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«Lui ci ha ingannato entrambe», dissi per calmarla. «Lei l’ha scritto nel suo diario. Lui l’ha fatta bere da lui, per ingannarci, e per legarla a lui. Adesso, dobbiamo fare attenzione, lui sa tutto ciò che lei vede e sente».

Infine, Dunya riprese il controllo di se stessa. Si raddrizzò, poi si fece il segno della croce, e con l’indice si asciugò un’unica lacrima che le scivolava lungo la guancia. La liberai dal mio abbraccio con un colpetto rassicurante sulla spalla.

«Ora che cosa possiamo fare per aiutarla?», chiesi.

Lei scosse la testa.

«Adesso non c’è niente che possa impedire la sua morte. Tutto quello che possiamo fare è impedire che diventi uno strigoi».

«Uccidendo Vlad», bisbigliai.

Esitò.

«È così vecchio e astuto… Ci hanno provato in molti e tutti hanno fallito. C’è un altro modo, più sicuro».

Sentii un barlume di speranza.

«Che dobbiamo fare?».

Lei abbassò lo sguardo sul tappeto, incapace di incontrare il mio, le labbra strette per reprimere altre lacrime.

«Dopo che la domnisoara sarà morta, ma prima che si possa alzare come strigoi — cosa che farà in due giorni, forse tre — dobbiamo conficcare il palo nel suo cuore. Poi la testa dev’essere tagliata e, con dell’aglio messo in bocca, essere sepolta separatamente dal corpo».

Atterrita, nauseata, mi misi una mano sulla bocca aperta e mi appoggiai nuovamente al muro, temendo che le gambe mi cedessero. Con l’immaginazione, vidi il bagliore di una grande spada d’acciaio che tagliava la pelle di quel piccolo collo tenero. Vidi il grosso palo di legno poggiato tra i suoi seni, udii il rumore del martello che si abbassava, conficcando il palo, udii il suo grido angosciato mentre gli occhi si aprivano, spalancati per la spaventosa agonia…

Arkady non avrebbe mai permesso una tale atrocità contro sua sorella. Se doveva essere fatto, avrebbe dovuto essere fatto in segreto, ma un atto tanto atroce sembrava impossibile da realizzare senza essere scoperti.

«Perché?», chiesi, quando riuscii di nuovo a parlare. «Perché una cosa tanto orribile? Perché… la testa deve essere sepolta lontano dal corpo?».

Guardò in alto e raddrizzò le spalle, cercando di essere decisa.

«Perché i poteri rigenerativi dello strigoi sono così grandi che, a meno che la testa non sia sepolta in un posto diverso, anche una ferita così terribile potrebbe guarire, e il morto vivente rialzarsi». Si guardò alle spalle, verso la porta chiusa. «L’avete vista, doamna. Il suo corpo è perfetto adesso».

Era vero. Ero stata troppo scioccata per prestarvi molta attenzione, ma ora ricordai il corpo della donna che giaceva dall’altra parte della porta. Zsuzsanna si appoggiava diritta sulla schiena, con le spalle perfettamente formate, senza segno di curvatura nella spina dorsale. E, sotto la coperta, la forma delle gambe era chiaramente visibile: erano entrambe uguali e sane.

Mi portai le mani al volto e piansi amare lacrime al pensiero che lei sarebbe morta, e lacrime ancora più amare al pensiero di ciò che le avremmo fatto quando fosse morta. Mi ritenni fisicamente incapace di quell’azione, a causa della gravidanza, e Dunya era troppo piccola per mettere in pratica da sola quel macabro atto. Così mi ripresi, pensando nel frattempo che eravamo completamente pazze ad avere quella conversazione, e chiesi:

«Dunya… c’è un uomo che potremmo pagare per farlo, dopo che è morta?».

Le lacrime mi correvano giù per le guance, ma ero molto controllata mentre lo dicevo. Ma la mia voce o l’espressione dovettero evocare pietà, poiché Dunya mi toccò con imbarazzo la spalla, dapprima timidamente, sapendo che era estremamente impertinente per un domestico toccare la padrona se non richiesto, eppure era così travolta dalla compassione che non poté resistere.

