell’amore e così, oltre queste cose, i dettagli del mio sogno furono vaghi. So soltanto che provai un dolore acuto e poi un’ondata di estatico calore, quasi mi stessi liquefacendo come cera alla presenza di un calore animale. Ebbi la sensazione che lui e io fossimo un essere solo, che la vera essenza del mio io si gonfiasse come un’onda e fluisse verso di lui, innalzandosi e rompendosi.

Gridai e mi liberai lottando della camicia da notte, poi lo circondai con le braccia e le gambe e lo tenni così stretto che non un millimetro di spazio rimase tra i nostri corpi.

Per quanto tempo quell’estasi continuò, non saprei dirlo, ma so che rimasi priva di volontà nelle sue braccia, cosciente di nulla tranne che di un languido piacere che pulsava al ritmo del battito del mio cuore. Quando, alla fine, smise, capii che lo faceva ancora non sazio, per amor mio, scegliendo di affievolire il suo desiderio piuttosto che soddisfarlo.

Le mie guance ora bruciano, come a una sposa novella che ricordi la sua prima notte di nozze! Il fatto sembrava talmente reale che persino adesso mi confondo, riguardo al fatto se sia avvenuto o meno. Questa mattina mi sono svegliata rabbrividendo, per trovarmi in condizioni completamente indecenti e svestita sopra il letto, con le lenzuola gettate via e la camicia da notte che giaceva in un mucchietto sul pavimento, vicino alla finestra.

Mi sento più che mai vicina allo zio, come se lui ed io dividessimo questo malvagio e meraviglioso segreto.

Scrivendo questo mi sento audace come una prostituta. Ho detto che volevo il perdono? Non più! La mia vita è stata così vuota e triste! Che sia la peggior sorta di male o meno, che sia malattia, follia, delusione, non negherò a me stessa la gioia più alta che abbia mai conosciuto. Una tale felicità vale il rischio dell’inferno. Stanotte Bruto rimarrà in cucina, e io dormirò con le finestre aperte, “nel caso che sogni”.

Se lui andrà in Inghilterra, io morirò!

Capitolo terzo

Lettera a Matthew P. Jeffries

(scritta sotto dettatura e tradotta dal rumeno)

7 aprile

Amico mio,

Benvenuto nei Carpazi. Sono stato estremamente deluso nel ricevere la notizia che il vostro arrivo era stato rinviato, ma tutte le cose vanno per il meglio; siamo stati un po’malati al castello, ed è proprio un bene che la vostra visita sia stata rimandata.

Comunque, adesso, il momento non potrebbe essere migliore! Ho ricevuto la vostra lettera da Vienna che diceva che sareste arrivato a Bistritz nella serata dell’otto. Questa lettera vi attenderà, come faccio anch’io, in modo estremamente ansioso. Dormite bene stanotte, poiché domani mattina, 9 aprile, la diligenza per Bucovina partirà alle otto. Il mio cocchiere vi attenderà al Passo Borgo e vi condurrà da me.

L’articolo del «Times» a cui avete accennato sembra estremamente interessante. Sarei felice di fornirvi qualsiasi informazione utile, e sono impaziente di avere con voi alcune conversazioni al riguardo.

Spero che non abbiate ulteriori difficoltà di viaggio e possiate godere del vostro soggiorno nel mio bel paese.

Il vostro amico,

Vlad Dracula

Il diario di Mary Windham Tsepesh

8 aprile. Dio mio, che cosa dirò a mio marito?

Ho la sensazione che qualcosa di terribile sia accaduto di recente, qualcosa che abbia aumentato il suo dolore per la morte del padre. Credo che lui e Vlad abbiano avuto una discussione o che abbia fatto qualche terrificante scoperta al castello.

Certamente non può essere più scioccante di quella che ho fatto io.

Avevo indovinato immediatamente che Zsuzsanna era infatuata di suo zio e che lui non faceva nulla per scoraggiarla: al contrario, alimentava la fiamma. Ma non avevo idea che…!

Il povero Arkady era talmente sconvolto la notte scorsa che è rimasto in piedi a leggere nello studio e non è venuto a letto se non poche ore prima dell’alba, ed io sono ormai talmente abituata al rumore del suo respiro e alla sensazione del suo corpo caldo vicino a me, nel letto, che sono diventata inquieta.

Ho riflettuto sull’idea di accendere la lampada e scrivere un’altra pagina di diario, ma i miei occhi erano stanchi dopo che ieri avevo passato ore a leggere e a scrivere, e così, nell’oscurità, mi sono avvicinata al bovindo pensando di aprirlo, in modo che l’aria fresca potesse aiutarmi a dormire. Mentre stavo lì, sono stata catturata dalla vista della luna quasi piena che galleggiava tra le nuvole, e mi sono seduta sul cuscino di velluto nel sedile della piccola rientranza. La luna era così lucente che il panorama era quasi illuminato a giorno.

La nostra stanza da letto si trova nell’ala di destra, esattamente di fronte a quella di Zsuzsanna; soltanto una striscia di terreno erboso ci separa, ed io potrei facilmente tirare un sasso dalla nostra camera nella sua. Ogni camera ha un’ampia finestra che permette una bella vista, ma godiamo di una completa riservatezza dietro le pesanti cortine, e Zsuzsanna dietro le sue imposte.

Ma, la notte scorsa, ho scostato il bordo della tenda per veder meglio la luna e, così facendo, i miei occhi hanno visto qualcosa che correva attraverso la striscia di terreno verso la camera di Zsuzsanna. Pensando che fosse uno dei lupi dai quali Arkady mi ha spesso messo in guardia, mi sono avvicinata di più al vetro per vedere meglio. Non avevo paura, poiché la tenda mi nascondeva bene e dubitavo che l’animale fosse in grado di fare un salto di due piani, ma ero molto curiosa dato che, essendo vissuta in città, non avevo mai visto un lupo, tranne che nei libri illustrati.

Però, prima che potessi mettere a fuoco l’oggetto del mio interesse, fui distolta da un movimento alla finestra di Zsuzsanna. La vidi mentre tirava indietro le impose e spalancava la finestra, lasciando entrare l’ondeggiante luce lunare.

Mi spaventai e quasi pensavo di lanciare un grido d’allarme per il lupo, quando notai accanto a lei una figura, nella piccola rientranza accanto al sedile della finestra. Come fosse arrivata lì, non lo so, ma posso dire chi fosse… Vlad.

Mentre guardavo, piena d’orrore, essi si abbracciarono, e poi lui allungò la mano verso il nastro alla gola di lei e, quando questo si slegò e la camicia da notte cadde…

Scrivere altro mi fa star male. Mi voltai, incapace di sostenere quella vista e chiusi le tende.

La notte scorsa ho dormito a malapena. Sono combattuta. Arkady è già turbato abbastanza per qualche segreta pena, e tutto quello che farei sarebbe trasferire il mio problema sulle sue spalle già cariche. Ma non so decidere se sia meglio affrontare Vlad o Zsuzsanna… o rimanere del tutto in silenzio.

Mio povero caro, hai sofferto così tanto di recente! È questo ciò che ti tormenta? Lo sai già?

Il diario di Arkady Tsepesh