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«Il Patto…», dissi.

«Sì. Fu allora che appresi tutto, ma lui ancora mi controllava e mi forzò a dimenticare ciò che non voleva che ricordassi. Pensava — la sua arroganza non conosce limiti! — pensava che io gli sarei stata così grata per la mia immortalità che avrei continuato ad essere la sua piccola Zsuzsa che lo adorava come una schiava, e che una volta che mi fossi rialzata come strigoi e avessi ricordato ogni cosa, lo avrei ancora amato. Forse pensava che sarei diventata senza cuore come lui! Ma tu sei ancora mio fratello, ed io sono ancora Zsuzsa, anche se sono cambiata. Io ti voglio ancora bene, Kasha, e non posso tollerare che lui ti usi in questo modo.

Mi ha reso strigoi perché la mia venerazione verso di lui faceva piacere al suo ego e così, nella sua arroganza, decise che avrebbe calmato la sua fame, fatto cessare la mia opposizione al suo desiderio di andare in Inghilterra, e avuto una compagna immortale che lo avrebbe riverito per sempre come voievod.

Vedi? Lui ha rinunciato a controllarmi: non conosce i miei pensieri, non sa dove sono andata. Fa parte dell’affare che ha fatto, al fine di rompere il Patto e rendere strigoi qualcuno della sua stessa famiglia. Non poteva farlo senza pagare un alto prezzo, poiché rendere Vampiro uno dei suoi significava che l’anima sarebbe stata eternamente intrappolata tra Cielo e Inferno, in modo che il Demonio non potesse averla; così scelse che, una volta che mi fossi rialzata come morta vivente, avrebbe rinunciato alla sua abilità di entrare e controllare la mia mente. Era sicuro a tal punto della mia lealtà».

«Un affare con chi?», la interruppi, ma a ciò i suoi occhi si socchiusero e lei non sembrò propensa a rispondere, quindi continuò rapidamente.

«Fu così che non ricordai niente della verità del suo Patto quando stavo cambiando, prima che morissi, perché allora ancora comandava i miei pensieri e, quando mi alzai dalla bara, non riuscivo a pensare a nulla tranne al fatto che avevo una fame orribile. Solo dopo aver bevuto il sangue della donna ed essermi riposata, la mia mente fu abbastanza chiara da pensare, e poi fui presa dall’orrore per te.

Adesso il nostro povero padre soffre all’Inferno, al posto suo! Vlad avrebbe potuto salvarlo, avrebbe potuto fare per lui ciò che ha fatto per me — intrappolare la mia anima sulla terra — invece si è assicurato che soffrisse il tormento eterno! Non credere che abbia tenuto lontani i suoi denti dal collo di papà per gentilezza! E farà lo stesso con te: ti intrappolerà, ti costringerà a commettere dei crimini al di fuori della tua libera volontà.

Dovresti udire come ride crudelmente quando parla del giorno in cui ti ha mandato a Bistritz a vedere il jandarm. Si bea del tuo tormento; non è che un gioco per lui, guardare il tuo crescente terrore mentre comprendi la verità, portarti sull’orlo della follia sperando di corrompere il tuo spirito…».

Chiusi gli occhi, pensando alla lettera di Radu:

È come un vecchio lupo che ha ucciso così tante volte che si è annoiato, e deve trovare nuovi piaceri; distruggere l’innocenza è uno di essi… Questo divertimento è nuovo per lui, poiché ne può godere soltanto una volta in ogni generazione.

«I Mueller», dissi bruscamente aprendo gli occhi, comprendendo che V. aveva ucciso Laszlo al fine di rendermi complice. Allo sguardo interrogativo di Zsuzsanna, aggiunsi: «I visitatori. Mi ha giocato inducendomi a piantare nei loro cuori dei pali prima che fossero morti; mi ha ingannato per farmi uccidere, quando io pensavo solamente di impedire che si rialzassero come morti viventi».

«Non li hai uccisi», disse, con tale certezza che le credetti. «Ho sentito morire la ragazza».

«Ma ha gridato…».