«Naturalmente, doamna, c’è qualcuno che lo farà, ma rifiuterà di essere pagato. Però, per favore, non vi preoccupate di tali cose. Me ne occuperò io per voi».

Lo disse con tanta dolcezza, con un tono così tranquillo, che ricominciai a piangere e, per un po’, non riuscii a parlare. Poi mi circondò con le braccia e piangemmo come sorelle.

«Dunya», dissi, «sono così terrorizzata! Sto per avere un bambino, ma non voglio averlo qui. Temo non sia sicuro. La notte scorsa, un lupo mi ha attaccato, alla finestra. È saltato verso di me e ha frantumato il vetro. Era così vicino, l’ho visto chiaramente. Aveva gli occhi di Vlad. Era lui. Lo so: io l’ho visto cambiare».

Lei non sembrò affatto scioccata da ciò ma annuì, dandomi dei colpetti sulla spalla nello sforzo di rassicurarmi.

«Vi terrò al sicuro, doamna, con la croce e l’aglio. Non permetteremo che vi accada qualcosa di male».

«Sto impazzendo? L’ho visto che si mutava in lupo, davanti ai miei occhi…».

«Non siete pazza», disse, con una tale autorità che sentii un po’ di conforto… un ben infelice conforto, sapere che un tale male esisteva veramente. «È vero, lui può diventare un lupo. E, se uccide qualcun altro quando è in questa forma, quell’anima diventerà strigoi, a meno che non gli venga impedito. Ma lui comanda anche i lupi. Noi che viviamo vicino alla foresta sappiamo che quelle creature sono, per natura, timide; esse non minacciano gli abitanti del villaggio: soltanto il bestiame, e solo in inverno, se stanno morendo di fame e, anche allora, soltanto in branco. Un unico lupo non è una minaccia, e noi non lo temiamo… a meno che lui non lo comandi. Poiché lui sa come spingerli ad uccidere chiunque lui desideri, sebbene questa morte sia naturale e l’anima della vittima ritorni a Dio».

Lì fuori, nel corridoio, le feci giurare che avrebbe organizzato in segreto il modo in cui Zsuzsanna sarebbe stata liberata dalla maledizione dello strigoi e non avrebbe detto nulla di queste cose a Arkady, né a nessun altro. Promise, ma avvertì che i servi si stavano insospettendo per il pallore di Zsuzsanna e che delle chiacchiere già stavano circolando nel villaggio riguardo alla sua causa.

Per quanto riguarda Arkady, sembra che abbia preso il calesse in gran fretta questa mattina e, apparentemente, si è diretto al castello. Uno dei domestici è andato a prenderlo, ma non capisco che cos’è che causa un tale ritardo nel ritorno. Temo che Zsuzsanna muoia prima che lui arrivi.

Sono stata seduta accanto a lei in queste ultime ore e, di tanto in tanto, si sveglia per chiedere debolmente di Vlad.

Non so cosa dirle. Non ho alcun desiderio di invitare il ritorno di un tale male nella mia casa. Eppure, lei chiede tanto penosamente che non so quanto a lungo potrò rifiutare.

Dunya è rimasta con me ed è stata un grande conforto. Le ho chiesto di spiegarmi più esaurientemente, in un momento in cui Zsuzsanna era addormentata, il Patto tra Vlad e la Famiglia.

«È come vi ho detto, doamna», disse. «Un accordo simile a quello con gli abitanti del villaggio. Lui non farà del male a nessuno dei suoi».

«Sì, lo ricordo, ma in cambio di…?».

Abbassò gli occhi ed emise un piccolo sospiro di riluttanza prima di ritornare allo stesso tono alto di memoria meccanica che aveva usato in precedenza quando aveva raccontato la storia del patto di Vlad con la cittadina.

«Lui non farà del male a nessuno dei suoi e il resto della Famiglia potrà vivere nella beata ignoranza della verità ed essere libera di lasciare il castello per sempre… in cambio dell’assistenza del primo figlio maschio, vivente, di ogni generazione».

La fissai con orrore, sapendo nel mio cuore che cosa avrebbe risposto persino quando posi la domanda:

«Che cosa vuoi dire, assistenza del figlio maggiore?».

Distolse il viso, incapace di incontrare il mio sguardo spaventato.