«Come fanno i morti viventi, quando vengono distrutti». Provai un sollievo così profondo che gli occhi mi si riempirono di lacrime, ma mia sorella rabbrividì al pensiero mentre aggiungeva: «Hai fatto del male a qualcun altro? Hai portato qualcuno al castello, sapendo chi era Vlad e che cosa avrebbe fatto?»

«No».

Mia sorella batté le mani in un gesto infantile di contentezza.

«Allora forse non è troppo tardi! Forse non c’è ancora la necessità di renderti uno di noi! Ancora non hai commesso un peccato mortale. Ha cercato di ingannarti facendoti pensare che lo avessi già fatto, e che perciò i crimini futuri non avrebbero fatto alcuna differenza».

Scossi la testa e dissi, con un tono pieno di ironia:

«Se sia peccato o meno non farà differenza per le autorità di Vienna. Sapranno solo che ho maneggiato il palo e il coltello…».

«Kasha, io non parlo di qualcosa di così irrilevante come il jandarm a Vienna! Io parlo del Patto, del Contratto! Del tuo destino eterno!».

Per un istante, ci fissammo, ognuno rendendosi conto che l’altro non capiva.

Io parlai per primo, a voce bassa.

«So del Patto. Dunya mi parlò di quello che ha con gli abitanti del villaggio, per la loro protezione, e V. stesso mi ha spiegato l’accordo che ha con la nostra famiglia: il servizio del figlio maggiore in cambio della protezione e della ricchezza della famiglia».

«Oh, no», disse mia sorella, con un bisbiglio così stridulo che tagliò l’aria tra di noi, e penetrò nel mio cuore tanto facilmente come il pugnale di V. nella tenera pelle di un bambino. «Allora non sai niente del vero Patto… quello con il Demonio».

«La tua anima, Kasha. La tua e quella di tuo padre e di suo padre prima di lui. L’anima di ogni figlio maggiore vivente di ogni generazione di Tsepesh: quello è l’oro con cui lui compra la sua immortalità».

Zsuzsa mi parlò ancora, con una voce bassa che tremava per l’orrore mentre eravamo all’ombra del castello. Dopo che V. mi aveva scortato fino al fianco di mia moglie, era ritornato nella camera interna e si era rivolto a Zsuzsa con una furia terribile, urlando che lei lo aveva tradito.

«Mi accusò di averti stregato», disse piangendo, «di averti reso partecipe del mio patto per liberarti dal suo controllo».

«È vero», dissi. «Egli non controlla più la mia mente, dal momento che ti sei rialzata dalla tomba…».

Annuì con tristezza.

«Vlad voleva tenerti ancora prigioniero per legare a sé tuo figlio con il rito del sangue prima di restituirti la volontà. Ecco perché è stato costretto, all’ultimo momento, a sequestrare Mary: per portare te e il bambino al castello, poiché non poteva più richiamarti qui con la mente, ma io sospetto che sia stato giocato da Qualcuno più cattivo e astuto di lui.

Forse il prezzo della mia volontà non era un pagamento sufficiente per rompere il Patto e rendermi strigoi; forse occorreva anche la tua… poiché mi ha fatto uscire dalla camera interna e la sua ira era così spaventosa che non vi sono ancora ritornata, ma sono rimasta nei pressi della porta esterna e l’ho sentito gridare a qualcuno — o a qualcosa — all’interno».

Pensai al nero altare a capo della bara di V. e rabbrividii. La mia mente ancora non ci credeva, non capiva, ma il mio cuore accettò le parole di Zsuzsa, poiché, se esiste qualcosa di tanto nefandamente malvagio come V., ci dev’essere sicuramente il Demonio.

«Zsuzsa», mormorai, mentre la mente mi si schiariva. «Mi ha chiesto di andare a Bistritz a prendere un altro visitatore…».

«Kasha, non devi andarci! Se tu consegni una vittima nelle sue mani, allora ha vinto… e la tua anima è perduta».

«Allora aiutami a ucciderlo! Ora è addormentato ed è vulnerabile».

Di colpo volse la testa verso di me e i suoi occhi lampeggiarono non d’oro ma con il rosso opaco e irato della cenere ardente.

«Non dire mai più una cosa simile! Come puoi chiedermi…».